di Roberto Zadik
In questi mesi così complessi di Covid 19 tante sono state le situazioni drammatiche dove bisognava decidere come agire e prima possibile evitando che tutto andasse nel peggiore dei modi. Ma è lecito selezionare chi ha la priorità nelle cure mediche, quali sono le caratteristiche per scegliere quali pazienti hanno la precedenza e cos’è il “Triage”? Questi i temi dell’interessante incontro su Zoom “Triage: L’etica di una scelta nelle emergenze” organizzato domenica 24 maggio con diretta registrata su Facebook e pubblicata sulla pagina dell’Unione, dall’UCEI (Unione Comunità Ebraiche Italiane) in collaborazione con l’AME (Associazione Medici Ebrei) e la Comunità Ebraica Milanese.
Tante le personalità comunitarie e ebraiche italiane coinvolte in questo decimo meeting su Zoom, canale “sostitutivo” delle conferenze dal vivo in questo periodo. E’ stato un incontro molto intenso, dove, con la preziosa collaborazione di Paola Boccia di Kesher, si sono alternati una pluralità di temi, dalla medicina, alla bioetica, alla filosofia, ai dilemmi dell’ebraismo, all’ultima parte decisamente pratica dove alcuni medici hanno descritto casi pratici e peripezie quotidiane. Tanti gli ospiti e gli interventi. Dai saluti istituzionali del Presidente UCEI, Nooemi Di Segni, al presidente della Comunità milanese, Hasbani, agli assessori alla Cultura Gadi Schoenheit e il suo vice Luciano Bassani, presente soprattutto nel suo ruolo di medico e Rosanna Supino, presidente AME a esperti di vari campi, dall’ebraismo con il Rabbino Capo di Roma e Vice Presidente della Commissione Bioetica, Rav Riccardo Di Segni, fino alla filosofia con Laura Boella, Docente di Filosofia Morale all’Università Statale di Milano per arrivare a medici come Guido Coen, consigliere UCei e Mario Raviolo, Direttore del Dipartimento 118 e Maxiemergenza Piemonte.
Primo discorso è stato quello della Presidente Di Segni che ha definito l’iniziativa “una chiamata corale per fronteggiare le scelte che tutti noi dobbiamo compiere” sottolineando l’importanza della cura senza discriminazione dei pazienti, di mantenere umiltà e concretezza, specialmente in questo periodo delicato, citando i principi dell’etica e di spiritualità promossi da grandi saggi dell’ebraismo come il Rambam. Nel suo discorso la presidente Ucei ha fornito una spiegazione della parola “Zoom” che prima della tecnologia “era un romanzo molto particolare che si poteva leggere in due sensi, da sinistra a destra e al contrario, dove la prima parte partiva dai dettagli per poi ampliarsi sempre di più. Questo si collega al momento medico e al Triage dove si passa dal dettaglio a dilemmi etici, allargando lo Zoom a scelte che da individuali diventano globali, politici e internazionali”. Successivamente Milo Hasbani, presidente della Comunità, ha invece rievocato l’importanza di questo tema soprattutto nella delicatezza del momento storico attuale e l’emozione di tornare in sinagoga dopo “circa due mesi e mezzo” . “E’ stato molto commovente” ha detto il presidente CEM “siamo rientrati emozionati e un po’ di paura e domani riprendiamo il lavoro in Comunità. E’ come andare a scuola il primo giorno.” Successivamente, la riunione ha visto la partecipazione di vari esperti nel settore medico e religioso come il Rabbino Capo di Roma Rav Riccardi Di Segni.
Riflessioni sul Triage, tematiche storiche, mediche e filosofiche
Cos’è il Triage? “E’ un sinonimo di scelta di pazienti che dalla più situazione banale può arrivare a casi delicati di vita e di morte” ha specificato Luciano Bassani ricordando una parentesi storica recente ma inedita come il massacro nazista nel Ghetto lituano di Kovno. “Il 16 settembre 1941 l’SS Geke” ha raccontato “ arrivò in Lituania e iniziò eliminazione degli ebrei e lì emerse la questione delle Carte Bianche”. “Il comandante Jordan aveva ordinato 5mila di queste Carte Bianche che erano permessi di lavoro su un totale di 30.000 ebrei del Ghetto e chi non aveva questi documenti sarebbe stato eliminato” ha ricordato il dottor Bassani. Un aneddoto storico doloroso in cui “con ferocia i tedeschi dividevano chi aveva le Carte e chi no e sarebbe stato eliminato”. A quel punto venne posto al Rabbino Capo di Kovno, Ephraim Oshri un quesito di rara complessità su chi salvare e su quale base una vita fosse più significativa dell’altra. Una domanda atroce alla quale il Rabbino rispose che “i leader della Comunità dovevano distribuire più Carte per salvare più vite possibili”. “Questa situazione estrema è tornata” ha specificato Bassani “quest’anno col Coronavirus salvando chi aveva più possibilità di vita ed è una forma di Triage. Tutti i giorni ora siamo davanti a questa scelta cercando di capire quello che giusto fare”. Sul tema del Triage si è soffermata Rosanna Supino, presidente Ame che ne ha ricostruito con precisione storia e evoluzione medica e linguistica di questo termine francese che poi è entrato nella lingua inglese mentre in Italia arrivata nel 1917 ma circoscritto all’ambito medico. Questa parola riguarda come ha specificato la presidente AME Italia “ l’assegnazione delle cure alle vittime di guerre e disastri per massimizzare numero di sopravvissuti. Il Triage è una scrematura grezza e utilitaristica e chi deve scegliere deve decidere chi può essere curato e chi no”. Ripercorrendone lo sviluppo storico, “esso veniva usato in vari momenti” ha ricordato la Supino “ad esempio nel Medio Evo, nella battaglia di San Martino e Solferino e la Convenzione di Ginevra in cui nacquero Croce Rossa e infermieri, che avevano come obbiettivo la salvezza di più persone possibili”.” Fondamentale il suo ruolo “nell’Influenza spagnola del 1918, dal Kansas, all’Inghilterra, all’Italia e che fece 350,000 vittime e 4 milioni di vittime. Tutta un’altra situazione rispetto alla pandemia attuale anche se Lì per la prima volta venne distinto chi era irrecuperabile e chi invece poteva essere curato per combattere o sopravvivere”. Fra gli interventi, decisamente importante, il discorso di Rav Di Segni. Ricordando i principi ebraici dell’obbligo di “non restare inerte davanti al sangue del tuo prossimo” e di attivarsi al massimo per difendere la propria vita e quella altrui egli ha “respinto il criterio dell’età come inaccettabile nel Triage, ribadendo l’attenzione che i medici devono adottare in queste situazioni dove “non si può facilmente sacrificare una vita per l’altra” Citando il celebre esempio di due uomini nel deserto che hanno una sola borraccia e le opinioni di due saggi come Ben Petora, che suggeriva di dividerla in due e Rabbi Akiva che invece diceva di destinarla tutta a una sola persona e il problema se allungare la vita per lungo tempo a un individuo e per breve a entrambi, “vita di un’ora” e vita eterna, il Rav si è addentrato nelle questioni complesse sollevate a livello etico e religioso dal Triage sottolineando il valore della cautela e della prudenza. Decisamente interessante anche l’intervento della Docente Laura Boella, che ha posto alcuni quesiti etico-filosofici sui criteri con cui scegliere chi curare prima analizzando alcuni concetti come la salute, la sofferenza o il “diritto di morire” citando il grande filosofo Hans Jonas. Fornendo vari esempi e citazioni, la docente ha sottolineato principi Costituzionali come diritto alla salute e i valori primari di giustizia, solidarietà e equità soffermandosi sull’”etica della cura” spesso erroneamente “considerata come un aggiunta o un buon sentimento” e invece fondamentale come “un deposito di conoscenze e di capacità da valorizzare socialmente”. Specificando la centralità dei diritti della persona e dei criteri clinici, la Docente ha puntualizzato alcune importanti questioni. Dalla “comunità dei malati” come l’ha definita, , all’allocazione delle risorse e dei costi, passando dalla Costituzione, alla medicina, all’economia, alla bioetica, alla filosofia . Interrogativi etici e filosofici in una “situazione molto scabrosa come questa” come l’attuale momento storico dove dobbiamo chiederci “se sia inevitabile adottare una asticella di tipo sociale e sociologico differenziando le situazioni delle varie condizioni sociali”. “Ormai non possiamo più ragionare sulle rigide contrapposizioni” ha proseguito “fra diritti universali e diseguaglianze, terapia e cura, costo terapia e vita”. Decisamente più pratici e tecnici gli ultimi due interventi del pomeriggio da parte dei due operatori sanitari di alto livello, come Coen e Raviolo.
Gli interventi dei medici e degli addetti sanitari sull’emergenza Covid
Efficace la riflessione di Guido Coen, medico che si è soffermato “sulla crisi di risorse nel Covid, sull’efficacia del lockdown e sulla rimodulazione del Triage in questa situazione “assicurando il massimo beneficio al maggior numero di pazienti e sulla fondamentalità dell’appropriatezza clinica e il monitoraggio delle condizioni cliniche del paziente”.
Coen ha lanciato una proposta originale “soluzioni alternative sul potenziamento della sanità territoriale per la gestione domiciliare e una piattaforma di telemedicina che valuti costantemente i parametri vitali per gestire pazienti cronici, durante la malattia e dopo”. Test anche a domicilio che “eviterebbero” come ha sottolineato “il sovraffollamento delle strutture ospedaliere e lo stress ai pazienti.” Molto apprezzata la proposta, da Rosanna Supino che ha ricordato la raccolta fondi delle Comunità e che “stiamo lavorando per acquistare strumenti per telemedicina per assistere il post-Covid che i malati cronici a casa assistiti a distanza. L’Ame sta lavorando per acquistare questi device in Israele”. Ultimo intervento quello del dott.Raviolo responsabile del 118 in Piemonte e “grande amico degli ebrei e di Israele” come ha ricordato la Supino. Nel suo intervento “più pragmatico per il mio lavoro dove devo decidere in pochi secondi cosa fare” ha subito affermato ricordando la “stretta collaborazione con gli amici israeliani del Maghen David Adom e con l’esercito in varie occasioni”. “Da loro imparato” ha specificato” che ogni scelta deve essere già stata valutata prima. In Italia nessuno si era mai posto il problema di dover decidere prima di questa emergenza”.
Evidenziando le criticità di questa situazione su una malattia di cui “nessuno sa niente” Raviolo ha lucidamente raccontato le peripezie vissute dai medici in questi mesi, le condizioni assai gravi di alcuni pazienti, la difficoltà di agire rapidamente per salvare più vite possibili. Tante le domande e gli interventi finali, in una conferenza estremamente partecipata con grande soddisfazione degli ospiti e degli organizzatori.