Dipinto degli ebrei che attraversano il Mar Rosso

Parashat Beshallach. Gli insegnamenti dell’apertura del Mar Rosso

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
La spaccatura del mare dopo l’uscita dall’Egitto rappresenta un evento di assoluta importanza nel passato, poiché ha concluso il primo esodo della storia dell’umanità. Oltre a essere il primo evento nel suo genere, esso racchiude anche diversi insegnamenti di vita che sono come dei grandi tesori da portare con noi in ogni momento.

Finalmente dopo 210 anni di schiavitù pesantissima, dove il sangue degli ebrei scorreva come il fiume del Nilo in quantità mastodontiche, arriva il grande momento dell’uscita. Il 15 di Nissan, dell’anno 2448 dalla creazione del mondo, arriva il grande momento: la super potenza universale del momento non riesce più a soggiogare i suoi indispensabili schiavi per la realizzazione dei grandi progetti dell’Egitto.
Un popolo intero viene liberato senza che nessun cane aprisse la bocca, nonostante che tutti i cani fossero addestrati con stregonerie ad abbaiare nella direzione dove uno schiavo cercava di scappare. Il popolo di Israèl si ritrova davanti al mare con gli egiziani alle loro spalle che li vogliono riportare in Egitto.
Gli egizi erano feriti nella loro dignità, dopo che un popolo intero è scappato con i loro tesori presi in prestito. Tutto questo succede poiché è tutto calcolato dal Creatore del mondo e gli egiziani dovevano morire affogati proprio come loro uccidevano i neonati, facendoli affogare nel Nilo.
Il mare però non si apre e il popolo non sa cosa deve fare. Hashem dice al popolo di entrare nel mare e solo, quando loro entreranno allora il mare si aprirà. Questo argomento racchiude ben cinque grandi insegnamenti di vita fondamentali in ogni momento.
Siamo superiori agli angeli
1°. Buttiamoci Prima Noi
Spesso si sente dire: se trovo un bel lavoro mi ci butto! Se trovo la giusta donna mi sposo! Se mia moglie fosse più calma e comprensiva avrei pace in casa.
Questi sono alcuni di tanti esempi di situazioni che ci possono accadere in ogni momento. Illudersi che il mare si apre, e solo dopo entrarci, vuole dire che non abbiamo capito niente della vita.
Questo sarebbe come il gatto che si vuole mordere la coda che entra in un circolo vizioso: mentre si gira per prendere la coda, nello stesso istante, si sposta la coda di continuo.
Se ci troviamo davanti a un mare e gli egiziani alle calcagna, vuole dire che abbiamo una delle tante sfide che dobbiamo superare, le prove ci vengono date per essere superate al fine di elevarci.
Gli angeli, a differenza degli uomini, non hanno prove e perciò non sono stimolati ad elevarsi, quindi non hanno mai delle difficoltà. Questo perché gli angeli non hanno il merito di avere il libero arbitrio, di poter scegliere tra bene e male, per loro superare una prova non ha nessun valore.
Come dice lo Zohar questo è un mondo con valori al contrario (alma deshikra) ciò che sembra un problema è un regalo, basta non fermarsi all’aspetto esterno.
2° Come uno Tsunami
Ci si potrebbe chiedere: cosa ci vuole a entrare nel mare. Immaginiamo una delle tante belle coste italiane fare un bel tuffo in mare nel mese di aprile è molto piacevole. Se ci spostiamo nel sud di Israele molti fanno il bagno a Eilat in aprile, quando sono usciti dall’Egitto a Nissan.
E allora, perché era così complicato entrare nel mare? Perché in quel giorno il mare era molto agitato come uno tsunami. Faceva paura solo a vederlo. Questo perché la prova, per essere vera e darci un merito, deve essere incomprensibile.
Per questo nessuno osava mettere un dito nel mare in quel giorno. Come diciamo nelle Massime dei Padri cap V, mishna 5: dieci volte Israel mise Hashem alla prova, di cui due volte sul mare quando dissero: se il mare si apre noi ci entriamoץ
Da questo impariamo che solo un mare agitato come uno tsunami può darci dei meriti, quando superiamo la prova. Se vediamo uno tsunami nella vita non spaventiamoci, è per darci un merito.
3° Santa Pazienza
La struttura di una prova è che fino all’ultimo non si sblocca. Lo vediamo nelle prove di Abramo che arrivato ad un fiume che doveva superare, solo quando l’acqua è arrivata alla bocca, solo allora il fiume è scomparso.
Anche nel mare quei pochi che sono entrati il mare non si è aperto subito per Nakhshòn e i suoi fedeli, ma solo dopo, quando stavano per affogare allora si è aperto.
Se pensiamo che le prove si annullino appena le affrontiamo facciamo un grande errore. Bisogna avere pazienza e determinazione, occorre andare fino in fondo.
Ad esempio: Se ci fossero delle discussioni con la futura anima gemella, non vuole dire che non è la moglie giusta. I problemi ci arrivano per superarli ed elevarci.
4° Decisione Giusta Nel Momento Sbagliato?
Dopo l’uscita dell’Egitto il popolo di Israèl si ritrova davanti al mare che dovevano attraversare. Par’ò radunò tutti i suoi cavalieri e il suo esercito e li raggiunse mentre erano accampati presso il mare nella località di Pi Hakhiròt.
I figli di Israèl videro gli egizi ed ebbero una grande paura e la loro reazione fu quella di dividersi in quattro gruppi (Shemòt cap 14, 14-15). Il primo voleva buttarsi in mare, poiché preferiva annegare piuttosto che tornare in Egitto; il secondo gruppo pensava che sarebbe stato meglio tornare ad essere schiavi; Il terzo voleva combattere; il quarto gruppo voleva invocare Dio.
Hashèm disse a Mosè: “Perché mi volgi il tuo grido? Dì ai figli di Israèl di mettersi in cammino. (Shemòt 14, 15).
Dio dice al popolo, tramite Mosè, che il mare si aprirà solo se si metteranno in cammino. Le opinioni di 3 dei 4 gruppi (tranne ovviamente quella di chi voleva tornare in schiavitù), non erano di per sé sbagliate, ma erano inopportune ed inutili in quel momento.
In particolare ci si può chiedere cosa vi era di sbagliato nelle intenzioni del primo gruppo? In fondo apparentemente, ubbidivano all’ordine di Hashèm “Dì ai figli di Israèl di mettersi in cammino”, quindi di andare verso il mare.
Al primo gruppo, quello che voleva buttarsi in mare in maniera disperata, quasi suicida, Mosè gli risponde “State a guardare la salvezza che Hashèm opererà per voi oggi”. Proprio nella risposta di Mosè noi possiamo trovare la giusta chiave di lettura di questo episodio della Torà.
Il grave difetto delle intenzioni del primo gruppo, era che loro non volevano buttarsi in mare con forza e speranza in Dio, ma erano spinti a questo gesto dalla disperazione. Invece il mare si sarebbe aperto solo se il popolo di Israèl si fosse “messo in cammino” con fiducia e fede nel fatto che Hashèm avrebbe realizzato la sua promessa, li avrebbe salvati. Per questo Mosè gli dice di non buttarsi ma di “guardare la salvezza che Hashèm opererà per voi oggi”.
Da questo episodio noi possiamo trarre un grande insegnamento nelle vita di tutti i giorni: di fronte alle prove a cui siamo sottoposti agiamo, ma non con la forza della disperazione, bensì con la determinazione della forza della fiducia in Dio, nella sua salvezza. Solo così il mare si aprirà.
5° Meglio Riuscire Per I Nostri Meriti
Dalla parashà di Beshalach possiamo trarre un altro grande insegnamento. In Shemòt 14, 22troviamo scritto : “I figli di Israèl entrarono nel mare, all’asciutto e l’acqua faceva loro da muro alla loro destra e alla loro sinistra”. La stessa frase la troviamo ripetuta poco più avanti nel verso 14, 29.
È cosa nota che ogni singola parola della Torà ha un’enorme rilevanza, anche una sola parola in più o meno, ha un significato essenziale.
In questo caso troviamo ripetuto un intero verso! Cosa ci vuole dire la Torà con questo fatto? Una delle possibili interpretazioni ci viene data dal libro del Santo Zohar che afferma come, in tutto il lungo periodo della schiavitù in Egitto, il popolo ebraico si era contaminato con innumerevoli peccati. Era caduto nei più bassi livelli dell’impurità, proprio come gli Egizi.
Da questo punto di vista ebrei ed egiziani erano identici, entrambi erano immeritevoli della misericordia di Hashèm. Continua lo Zohar dicendo, quindi perché il mare si sarebbe dovuto aprire di fronte al popolo d’Israèl e chiudersi di fronte agli egizi? Quale erano le differenze tra i due popoli?
Per questo motivo Dio, per bocca di Mosè, ordina al popolo ebraico di “mettersi in cammino”, di entrare nel mare affinché questo si apra, proprio per dare al popolo ebraico, il merito di aver avuto fede in Hashèm. Questo sarebbe stato l’atto su cui fondare l’intervento della misericordia divina. Proprio per questo motivo Mosè voleva che il primo gruppo si buttasse in mare, non perché mosso dalla disperazione, ma per fede in Dio, dalla certezza della sua salvezza.
Allora perché alla fine il mare si aprì, come riportato nei versi 22 e 29 del capitolo 14? Grazie al gesto di pochi: Nakhshòn e ai suoi seguaci che si buttarono in mare con fede e certezza nella promessa fatta da Hashèm.
Solo allora il mare si aprì permettendo a tutto il popolo ebraico di raggiungere la salvezza. Tuttavia lo Zohar fa un’altra interessante osservazione, perché poi il mare non si richiuse al passaggio della maggioranza del popolo Israèl che non aveva creduto in Dio? La risposta, sempre secondo lo Zohar, è che Dio si ricordò di Abramo dei suoi meriti e della promessa che Dio gli fece sulla sua discendenza che “Sarebbe stata numerose come le stelle del cielo”.
Da questa spiegazione troviamo il motivo della ripetizione dei due versi: in Esodo 14, 29, diversamente che nel paragrafo 22, è scritto “I figli di Israèl entrarono nel mare, all’asciutto e l’acqua faceva loro da muro alla loro destra e alla loro sinistra” la parola muro/Khomà della frase è scritto senza la vav.
In questo modo si può leggere sia “muro”, sia come “rabbia”, quindi possiamo rileggere questa parte come “I figli di Israèl entrarono nel mare, all’asciutto e l’acqua era arrabbiata alla loro destra e alla loro sinistra”. Questo poiché il mare era “arrabbiato” del fatto che si dovette aprire, non per i meriti del popolo ebraico, per i meriti di Abramo.
Da questa storia impariamo come, a volte, se Dio vuole, basta un piccolo gruppo di persone fedeli della volontà di Hashèm per salvare anche chi è carente nella fede.
Il secondo insegnamento è che tutte le prove che subiamo nella vita, anche quelle più dure e difficili, sono in fondo solo un’opportunità che ci viene offerta da Dio per migliorarci, per elevare noi stessi e gli altri che ci circondano. Grazie allo sforzo che mettiamo nel capire su come e cosa dobbiamo fare per vincere la sfida che abbiamo d’innanzi.
Se ognuno di noi, in questi giorni speciali, riuscisse a migliorare anche nel compimento di una sola azione, aggiungeremmo una luce in questo mondo e accelereremmo così la imminente rivelazione di Mashiakh, presto nei nostri giorni.
Amen
(Foto: Frederic Schopin, I figli di Israele attraversano il Mar Rosso)