Violenze e proteste: la Vuelta rivela la Spagna divisa anche su Israele

Mondo

di Davide Cucciati

La Vuelta a Espana è la terza gara ciclistica più importante al mondo dopo il Tour de France e il Giro d’Italia. Se nel 2018, il ciclismo si era rivelato essere un ponte tra i popoli, con la celeberrima partenza del Giro d’Italia a Gerusalemme e l’omaggio a Gino Bartali, leggenda ciclistica italiana nonché “Giusto tra le Nazioni”, nel 2025 questo sport è stato teatro di una profonda frattura su impulso politico del governo spagnolo presieduto da Pedro Sanchez.

Infatti, il 14 settembre 2025, la Vuelta a Espana si è chiusa tra fumo colorato, barricate abbattute e decine di migliaia di manifestanti pro-Palestina che hanno invaso il percorso a Madrid, costringendo gli organizzatori a interrompere anticipatamente la tappa finale, privando così la capitale della consueta passerella gioiosa rappresentata dagli ultimi chilometri di ogni competizione ciclistica. La polizia ha dovuto caricare i manifestanti. Questi ultimi, infatti, avevano abbattuto le transenne sulla Gran Via, riversandosi sul percorso e gridando “genocidio”. Pertanto, il podio conclusivo è stato cancellato. “Palestina ha vinto la Vuelta”, hanno esultato alcuni attivisti. Secondo quanto riportato dal Times of Israel, e come confermano fonti spagnole, almeno sei delle ultime dieci tappe sono state interrotte o accorciate da proteste, con oltre venti fermi complessivi lungo la Vuelta; nella sola giornata del 14 settembre la prefettura di Madrid ha comunicato due arresti e ventidue agenti feriti.

La squadra Israel – Premier Tech, regolarmente iscritta alla corsa e presente fino all’ultimo giorno, non si è ritirata, nonostante le forti pressioni. Per motivi di sicurezza, il team ha scelto di modificare la propria divisa, sostituendola con una maglietta priva del nome “Israel”, dopo che un manifestante era saltato in mezzo alla strada causando una caduta tra i corridori. L’unico momento di sollievo è arrivato nel weekend: Matthew Riccitello, ciclista statunitense della squadra israeliana, ha messo al sicuro sabato la maglia bianca di miglior giovane e l’ha conquistata ufficialmente domenica, chiudendo quinto nella classifica generale.

Nei giorni precedenti, Sanchez aveva parlato di un “orgoglio” per il popolo spagnolo che si mobilita “per cause giuste come quella della Palestina”, sottolineando che “la Spagna oggi è un esempio per il mondo nella difesa dei diritti umani”. Il presidente del governo spagnolo ha dichiarato: “Non abbiamo bombe nucleari né portaerei. Non possiamo fermare da soli l’offensiva israeliana, ma continueremo a provarci”.

Conseguentemente, il ministro degli esteri israeliano Gideon Sa’ar ha pubblicamente accusato il premier spagnolo di aver incitato le proteste: “Sanchez e il suo governo: vergogna per la Spagna!”. Come riporta El Mundo, Sa’ar ha collegato direttamente le dichiarazioni del leader socialista alle violenze in strada: “La turba propalestinese ha ascoltato i messaggi incitatori e ha attaccato la Vuelta ciclistica”. Il primo ministro israeliano Netanyahu ha risposto definendo le parole del presidente spagnolo “una minaccia genocida esplicita”.

Le manifestazioni hanno visto il plauso di numerosi esponenti del governo spagnolo. La vicepresidente Yolanda Diaz, già sanzionata da Israele, ha dichiarato che “la nostra cittadinanza è un esempio di dignità”, sostenendo che “Israele non può partecipare a eventi sportivi e culturali”. Il ministro della Sanità, Monica Garcia, ha parlato di “Spagna faro dei diritti umani”, aggiungendo: “Questa corsa non doveva servire a sbiancare un genocidio. Viva la Palestina libera”. Il ministro della Trasformazione Digitale, Oscar Lopez, ha affermato che la cancellazione della Vuelta è un dispiacere, ma “è ben poca cosa rispetto al massacro in corso a Gaza”. Ha aggiunto che le proteste non danneggiano l’immagine della Spagna ma “parlano bene del popolo spagnolo”. La portavoce del governo, Pilar Alegria, ministro dello Sport e dell’Istruzione, ha chiesto apertamente che Israele venga escluso dalle competizioni internazionali.

A destra, le reazioni sono state diametralmente opposte. Il leader del Partito Popolare, Alberto Nunez Feijoo, ha definito l’accaduto una figuraccia internazionale trasmessa in tutto il mondo, accusando Sanchez di aver “permesso e indotto” il caos. In un post su X, rilanciato anche da media internazionali, ha scritto: “Invece di incoraggiarle, il governo avrebbe dovuto condannare, denunciare e prevenire” le proteste. La presidente della Comunità di Madrid, Isabel Diaz Ayuso, si è spinta oltre, incontrando direttamente la squadra israeliana per esprimere solidarietà: “Quello che avete vissuto non rappresenta la Spagna. È il comportamento di una minoranza. Non siete soli”, ha dichiarato, secondo quanto riporta Times of Israel. Il sindaco di Madrid, José Luis Martinez-Almeida, ha accusato Sanchez e la sinistra di aver alimentato “odio e violenza”.

L’edizione 2025 della Vuelta sarà ricordata meno per i traguardi sportivi e più per la frattura politica provocata dal governo Sanchez che si sta sempre più rivelando il laboratorio politico delle sinistre europee e, probabilmente, uno dei fattori che potrebbero contribuire ad allontanare molte comunità ebraiche nel mondo dai partiti progressisti.