«Da laico e da non-ebreo, combatterò per difendere Israele, e la sua legittimità a esistere»

di Fiona Diwan

Intervista al nuovo presidente UDAI. È Alessandro Litta Modignani, 63 anni, un lungo passato politico nel Partito Radicale, in prima linea quando si tratta di difendere i diritti civili, oggi neo Presidente dell’Unione delle Associazioni pro Israele

«Io sono ateo, non ne ho mai fatto mistero. La mia passione per questa causa non nasce da un particolare interesse per l’ebraismo, bensì dall’esigenza tutta politica di difendere l’unica oasi di democrazia del Medioriente allargato, una regione in cui i diritti civili sono inesistenti. È un grande onore per me essere stato eletto Presidente dell’UDAI».

Polemista, giornalista, un’allure disinvolta e combattiva, così parla Alessandro Litta Modignani, 63 anni, un lungo passato politico nel Partito Radicale («Sono stato per 40 anni a fianco di Marco Pannella») da sempre in prima linea quando si tratta di difendere i diritti civili, oggi neo Presidente dell’Unione delle Associazioni pro Israele, eletto all’unanimità a Roma, il 16-17 settembre, durante il primo Congresso nazionale dell’UDAI, che riunisce 12 associazioni sparse sul territorio nazionale. Oltre a Litta – che rimane presidente anche dell’AMPI, Associazione Milanese Pro Israele -, sono stati designati, in questa occasione, anche il vice Presidente nazionale, Pier Luigi Signorini, e il tesoriere Astrit Sukni, di origine albanese.
«Questi primi nove mesi di lavoro a Milano sono stati intensi, anzi esaltanti: molti dibattiti, iniziative culturali e politiche. Abbiamo organizzato e promosso in breve tempo una moltitudine di eventi, in media un paio al mese. A novembre ad esempio, presentiamo il libro di Niram Ferretti, Il sabba intorno a Israele, con l’editore Lindau. Tuttavia, mi resta il cruccio di non essere stati finora abbastanza presenti sui media: la comunicazione sarà, nel prossimo futuro, la nostra priorità. Il primo lunedì di febbraio 2018 terremo, sempre a Milano, il nostro secondo congresso cittadino».

E a livello nazionale?
In ambito nazionale, il nostro obiettivo immediato è di far crescere le associazioni in giro per l’Italia. Ma una cosa vorrei sottolineare: il nostro problema non è quello di piantare bandierine sulla cartina dell’Italia, ma piuttosto quello di creare Associazioni veramente attive, che agiscano pubblicamente e concretamente per far conoscere la realtà israeliana. Una linea strategica che è insieme politica e organizzativa. Gli europei non conoscono né la storia di Israele né la geografia del Medioriente, per non parlare della complessa situazione politica dell’area, in continuo mutamento. Si tratta quindi per noi di far conoscere la realtà di Israele al di là di come viene vissuta nell’immaginario collettivo occidentale. Abbiamo il dovere di raccontare Israele non solo per le sue eccellenze, ma anche nella sua vita quotidiana, all’interno di una dimensione democratica. Insomma, si tratta di smontare pregiudizi e luoghi comuni, e di aprire gli occhi alla gente. Come abbiamo voluto fare, ad esempio, con il convegno al Teatro Franco Parenti sulla realtà LGBT in Israele, raccontando di come, per un gay libanese, palestinese o giordano, l’unica chance di vivere la propria omosessualità e di salvarsi la vita, sia quella di scappare in Israele. Poiché rischia, se scoperto nei suoi luoghi di origine, di venire ucciso dal clan o dalla sua stessa famiglia».

Quando si parla di Israele vige sempre un doppio standard. Come sconfiggerlo?
Inducendo gli italiani a informarsi e riflettere. Fornendo degli strumenti critici. C’è forse qualcuno che si sogna di chiedere la cancellazione dell’Italia dalla carta geografica d’Europa, perché ha dato origine alla Mafia? Qualcuno imputa forse congiure internazionali alla “razza italiana”? Eppure Mafia o Camorra per molto tempo hanno controllato il mercato della droga a livello internazionale. Tuttavia, mi preme che una cosa sia chiara: noi non siamo interessati a difendere questo o quel governo, difendiamo Israele e la sua legittimità a esistere e a respingere gli attacchi continui.

Ma l’opinione pubblica fa difficoltà a scindere i due aspetti, quello della realtà nazionale e quello della realtà politica, libera espressione di elezioni democratiche…
Gli israeliani sono liberi di scegliersi i leader che vogliono e non saremo certo noi italiani a dare lezioni in fatto di leader presentabili o meno. Certo, il problema degli insediamenti in Cisgiordania esiste. Personalmente non vedo nessuna prospettiva reale di pace. La teoria dei “due popoli-due Stati”, che tanto piace alle anime belle, non è realistica e ormai è da considerare sfumata. Devo dire, con rammarico, che oggi non vedo nessuna alternativa concreta allo status quo. La vera priorità, per Israele, è rappresentata dalla minaccia iraniana e dall’espansionismo sciita, la cui area di influenza arriva direttamente fino al Mediterraneo. Un potere immenso, mai avuto prima d’ora dagli sciiti.

Cosa rispondere a chi parla di Israele come di una teocrazia?
Che si tratta di un’accusa assolutamente falsa e infondata. Israele è lo Stato del popolo ebraico, non della religione ebraica. Non a caso vi convivono, oltre agli ebrei, quasi due milioni di persone di religioni diverse, per lo più musulmani. Non a caso si costeggiano le varie galassie dei religiosi – con tutte le loro differenze e sfumature -, e quelle dei secolarizzati o laici che siano. Personalmente resto fedele all’idea fondatrice di Theodor Herzl, il quale si era ispirato al modello risorgimentale italiano e vedeva Israele come uno stato laico, un mosaico di genti riunite in un’unica entità nazionale. Certo, in Israele vi sono oltranzisti religiosi; ma non ve ne sono forse in tutte le democrazie? Anche in Italia i clericali ogni tanto creano problemi, mi pare…

L’UDAI nasce dal distacco di un gruppo di associazioni dalla vecchia Federazione delle Associazioni di amicizia Italia-Israele. Perché questa scelta di separarsi?
Nella Federazione originaria oggi rimangono solo delle pseudo-associazioni che esistono solo sulla carta, salvo poche eccezioni. Per questo abbiamo deciso di dare vita a una realtà nuova, più militante. Le associazioni più attive sono passate con noi. Voglio riconoscere però che a Milano la vecchia Associazione si è recentemente riattivata e ha tenuto, dopo non so quanti anni, un congresso. Questo ci fa piacere, vuol dire che siamo stati di stimolo. Noi manteniamo con tutti buoni rapporti di amicizia e stima. Tuttavia, penso che fosse giunto il momento di rilanciare la vita associativa: infatti in poco tempo noi dell’AMPI abbiamo raccolto oltre 130 iscritti paganti a Milano, ciò che fa di noi – con Torino – la realtà più importante in Italia. Sono 12 le città le cui Associazioni aderiscono all’UDAI: oltre a Milano, Torino e Roma, ci sono Biella, Cuneo, Alba, Brescia, Lodi, Bolzano, Trieste, Livorno e Lecce. Entro la fine dell’anno nasceranno le Associazioni di Parma, Massa Carrara, Bergamo e Marche. Da 12 passeremo a 16 associazioni: penso di essere un uomo d’azione, non solo di pensiero; e i risultati si vedranno presto.