I relatori alla presentazione del libro "La stella e la mezzaluna"

Gli ebrei e l’islam: presentato il libro di Vittorio Robiati Bendaud “La stella e la mezzaluna”

Feste/Eventi, Kesher

di Nathan Greppi
Alle radici del risentimento arabo verso gli ebrei. Che non nasce con l’epoca delle colonie né con lo Stato d’Israele. Un antisemitismo che viene da lontano: dalla Dhimma, dalla teologia islamica, dal disprezzo per le altre fedi “fasulle”. Un saggio e un dibattito per capire cosa è stato. E che cosa accade oggi

«Noi, il popolo di Mosè, siamo diventati squilibrati e folli/per la nostra apostasia./Senza più onore né Torà/…versiamo lacrime come una vedova/… Apparentemente musulmani, nell’intimo dei nostri cuori siamo ebrei,/…Siamo ombre senz’anima/formiche che disperano di qualsiasi aiuto…». Questi versi sono stati scritti nel 1650 in Persia da Mullay Izkya, un ebreo convertito a forza all’Islam, e ben restituiscono la sofferenza della condizione ebraica dell’epoca. La citazione è tratta dal saggio La stella e la mezzaluna – Breve storia degli ebrei nei domini dell’Islam (Guerini, € 18,50), di Vittorio Robiati Bendaud, studioso, docente, per anni assistente e allievo di Rav Giuseppe Laras, alla cui memoria questo saggio è dedicato. «Ciò che colpisce in questo testo è la capacità di raccontare un’avventura di 1400 anni in 250 pagine; un libro non accademico, che narra una storia che pochi conoscono. E che smonta luoghi comuni e false credenze». Con queste parole Fiona Diwan, direttrice di Bet Magazine e del sito Mosaico, ha presentato il libro in un dibattito che ha visto presenti nell’Aula Magna Benatoff il Rabbino Capo Alfonso Arbib, il direttore del DEC, rav Roberto Della Rocca, il consigliere Davide Romano. «Uno dei suoi meriti – ha continuato Diwan – è quello di smontare l’idea diffusa che il risentimento arabo verso gli ebrei si origini con la nascita Stato d’Israele. Così come un altro mito da rottamare è quello della simbiosi giudaico-islamica, una età dell’oro del tutto fasulla: quella di Al Andalus, dei califfati, della vita nel nord Africa. Ci furono momenti di grande scambio, ma le vessazioni, soprusi, umiliazioni, la condizione di dhimmitudine portò discriminazione anche nei rigogliosi califfati di Cordoba e Granada». Come dimenticare le conversioni forzate? E che per secoli, gli ebrei non poterono avere i loro hammam né frequentare bagni pubblici? E che, ad esempio, non potevano essere puniti con l’uso della spada, onde evitare che il loro sangue impuro “contaminasse” la nobiltà del ferro? «Un testo che ha il merito di far rivivere un capitolo di storia su cui è stato gettato un velo di oblio e silenzio».

Bendaud: un’esperienza diretta
Nel corso della presentazione, Vittorio Bendaud racconta una sconvolgente storia di marranesimo dei giorni nostri, avvenuta negli anni ’90. «Davanti a me e a Rav Laras si presentò una giovane, per chiedere di veder riconosciuto il proprio status di ebraicità. Era marrana, protagonista di un criptogiudaismo angoscioso, un ebraismo nascosto e oggetto di persecuzione nel Paese da dove veniva. Parlava a stento l’italiano, così ci arrangiammo con un po’ di arabo, inglese, francese. Ci disse che la sua famiglia era stata convertita in epoche passate, generazioni fa, e che l’apostasia era punita dall’Islam con la morte. Per questo, ci disse, non voleva essere troppo circostanziata, per non mettere in pericolo i parenti rimasti laggiù. “Voglio tornare a casa, aiutatemi”, ci disse. Eravamo senza parole. Così facemmo delle ricerche che confermarono quanto dichiarato. Rav Laras mi disse che non era la prima volta che gli capitava un caso del genere, era avvenuto con ebrei di Persia, dell’entroterra di Libia, con ebrei dello Yemen. Alla fine, confermammo l’ebraicità di quella giovane consigliandole vivamente di non metter più piede nel suo antico paese di origine».

Arbib: le radici dell’oblio
«L’avventura millenaria degli ebrei in terra d’Islam è incredibilmente caduta nell’oblio, nessuno vuole più ricordarsene. Perché? Credo che si sia voluto far passare l’idea che tutto comincia con Israele e con il Sionismo, e che quindi quello tra arabi ed ebrei sia un problema soprattutto politico. Non è così. Anzi, è un falso storico che ha avuto molta fortuna: non a caso discorsi di questo genere vengono fatti addirittura da pseudo-esperti di storia dell’Islam. È un tentativo di dare una impostazione ideologica alla Storia, per occultare che l’odio antiebraico viene da molto più lontano e dura da secoli». Rav Arbib ha collegato due date, 1066 e 1096: «Nel 1096 abbiamo la Prima Crociata, mentre nella valle del Danubio inizia il primo grande massacro di ebrei in Europa. Pochi sanno che trent’anni prima, nel 1066, a Granada, nell’“Andalusia felice”, nella “Spagna delle tre religioni dove si stava meravigliosamente bene”, si scatena un pogrom feroce in cui vengono ammazzate 1200 famiglie ebraiche. Così, se una persona dotata di media cultura ebraica sa che cosa è successo nella valle del Danubio nel 1096, quasi nessuno conosce quanto avvenuto a Granada nel 1066: una vicenda questa, cancellata da un mito, quello appunto dell’Andalusia felice». Arbib ha aggiunto che spesso, come esempio di positiva simbiosi arabo-giudaica, si cita Maimonide, «dimenticando un particolare: che dall’Andalusia, Maimonide scappa dalle persecuzioni, ripara a Fez, ad Aleppo, a Gerusalemme e a Fustat». Arbib ha infine sottolineato una certa tendenza tipica dell’ebraismo sefardita e arabo a sdrammatizzare le esperienze del passato, a non voler enfatizzare il male subito per non cadere in un eccesso di vittimismo. «Un rabbino askenazita di Strasburgo un giorno mi ha detto: “voi sefarditi non avete il senso della tragedia!” In un certo senso è proprio così. I sefarditi hanno un modo diverso di trasmettere la memoria, meno enfatico».

Della Rocca: un midrash
Ma ha senso affermare che, sul piano teologico, l’islam, a differenza del cristianesimo, abbia sviluppato un antisemitismo teologico? E che dire della “teologia della sostituzione”, ossia di Ismaele sostituito a Isacco nel celebre sacrificio sul monte Morià? «La teologia della sostituzione nell’Islam corre parallela a quella elaborata dal cristianesimo che sostituisce l’antico popolo d’Israele e la sua Torà con il Verus Israel cristiano e i suoi Vangeli – spiega Rav Roberto Della Rocca -. A proposito del rapporto tra Ismaele e Isacco, c’è un Midrash che si riferisce alla provocazione tra i due fratellastri riguardo alla milà, la circoncisione; Ismaele provoca Isacco: “Io ho fatto la circoncisione a 13 anni, ho dimostrato in modo consapevole cosa sia il servizio di D-o. Tu sei stato circonciso a 8 giorni, in uno stato di incoscienza: che prova hai dato a D-o della tua fedeltà?”. Secondo il Midrash, Isacco avrebbe risposto a Ismaele: “è vero, ma nella circoncisione D-o ti ha chiesto il sacrificio solo di una parte del tuo corpo. Se D-o mi chiedesse in sacrificio tutte le membra del mio corpo io non esiterei un istante”. Tutto nasce su una provocazione di Ismaele su chi è più disposto a morire per D-o».
«Nell’Islam viene asserito qualcosa che neanche i cristiani più estremi hanno mai pensato – sottolinea Rav Arbib in merito al tema della “teologia della sostituzione” -. Ossia che l’ebraismo ha falsificato la Torà, che il sacrificio non è quello di Isacco ma di Ismaele. Ed ecco che negando il nostro testo fondativo si arriva a negare la storia ebraica e ciò che siamo». E anche Bendaud sottolinea come, nella Sura terza del Corano, venga negata l’appartenenza ebraica di Abramo.

Romano: media incapaci
«Un libro importante e urgente, che tutti dovrebbero leggere. Ma attenzione: non vi si racconta solo una convivenza problematica, ma anche i tanti momenti positivi e gli scambi fecondi, non solo le difficoltà dei rapporti arabo-ebraici. È un libro obiettivo, ricco di testimonianze di viaggiatori arabi ed europei – ha sottolineato il consigliere della Comunità Davide Romano. – Ho la sensazione che oggi i media esprimano una certa incapacità e resistenza a capire ciò che sta succedendo. Il solito doppio standard.
L’anno scorso a Como dei naziskin fecero irruzione nella sede di una ONG per leggere un proclama: la cosa finì su tutti i giornali. Eppure, quando il 9 dicembre 2017, a Milano, un nutrito gruppo di musulmani gridò in Piazza Cavour, in centro, ‘morte agli ebrei’ durante una manifestazione, nessun media pensò bene di riportare la notizia. Insomma, c’è un’incapacità ad affrontare il fenomeno per quello che è. Mancano libri, manca un’informazione seria e film che narrino l’odissea millenaria degli ebrei nel mondo arabo. Perché oggi è politicamente molto scorretto fare una cosa del genere».