Rav Mehlman commenta il digiuno del 10 Tevet

Ebraismo

La commemorazione del giorno del digiuno del Asara b-Tevet, il decimo giorno del mese ebraico di Tevet, è legata direttamente ad un singolo evento nella storia del nostro popolo. In questo giorno, nel 588 prima dell’era volgare, Nebuchadnezzar, il re babilonese, iniziò l’assedio di Gerusalemme che si concluse con la distruzione di Gerusalemme e del Tempio, e con l’esilio del nostro popolo dalla terra d’Israele tre anni dopo.

Quell’evento fu la più grande catastrofe che accadde al nostro popolo nell’antichità, gli echi del quale riverberano attraverso tutta la lunga storia dell’Ebraismo. Poco dopo la fondazione dello Stato d’Israele i Capi Rabbini Herzog e Ouziel reagendo all’Olocausto in cui 6.000.000 dei nostri fratelli e sorelle furono assassinati dai Nazisti, dichiararono il 10 di Tevet, Yom Qaddish Kelali/ Giorno di Qaddish Universale.
Di fronte alla più grande catastrofe che accadde al nostro popolo nell’era moderna, i rabbini collegarono l‘Asara b’Tevet’ all’Olocausto; l’antica catastrofe alla catastrofe contemporanea.
Perché? Perché i rabbini vollero confortare i sopravvissuti molti dei quali non conoscevano la data, il tempo o il luogo della morte dei loro cari.
Nella loro saggezza, questi rabbini fornirono ai sopravvissuti un momento, ricco di storia ebraica, nel quale recitare il Qaddish per i loro morti. In modo premuroso e profondamente umano questi rabbini collegarono i morti dell’Olocausto con l’eterna continuità del popolo ebraico. In questo atto di gentilezza umana diedero ai sopravissuti un grande dono spirituale.

Primo Levi, ebreo italiano sopravissuto ad Auschwitz, fu un testimone della catastrofe dell’era contemporanea del nostro popolo e descrisse dettagliatamente la sua esperienza – ricercando, nei restanti giorni della sua vita, un criterio di comprensione. Nella sua poesia, Se questo è un uomo, egli scrisse:

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici

Chi sono le persone che vivono sicure? La risposta è, naturalmente, tutti noi oggi. Noi siamo le persone che abitano confortevolmente nelle case calde.
Tuttora, sessantadue anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, facciamo ancora fatica a capire l’orrore. Sappiamo, tuttavia, che non c’é una risposta razionale. Sappiamo soltanto che malgrado la devastazione, il nostro popolo è emerso più determinato a vivere. C’è una linea diretta dai campi di sterminio alla rinascita d’Israele.

Quindi, che cosa possiamo imparare oggi dal ‘Asara b’Tevet’? Io penso sia questo: nelle catastrofi antiche come nelle catastrofi moderne, la più grande perdita subita dal popolo ebraico fu la perdita del dono della vita umana. La vita umana fu spietatamente spenta dalla guerra, dall’assassinio, dai forni crematori. Non solo le vittime della Shoah furono assassinate, ma anche generazioni di futura vita ebraica svanì nel fumo. L‘Asara b’Tevet’, carico di storia, viene prima come un avvertimento e secondo come un insegnamento.

L’avvertimento è: Abbiamo perso così tanta della nostra gente, per le catastrofi, il disinteresse, la chiusura; non possiamo permetterci di perderne ancora. Dopo tutto quello che abbiamo subito come popolo, non possiamo escludere ed allontanare coloro che cercano di essere ebrei. Dobbiamo invece trovare la saggezza, la sensibilità e la considerazione che stimolarono il Rabbino Herzog e il Rabbino Ouziel e stendere la mano a coloro che rivendicano l’Ebraismo e il patrimonio Ebraico ed accoglierli nella nostra comunità.
L’avvertimento è di negare a Hitler ulteriori vittorie.

L’insegnamento è collegato alla festa di Chanukkà, che celebriamo questa settimana. Chanukkà significa “ridedicare”. La lezione di ‘Asara b’Tevet’ è di ridedicarci noi stessi. Impariamo nel Talmud babilonese che il Secondo Tempio fu distrutto per colpa di Sinat Hinam, odio incondizionato.

Ma perché è stato distrutto il Secondo Tempio, visto che in quel periodo la gente si dedicava alla Torah, al rispetto delle mitzvot (dei “comandamenti”), alla pratica della tzedakah (“carità”)? Perché nel periodo durante il quale sorgeva il Secondo Tempio prevalse sinat hinam (“odio incondizionato”). Questo ci insegna che l’odio incondizionato è da ritenersi grave tanto quanto i peccati d’idolatria, immoralità e spargimento di sangue messi insieme. (b.Bavli, Yoma 9b)

L’odio da Ebreo ad Ebreo porterà a più distruzione, più miseria, e più alienazione. L’odio di Ebreo ad Ebreo indebolirà il nostro popolo e debiliterà la nostra missione di popolo di Dio.

Permettetemi di finire con una storia toccante. E’ una storia dell’Olocausto che ha un importante messaggio per noi questa sera.

Il Rabbino Leo Baeck fu il rabbino della più grande sinagoga Liberale di Berlino quando i Nazisti vennero al potere in Germania. Egli mandò molti suoi studenti in Inghilterra e nel Nord America per fuggire dall’imminente morte. Ma egli si rifiutò di scappare. Egli sostenne che finché anche un solo Ebreo nella sua congregazione rimaneva a Berlino era suo dovere rimanere in città. Ogni Shabbat pomeriggio egli serviva il tè agli studenti nel Collegio Rabbinico e li avvertì del suo piano di mandarli via dalla Germania. Un Shabbat pomeriggio uno dei suoi studenti, Hans Warschauer, aprì il suo cuore al Rabbino Baeck. Era pieno di dubbi, sull’orlo della disperazione. Quando Warschauer finì, Baeck gli disse cinque parole in tedesco: Wir Juden haben alte Augen Noi Ebrei abbiamo occhi vecchi. Con queste parole Baeck intendeva dire che alcuni di noi potrebbero morire. Ma noi sopravviveremo. Wir Juden haben alte Augen Noi Ebrei abbiamo occhi vecchi. Sì, noi Ebrei abbiamo occhi vecchi perché abbiamo resistito ai Babilonesi l’’Asara b’Tevet’ nel 588 prima dell’era volgare, e siamo sopravvissuti all’Olocausto dal 1933 al 1945 perché avevamo maestri, rabbini, saggi e gente comune che avevano Alte Augen/ occhi vecchi; occhi colmi di saggezza, umanità e la visione di rimpiazzare sinat hinam, con ahavat hinam, ahavat col yisrael; di rimpiazzare l’odio incondizionato con l’amore incondizionato, l’ amore per tutti i figli d’Israele.

Hag Urim Same’ah Possano le luci di Hanukkah riempire i vostri occhi con luce, saggezza e gentilezza.

ADEI/WIZO Milano
11 December 2007/3 Tevet 5768