Pesach, il tempo liberato

di Rav Alfonso Arbib

La prima mitzvà comandata al popolo ebraico poco prima dell’uscita dall’Egitto è quella di stabilire il capo-mese. È una mitzvà importante perché ad essa è legato tutto il calendario ebraico. Quello che però non si capisce è quale rapporto abbia questa mitzvà con il passaggio dalla schiavitù alla libertà. Rav Avigdor Neventzhal sostiene che con questa mitzvà viene dato al popolo ebraico il dominio del tempo e che il dominio del tempo è la vera libertà.

In un passo del Talmùd si parla della possibilità per un lavoratore salariato di interrompere il proprio lavoro a metà. Il Talmùd dice che il lavoratore ha il diritto di farlo e che deve ricevere il salario maturato fino a quel momento, anche se questo dovesse causare un danno al datore di lavoro costretto ad assumere un altro operaio, presumibilmente a prezzo maggiorato. Il motivo adotto dal Talmud per giustificare questa regola è che gli ebrei non sono schiavi. Il Talmùd sostanzialmente sostiene che la differenza tra schiavitù e libertà è la disponibilità del proprio tempo. La schiavitù può essere più o meno dura e oppressiva e anche il lavoro di un uomo libero può essere molto duro ma ciò che differenzia un uomo libero dallo schiavo è che il tempo dello schiavo è scandito dalle necessità e a volte dai capricci del padrone. L’uomo libero, invece, decide come usare il proprio tempo e per questo motivo non può essere costretto a lavorare quando non lo desidera.

La libertà di disporre del proprio tempo, come tutte le libertà, comporta anche un’assunzione di responsabilità.

Nella Parashà di Beshallàch si parla della discesa della manna e la Torà dice che la manna è una prova a cui il popolo ebraico viene sottoposto. Una difficoltà da superare? Non si capisce come si possa parlare di prova. Questa presuppone una difficoltà. La “manna dal cielo” invece è l’emblema dell’assenza di difficoltà. Un grande Maestro dell’ebraismo italiano, R. Ovadia Sforno, sostiene che la manna è una prova perché gli ebrei che la ricevevano non avevano la necessità di impegnarsi per procurare il cibo per se stessi e per la propria famiglia e avevano quindi una grande disponibilità di tempo libero. Avere a disposizione tanto tempo è una grande occasione ma può trasformarsi in un’occasione persa. Dipende da come il tempo viene usato. Si può usare del tempo per crescere spiritualmente, per studiare Torà, per aiutare il prossimo ma lo si può anche sprecare o usare per fini meno nobili o addirittura ignobili. Avere a disposizione il proprio tempo è segno di libertà ma utilizzare bene questo tempo implica un forte impegno, una tensione morale e chiarezza di idee sulle scelte da fare.

Liberandoci dalla necessità di procacciare il cibo, la manna ci regala un tempo liberato, un tempo spirituale, creativo, morale, nel quale poter fare di noi stessi qualcosa di diverso e forse migliore.