Un raduno di “portata storica” e la messa al bando di Internet

Mondo

“Talmud 2.0: l’ebraismo al tempo di internet” era il titolo dell’ultima edizione della giornata europea della cultura ebraica. Un anno fa le Comunità ebraiche di tutta Europa si sono mosse per discutere e capire se e in che modo l’ebraismo sta cambiando grazie ad internet e agli strumenti che la rete ci mette a disposizione – dai social network all’informazione tempestiva, ai documenti storici in formato digitale.  In quell’occasione si partiva dal presupposto che internet fosse uno strumento “positivo”, utile all’ebraismo per il rafforzamento dei legami, della comunicazione, della diffusione della storia e della cultura ebraica. Nessuno – a quanto se ne sa, almeno –  ha pensato di mettere in discussione l’utilità di internet.

Quel che invece è emerso lo scorso 20 maggio dal raduno degli ebrei ultra-ortodossi al Citifield Stadium di New York,  è una conclusione decisamente opposta. Su internet il mondo dei religiosi ultra-ortodossi ha emesso una sentenza senza possibilità di appello: al bando internet, dalle case e possibilmente anche dai luoghi di lavoro

“Internet a che fare con il momento presente, con la fugace precarietà” ha detto il rabbino  Wachsmann. “E la gratificazione immediata che deriva dall’utilizzo di internet è il contrario della santità necessaria per essere un vero studioso della Torah. Il popolo della Torah, la nazione che ha dato al mondo tanta saggezza, si sta trasformando in un popolo di yentayachne.com”, ovvero in yiddish “di pessimo gossip”. Al centro dell’attenzione Dunque al centro dell’attenzione ci sono anche i social network che danneggiano, ha detto ancora Wachsamann, “la statura di rabbini e studiosi ebrei”, riferendosi in questo ai numerosi posts di blog in cui i leader ebrei sono stati aspramente criticati per il loro silenzio di fronte ad un tema come la pedofilia nella comunità ortodossa.

Rabbi Don Segal, che è stato consigliere spirituale di numerose yeshiva, ha detto che anche coloro che ritengono di aver bisogno di Internet sul posto di lavoro dovrebbero cercare il modo di evitare di utilizzarlo, pensando ad esso come ad una “inclinazione al male”, e cercando di capire se ne hanno veramente bisogno.

Come sarà il giudaismo del futuro dipenderà anche da quanti seguiranno la regola di tenersi lontani da internet, è stato detto.
Molti dei rabbini presenti hanno consigliato di rifiutare l’ingresso nelle yeshiva a chi possiede un collegamento internet in casa, tanto che il rabbino Wosner ha incluso questo principio fra le sue decisioni halachiche.

In una lettera inviata agli organizzatori dell’ evento, il rabbino di Bnei Brak, Chaim Kanievsky, forse l’autorità maggiore del mondo ultra-ortodosso odierno, ha scritto che Internet rappresenta “una grande sciagura per il popolo ebraico ” e a causa di esso molti cadono a livelli molto bassi. “Non c’è casa in cui presenti questi dispositivi, qualcuno non sia caduto preda di terribili peccati …. È un obbligo per ciascuno di noi stare uniti e distruggere questa inclinazione al male.”
“E chi avrà bisogno di utilizzare internet senza filtri, dovrà chiedere il permesso del rabbino”, ha scritto ancora Kanyevsky.

Il rabbino Salomon Mattiyahu della Yeshiva Lakewood, forza trainante della manifestazione, nel corso del suo intervento ha sottolineato l’importanza di proteggere i bambini ebrei dalle “devastazioni provocate da Internet, che distrugge la loro santità intrinseca”. Mattiyahu ha chiesto ai membri del pubblico di pregare anche per un altro grande pericolo che affligge la comunità ebraica ultra-ortodossa: la possibilità che in Israele passi una legge che costringa gli studenti delle yeshiva a prestare il servizio militare. “Noi sappiamo che la Torah è l’unica protezione del popolo ebraico,” ha detto. “Gli studenti della yeshiva sono il nostro esercito e sottrarli ai loro studi costituirebbe una tragedia per il popolo ebraico”.

Al raduno di New York hanno partecipato 60.000 persone (42.000 al Citi Field, e altre 20.000 nello stadio più piccolo adiacente; le donne hanno seguito l’evento attraverso la tv via cavo a circuito chiuso) e gli interventi dei rabbini sono stati quasi tutti interamente in lingua yiddish.
Il bello in tutto questo è che anche se ufficialmente non c’era alcuna copertura web dell’evento, moltissimi, grazie ai loro smartphone, hanno inviato sui social networks, notizie sull’andamento del raduno. Quel giorno i tweets inviati direttamente dal Citi Field Stadium  sono stati così tanti che l’ashtag “Asifa” (il termine usato per descrivere l’evento) era in cima alla lista degli argomenti di Twitter.