“Un minuto di silenzio per gli 11 atleti israeliani che come me e tanti altri inseguivano un sogno”

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Anche Pietro Mennea indimenticabile medaglia d’oro nei 200 metri ai Giochi olimpici di Mosca del 1980, ha scritto una lettera al Comitato Olimpico Internazionale a proposito della commemorazione delle vittime della strage di Monaco 72.

“Quest’anno ricorrono i 40 anni dalla strage di Monaco (5 Settembre 1972) avvenuta durante i Giochi Olimpici e che ha comportato l’uccisione di 11 atleti israeliani, che come me e tanti altri, inseguivano un sogno e mai avrebbero pensato di poter rimanere coinvolti in un atto politico – terroristico a loro del tutto estraneo», scrive Mennea.

«Bisogna riconoscere e ammettere che allora il Cio e tutti noi atleti siamo stati colti impreparati da questo tragico evento con il suo tristissimo epilogo, e forse non fu fatto abbastanza per onorare le giovani vite spezzate di quegli atleti israeliani», prosegue l’ex campione azzurro. «Ho sempre creduto e ancora oggi credo fermamente nell’importanza dei veri valori olimpici e in cui tutti e soprattutto i giovani dovrebbero credere e riconoscersi. Ritengo pertanto -si legge ancora nella lettera di Mennea- che sarebbe importante che tutta la famiglia olimpica gli riconoscesse il giusto tributo anche solo con un minuto di silenzio, magari ricordando i loro nomi, nel corso dei prossimi Giochi Olimpici di Londra». «Questo -precisa- non sarebbe un atto politico, ma anzi, un’iniziativa di grande civiltà umana e giuridica, e la dimostrazione di come lo sport deve e può superare ogni ostilità e contrapposizione».

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Il Comitato Olimpico Internazionale martedì 15 maggio ha deciso che in occasione dei prossimi Giochi Olimpici di Londra, non ci sarà il minuto di silenzio in onore delle vittime della strage di Monaco 1972. Un “no” che il presidente del CIO Jacques Rogge ha motivato scrivendo che “Il Comitato Olimpico Internazionale ha commemorato ufficialmente gli atleti numerose volte. La memoria delle vittime della orribile strage di Monaco di Baviera nel 1972, non tramonterà mai all’interno della famiglia olimpica”.

Una spiegazione piuttosto debole, a dir la verità che, come scrive Pierluigi Battista sul Corriere di giovedì 17 maggio, lascia trasparire una paura di fondo: “la paura di urtare la suscettibilità di chi non vuole riconoscere lo Stato di Israele”.

“Non un argomento sostenibile. Soltanto la paura. Ma la paura, il cedimento preventivo ai diktat dei prepotenti  è la negazione stessa dello spirito olimpico, fondato sulla lealtà e sul riconoscimento del valore di tutti gli atleti, di tutte le Nazioni” scrive Battista che subito dopo aggiunge che in questo modo “si sancisce il principio che alcuni morti non possono nemmeno essere nominati, che il CIO è ostaggio di chi addirittura sente il massacro di Monaco come una bandiera da sventolare”.

Condividiamo l’analisi di Battista, anche quando scrive che con questo rifiuto quelli del CIO “non hanno perso l’occasione per un altro gesto di viltà”.
Le famiglie delle vittime chiedevano un minuto di silenzio in ricordo di chi è stato barbaramente ucciso; pensare che anche quel minuto di silenzio possa essere considerato una forma di schieramento politico, è davvero quanto di più antisportivo ci possa essere.

Il vice ministro degli esteri israeliano, Danny Ayalon, ha commentato così la risposta del CIO: “I terroristi che hanno ucciso gli atleti israeliani non hanno colpito soltanto delle persone a causa della loro nazionalità e religione, ma hanno colpito i Giochi olimpici e la comunità internazionale. Questo rifiuto è un modo per dire che quella tragedia è stata solo israeliana e non della famiglia di tutte le nazioni. Questo ci delude molto e ci auguriamo che questa decisione venga annullata, in modo che la comunità internazionale possa ricordare, riflettere e imparare la giusta lezione da questa macchia nera che grava sulla storia delle Olimpiadi”