Il fondo per i martiri palestinesi fomenta l’odio e fa crescere gli attentati

Israele

di Davide Foa

bambini-palestinesi-terrorismo-focus-on-israel
Bambini palestinesi inneggiano alla lotta armata contro Israele

Mio figlio è morto come un martire difendendo Gerusalemme e la moschea di Al-aqsa”, ha dichiarato la madre di Muhammad Tarayrah, giovane palestinese artefice dell’attentato che è costata la vita ad Hallel Ariel, tredicenne israeliana.

Muhammad l’ha sorpresa in camera sua, ad Hebron, entrando dalla finestra per poi ucciderla a coltellate. Le forze di difesa israeliane hanno poi bloccato e ucciso il giovane palestinese.

Con la sua morte, Muhammad ha assicurato alla sua famiglia un sussidio fisso di 350 dollari al mese, come si legge sul Times of Israel. Questo grazie all’esistenza di un fondo palestinese destinato proprio alle famiglie di coloro che, purtroppo, vengono definiti “martiri”.

Una categoria che include tutti coloro siano rimasti uccisi o feriti nel conflitto con Israele, includendo anche terroristi e assassini come Muhammad.

Ma non basta.  Se la persona rimasta uccisa era sposata il sussidio aumenta di 100 dollari e 50 per ogni figlio.

Si calcola che 35.000 famiglie palestinesi ricevano dei compensi da questo fondo che può contare su un budget di 170 milioni di dollari l’anno.

Negli ultimi giorni, il governo israeliano si è espresso duramente contro l’esistenza di tale fondo e lo stesso Netanyahu ha assicurato che diminuiranno di conseguenza i capitali che Israele, tramite le tasse sull’importazione, fa arrivare ogni anno all’ Autorità Palestinese.

In sostanza, tutti i soldi che le famiglie palestinesi ricevono e riceveranno da questo fondo verranno dedotti dalla somma totale che Israele destina ai palestinesi.

Il premier israeliano vede infatti nel fondo uno strumento capace di spingere i palestinesi ad attaccare gli israeliani.

Usando le parole del portavoce del ministro degli esteri israeliano, “il terrore è diventato un comodo business per le famiglie”.

Anche USA e Norvegia hanno recentemente espresso preoccupazione per l’esistenza di questo “fondo per i martiri”.

Nei primi giorni di maggio, Borge Brende, ministro degli esteri norvegesi, incontrò Abbas a Ramallah chiedendogli esplicitamente di non usare i fondi provenienti dagli altri paesi, come appunto la Norvegia, per finanziare le famiglie dei terroristi.

E pensare che nel 2014 l’Autorità Palestinese, pressata dalla comunità internazionale, assicurò che non avrebbe fatto più arrivare un soldo alle famiglie dei terroristi ; solo l’OLP, senza ricevere fondi internazionali, si sarebbe occupata di tali sussidi. Guarda caso, nel 2015 l’Autorità Palestinese decise di girare all’OLP una cifra molto simile a quella che l’anno prima destinava alla famiglie dei terroristi palestinesi.

D’altra parte, le famiglie palestinesi rifiutano la prospettiva israeliana secondo cui il fondo per i martiri incentiverebbe gli attacchi terroristici. “Non credo che qualcuno sarebbe disposto a sacrificare la propria vita per dei soldi”, afferma Nasser Tarayrah, madre di Muhammad.

Il fondo per i martiri, nato nel 1967 per mano dell’ OLP, viene definito da Qadura Fares, presidente dell’associazione per i prigionieri palestinesi, “una sorta di protezione sociale per la famiglia”, aggiungendo che “ i figli di prigionieri, feriti e martiri hanno il diritto di andare a scuola, di essere curati e di avere da mangiare”.

terroristi-palestinesi-martiriMartire, dietro questa parola si nasconde un’ideologia che è stata capace di coinvolgere un gran numero di giovani palestinesi. Lo stesso Muhammad aveva confidato a Facebook il proprio desiderio di “diventare un martire”, di fatto anticipando l’omicidio che avrebbe
poi compiuto.

E Muhammad non si sbagliava. Nei giorni seguenti l’attentato, sono comparsi per Beni Naim, città della famiglia Tarayrah, diversi manifesti inneggianti la figura del giovane, definito “eroico martire”.

Una tale glorificazione del martirio, unita a sussidi economici per le famiglie, non può che fomentare e favorire lo sviluppo di sentimenti violenti nell’animo di giovani pronti a colpire Israele, individuato come nemico, ovunque e comunque. Basti pensare a tutte quelle vie e piazze che, nei villaggi arabi della West Bank, portano i nomi di assassini e terroristi.