Il grande tema del Perdono nei tre monoteismi, dalla Torah al cristianesimo all’Islam in una serata su Zoom

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di Roberto Zadik

Proseguono gli appuntamenti del ciclo  Incontri in Guastalla trasferitosi su Zoom a causa dell’attuale pandemia e domenica 10 gennaio si è tenuto l’evento “ Il Perdono più invocato che praticato, è un valore per tutte le religioni?”. Organizzato dall’Assessorato alla Cultura della Comunità ebraica milanese, l’evento che è stato presentato dall’Assessore alla Cultura Gadi Schoenheit  ha avuto grande successo con oltre cento utenti collegati, ospitando una serie di interessanti interventi.

A cominciare dalla  parte ebraica rappresentata da  Rav Riccardo Di Segni il Rabbino Capo di Roma e Rav Alfonso Arbib Rabbino Capo della Comunità milanese intervenuto per un breve ma efficace discorso mentre dal mondo cristiano ha parlato Monsignor Gianfranco Borgonovo e per concludere la serie dei tre grandi monotesimi, come esponente dell’Islam, è intervenuta l’antropologa somala Maryan Ismail che si è espressa sul perdono secondo il Corano “pur non essendo una teologa o un imam” come ha specificato. Ad aprire la serie di interventi è stato l’Assessore alla Cultura Schoenheit che, citando “Il girasole” un piccolo grande libro di Simon Wiesenthal, il più famoso cacciatore di nazisti di tutti i tempi, ha sottolineando la difficoltà di perdonare il Male citando la risposta di suo padre che dopo la deportazione a Buchenwald quando li chiesero se avesse perdonato i responsabili disse “ci devo pensare”.

Successivamente Mons. Borgonovo ha ribadito la centralità del tema del perdono  nel cristianesimo evidenziando che fra fratelli è fondamentale perdonare e come esempio su questo tema egli ha citato un testo del grande scrittore argentino Jorge Luis  Borges riguardo ad un ipotetico incontro fra Caino e Abele. Esaminando  vari brani biblici, dal tradimento del popolo verso Dio dopo il dono della Torah sul Sinai fino alle profezie di Geremia, Mons. Borgonovo ha definito il perdono come “l’archiviazione Divina delle colpe umane” mettendo in luce la Misericordia Divina come fondamento della fede. A questo proposito egli ha specificato che “D-o è lento all’ira, ricco di Amore e Fedeltà che conserva la sua Bontà per mille generazioni ma non lascia senza punizione castigando anche se poche volte la colpa dei padri nei figli fino alla terza generazione”. Evidenziando l’incapacità umana di cogliere l’Essenza Divina secondo il Monsignore “noi come credenti guardiamo in alto e riconosciamo quel perdono che viene da Dio e che dovrebbe essere messo come cammino progressivo per tutti gli umani che ascoltano Dio e siccome il perdono Divino non può essere pareggiato alla condizione umana esso deve essere da noi invocato senza poter essere compreso fino in fondo”. Spingendo il pubblico a riflettere su  come il perdono sia la “meta del nostro agire” egli ha invitato alla “costante ricerca di Dio in un incontro che attraversa la storia e perfino le esistenze più segnate dalla trasgressione possono riscoprire l’importanza di risalire alla Presenza Divina e al legame con Lui”.

Il perdono nell’ebraismo

Ma cosa ne pensa l’ebraismo del perdono? A questo quesito ha risposto  Rav Di Segni. Riprendendo il già citato testo di Wiesenthal il Rav ha illustrato alcune importanti regole ebraiche sul perdono. “Esso è un valore molto importante su cui si basa tutta la struttura del pensiero ebraico. Noi ogni giorno nelle preghiere ripetiamo gli Attributi di questo Dio Misericordioso e nei momenti di crisi è come se ripetessimo a Lui l’impegno che si è preso di proteggerci e di perdonarci” evidenziando la centralità del perdono umano e specialmente Divino. Successivamente egli citando la Genesi ha approfondito il concetto dei vari nomi Divini presenti in due versioni diverse della Creazione del mondo. “ Secondo i Maestri  due fra i vari nomi  del Santo Benedetto,  uno è Elokim allude alla natura di Giudice, colui che stabilisce le Leggi della Natura che sono immutabili Dio di un sistema perfetto mentre invece il termine Il  Signore rappresenta D-o nella storia e nella vicenda umana ed è un signore di Misericordia e la storia è una vicenda umana fatta di grandezza e debolezza”. In tema della fragilità umana, il Rabbino Capo di Roma ha insistito sulla Misericordia che deve assolutamente temperare la Giustizia Divina nella perenne eventualità che l’uomo sia debole e vulnerabile al peccato. Egli ha poi evidenziato che chiunque può commettere una infinità di errori verso vari destinatari, dalla natura, alle piante, agli animali, alle persone oppure non rispettando obblighi religiosi verso D-o”. Per questo “abbiamo sempre aperta davanti a noi la porta della Teshuvà che non significa pentimento ma ritorno. Attraverso questo principio infatti è possibile abbandonare la strada sbagliata per riprendere quella giusta impegnandosi a non ripetere più l’errore commesso” ha evidenziato il Rav a condizione che “la persona riesca a riparare i suoi danni”.  “Il senso del Giorno del Kippur” ha aggiunto “ è rimettere una persona sulla strada giusta una persona che messa davanti alle condizioni che l’hanno indotto al peccato sappia resistere”. “Il perdono “ ha ricordato “è la lavatrice che cancella la macchia morale sulla coscienza delle persone ma affinché essa funzioni sono necessari una serie di passaggi” ha continuato stabilendo che “ci debba essere una richiesta di scusa umana (mechilà) seguita da una risposta Divina (Slichà), ma se non c’è la consapevolezza dell’errore, ovvero la richiesta di perdono umana  non ci può essere pentimento”.

Stando al sistema ebraico passando ai rapporti fra persone “il perdono è fondamentale ma deve seguire regole ben precise ad esempio non esiste delega al perdono” ha ricordato il Rav. “Se si uccide qualcuno” il Rav ha ricordato come “se si uccide qualcuno non ha senso chiedere scusa ai genitori ma bisogna chiedere perdono per omicidio della persona”. Successivamente egli ha messo in luce la delicatezza e la complessità del tema del perdono tema centrale nell’ebraismo siano nati diversi pregiudizi antiebraici derivati dalle dottrine dell’eretico Marcione che inaugurò concetti pericolosi come “Antico Testamento” piuttosto che “Divinità ebraica vendicativa”. Anche se non viene più insegnato, Rav Di Segni ha evidenziato come “il pregiudizio che l’ebraismo sia una religione giustizialista purtroppo resiste in molti ambienti”. Molto efficace anche il discorso di Rav Arbib che ricordando la complessità del tema del perdono ha citando varie fonti dal Talmud dove viene esaltato il perdono e le persone che “si fanno offendere senza offendere” anche se poi nello stesso testo viene sottolineata la necessità che “il saggio non dimentichi l’offesa in una trattazione che è volutamente contraddittoria e problematica” fino ai Pirkè Avot testo fondamentale di etica ebraica contenente straordinarie Massime dei grandi Maestri del Talmud.  Proprio in merito ad esso, il Rabbino Capo di Milano ha raccontato l’aneddoto di uno dei grandi saggi del testo, Rav Nechunià Ben Akamà esponente fondamentale della Mistica ebraica che visse molto a lungo a cui una volta venne chiesto come avesse fatto ad allungare tanto la sua vita. A questo  egli rispose “non sono mai andato a dormire tenendomi il rancore verso chi mi ha offeso” ovvero evitando qualsiasi risentimento verso i torti subiti dal prossimo. Evidenziando i pericoli del rancore egli ha detto “senza perdonare roviniamo la nostra vita oltre a quella altrui. Essa infatti viene distrutta e viviamo molto male serbando rancore.  La nostra vita viene rovinata continuando ad essere puntigliosi verso il prossimo e non solo a livello etico ma per un bisogno quasi egoistico siamo tenuti per sopravvivere a perdonare il nostro prossimo il più possibile”.

Ultimo intervento Maryan Ismail che ha spiegato il valore del perdono nell’Islam pur “non essendo una teologa” come ha ribadito evidenziando che questa ultima religione monoteista punta molto sul concetto del Dio Misericordioso e i forti punti di contatto con gli altri due monoteismi. “Ogni preghiera islamica “ ha detto la Ismail “viene iniziata con il Dio Misericordioso e noi costantemente chiediamo perdono a Dio”- Successivamente la studiosa ha elencato alcuni fra i 99 attributi di Dio fra cui ci sono “il perdonatore”,” l’indulgente che non cessa di perdonare” e il “clemente e il Dio benevolo”. “Nel Corano” ha detto la Ismail “Allah è anche molto esigente e vendicatore e punisce idolatria e il suicidio che toglie il dono della vita e il peccato, essendo l’uomo un essere fragile e incompleto, è sempre da parte sua una violazione della Legge Divina”. In analogia con l’ebraismo la Ismail ha ricordato alcune regole islamiche che insistono sulla necessità di “non ricadere più nel peccato”. “di provare rimorso” e di “riparare il torto commesso nella costante ricerca di miglioramento che per noi deve essere una costante aspirazione”.