Festival / Il riposo dello Shabbat? Una scheggia di eternità

di Fiona Diwan

«Perché un elogio del riposo? Perché il nostro tempo sembra averne perduto il senso profondo e originario». Con queste parole il giornalista Stefano Jesurum ha dato il via al dibattito avvenuto alla Fondazione Corriere della Sera nell’ambito del Festival Jewish and the City, il 30 settembre scorso. In sala il tutto esaurito e sul palco Susanna Camusso, Segretario della CGL; David Meghnagi, professore di Psicologia Clinica all’Università La Sapienza di Roma e direttore del master in Didattica della Shoah; Andrea Guerra, AD di Luxottica; Donatella di Cesare, docente di Filosofia Teoretica all’Università di Roma.

«Non si può parlare di riposo senza parlare di lavoro. Il problema oggi è che ci si concentra troppo sul risultato finale del lavoro, sul prodotto e sulla vendita, senza considerare il processo che c’è prima», spiega Susanna Camusso, segretario della CGL. «L’essere perennemente connessi al lavoro è davvero un elemento qualificante, come accade ad esempio con i manager iperconnessi, stressati, schiavi del lavoro non-stop? Nelle condizioni in cui oggi si è ridotto il valore del lavoro è difficile individuare quello, speculare, del riposo. Come ricostruirne il rispetto? Come rispettare noi stessi e la nostra domenica, e di conseguenza tutti coloro che osservano il valore sacro del venerdì o del sabato? , come procedere se viviamo in un mondo che non si ferma mai, in moto produttivo perpetuo? Dobbiamo fare tutto il possibile per non cancellare la dimensione collettiva del tempo del riposo, la sua valenza conviviale e sociale, per non annullare la condivisione di questo tempo con la famiglia o con gli amici».

«Il riposo dello Shabbat è concepito come interruzione della monotonia e della ripetitività, e per noi ebrei è un frammento di tempo messianico. Pensate che nei ghetti, nei lager nazisti, per un giorno, il sabato, gli ebrei potevano illudersi di essere dei principi anche nella miseria fisica e morale più nera. Per l’ebraismo non è l’Altissimo a salvare il mondo, è piuttosto l’uomo che salva il mondo. “Io esisto se VOI mi fate esistere”, direbbe il Creatore. Lo Shabbat è un momento messianico anticipato, può regalare una libertà interiore unica, in una dimensione che va ben al di là del riposo e della preghiera. E’ il giorno dell’elevazione spirituale, intellettuale, è il tempo del pensiero e della pienezza. Dobbiamo recuperare l’elemento universale del riposo, riposo come diritto a rendere più gioiosa l’esistenza e a elevare il proprio spirito», spiega David Meghnagi.

Lo incalza l’amministratore delegato di Luxottica, Andrea Guerra, che pone l’accento sulle conquiste aziendali: flessibilità del lavoro, qualità e nuovi scenari del tempo del lavoro e del tempo del riposo. «La maggioranza di persone che lavora da noi sono donne. Il loro benessere ci sta a cuore, dalla loro serenità dipende il prestigio di Luxottica e anche la qualità di ciò che facciamo», spiega Guerra.

«Oggi il riposo è diventato un tempo vuoto, un horror vacui che procura angoscia, non riusciamo più a festeggiare, a staccare davvero. Che cosa diventa lo Shabbat ai tempi di Internet, tutti sempre connessi e disponibili per la Rete? La tecnologia ha stravolto il nostro concetto di riposo, spingendo la gente nei centri commerciali che sono l’antitesi del riposo, luoghi dove il tempo subisce un’accelerazione continua», afferma Donatella di Cesare, scrittrice e professore ordinario di Filosofia teoretica, all’Università la Sapienza di Roma. E conclude: «Il valore del lavoro e del riposo sono stati letteralmente deturpati dal capitalismo globale e flessibile. Dovremmo tutti sforzarci per recuperare il fare morbido e inoperoso del tempo liberato».