I coloni israeliani tra geopolitica e religione: il dibattito di Kesher

di Nathan Greppi
Uno dei sotto-temi più trattati nel dibattito pubblico in merito al conflitto israelo-palestinese è quello degli insediamenti israeliani in Cisgiordania o Giudea e Samaria. Tuttavia, raramente i giornali trattano in maniera più approfondita tale contesto, lasciando aperti vari interrogativi: chi sono questi coloni? Quali sono le loro idee e obiettivi? Che tipo di vita conducono? Che rapporti hanno con i palestinesi nella vita di tutti i giorni?

Chi ha provato a comprendere i punti di vista dei coloni, andando a intervistarli e ad ascoltare le loro storie di vita senza pregiudizi, è il giornalista italiano Pietro Frenquellucci, che ha deciso di dedicare a questo tema il suo primo libro, intitolato appunto Coloni. Gli uomini e le donne che stanno cambiando Israele e cambieranno il Medio Oriente, pubblicato nel 2021 dalla Libreria Editrice Goriziana (LEG).

Frenquellucci, già caposervizio del quotidiano Il Messaggero e candidato sindaco ad Ascoli Piceno nel 2019, ha presentato il suo libro in un incontro tenutosi domenica 12 marzo su Zoom, organizzato da Kesher.


Uno sguardo oggettivo

Nell’introdurre l’incontro, il saggista Niram Ferretti ha fatto notare la caratteristica forse più importante del libro: l’essersi messo in ascolto “dei suoi interlocutori, senza dare un giudizio su quello che dicono, […] ma lasciandoli sostanzialmente esprimersi liberamente, e lasciando al lettore poi trarre le sue conclusioni.” Un libro, a suo dire, con un’impostazione “encomiabilmente oggettiva”, che racconta “storie di vita vissuta, storie ricche di particolari, di aneddoti, di dolori, speranze, sogni, illusioni, di realtà.” Tutto questo offrirebbe “un panorama umano estremamente affascinante, e ci permette di vedere […] queste persone realmente, per come sono, senza lenti deformanti, senza inquinarne il pensiero.”

Dello stesso avviso il semiologo Ugo Volli, il quale ha rimarcato come vi sia “una tendenza, da parte della stampa italiana, dei governi europei e degli Stati Uniti a trattare questa gente come fossero dei criminali.” Invece, la realtà è più complessa ed eterogenea di come appare, e coloro che vivono negli insediamenti sono persone anche molto diverse tra loro per idee e motivazioni. Ha sostenuto che i giornalisti di oggi tendono a filtrare la narrazione della realtà attraverso le loro opinioni personali, mentre Frenquellucci si è attenuto ai fatti.

La parola all’autore

Rispondendo ad una domanda di Volli, Frenquellucci ha raccontato che l’idea alla base del libro nasce “da una serie di riflessioni, che partono da una sorta di ‘arrabbiatura di partenza’: perché ero molto arrabbiato per il fatto che nella stampa italiana, ma anche nelle pubblicazioni di libri, si affronta il tema dei coloni dando loro una grandissima responsabilità per quanto riguarda l’attuale vicenda mediorientale, ma cercando e leggendo non sono riuscito a trovare nulla o molto poco che desse la possibilità di capire cosa pensano queste persone”.

Da qui, la decisione di recarsi in Samaria per incontrare “persone dalle storie ricchissime e veramente coinvolgenti.” Storie che hanno appassionato l’autore, spingendolo ad andare avanti nella ricerca, tanto che ad un certo punto “mi sono reso conto di quello che a mio avviso è uno dei più grandi difetti del giornalismo italiano: i protagonisti non sono coloro che raccontano le loro storie, ma […] i giornalisti che raccontano le storie.” Ciò renderebbe scarsamente credibili i giornalisti stessi, e in un primo momento gli pose delle difficoltà nel guadagnarsi la fiducia di coloro che voleva intervistare.

Non sono mancate analisi sulle posizioni politiche degli intervistati: oltre ad una certa disillusione verso la praticabilità della Soluzione dei due stati, viene fatto notare come gli insediamenti siano considerati dai loro fautori di importanza strategica per la sopravvivenza stessa d’Israele, in quanto farebbero da cuscinetto nel bloccare eventuali attacchi in caso di guerra. Alla base di questa convinzione vi è anche quella che per loro è una ferita tuttora aperta: lo sgombero avvenuto nel 2005 di tutti i coloni presenti a Gaza, che anziché rendere i palestinesi della Striscia più accondiscendenti ha portato prima all’elezione di Hamas, e poi ai ripetuti lanci di razzi verso il territorio israeliano.

Una cosa che ha colpito Frenquellucci nel corso del suo viaggio, è stata la consapevolezza che “la storia si svolge in poche decine di chilometri quadrati.” Qualcosa di cui non ci si rende pienamente conto finché non ci si reca sul posto.

 

(Foto: coloni nell’insediamento di Havat Ma’on. Fonte: Flickr)