Il coraggio dei kurdi contro l’Isis: perché lo dimentichiamo?

Mondo

di Angelo Pezzana

La tragedia vissuta dal popolo kurdo è un segnale da non sottovalutare, se si ha a cuore il futuro di Israele. Per certi versi ha qualche similitudine con la storia degli ebrei in Palestina prima della dichiarazione di Indipendenza del 14 maggio 1948. Anche allora gli Stati Uniti avevano consigliato Ben Gurion di aspettare, essere cauti per non prestarsi a provocazioni nei confronti del mondo arabo. Soltanto la lungimiranza del leader sionista evitò di commettere quell’errore, perché una occasione simile non si sarebbe ripetuta facilmente.

Ma Israele aveva alle spalle la realizzazione di tutte quelle istituzioni che qualificano come Stato una società, mentre il Kurdistan non può purtroppo dire altrettanto, trovandosi circondato da nemici che hanno trovato nell’Iran un potente alleato il cui progetto politico è l’asservimento degli stati arabo-islamici della regione. Un Kurdistan democratico, indipendente e filo occidentale era un ostacolo da eliminare. A ciò si deve aggiungere – oltre al tradimento interno – quello esterno rappresentato dagli Usa, che hanno approfittato del coraggio dei guerrieri kurdi peshmerga per sconfiggere il Califfato, abbandonandoli subito dopo, tradendo l’amicizia dell’unico popolo della regione che si era dimostrato,nei fatti e nelle azioni, amico dell’Occidente.

Anche in questo caso nulla di nuovo per quanto riguarda la politica estera americana. Durante la Guerra del Kippur (1973) Israele affrontò un nemico trovandosi con una capacità militare ridotta. Gli aerei non erano sufficienti, Israele, per non essere cancellata dalle carte geografiche, aveva una sola possibilità: ricorrere all’arma nucleare. È storica la telefonata di Golda Meir a Henry Kissinger, che non si dimostrava disponibile ad accogliere la richiesta di aerei, indispensabili per capovolgere il corso della guerra. Kissinger, svegliato in piena notte, di fronte a Golda che gli ricordava di essere ebreo, disse che lui prima di tutto era americano, poi ebreo. La risposta di Golda fu: bene, noi leggiamo da destra a sinistra, quindi sei prima un ebreo, fai partire gli aerei che ti ho chiesto, altrimenti sarà tua la responsabilità della decisione che sarò costretta a prendere per salvare il mio paese. Kissinger mandò gli aerei.

Ai kurdi è mancata una Golda Meir e nell’Amministrazione americana un Kissinger. Eppure, prima o poi, lo Stato del Kurdistan nascerà, se solo le democrazie si renderanno conto di quanto importante sia per la stessa sopravvivenza dell’Occidente. Il pericolo rappresentato dall’Iran è largamente sottovalutato, i paesi democratici finora hanno scelto di non prendere posizione, abbandonando al loro destino i kurdi. È possibile che in Italia nessuno alzi la voce in loro difesa?