Il Brit Milà tra precetto, normativa, attualità e bioetica. Principi astratti e valori concreti.

di Ester Moscati

Un’immagine del Titanic che affonda. I passeggeri nelle acque gelide, le braccia alzate a cercare un impossibile aiuto. Che cosa c’entra con la milà, la circoncisione? C’entra. Rav Di Segni racconta: «Un bambino ebreo fu strappato dalle braccia della madre e gettato dalla scialuppa da un uomo pazzo di paura. Cadde in grembo a una donna che lo rivendicò come suo, dato che aveva perso tutti i suoi cari nel naufragio. Ma la milà fece riconoscere il piccolo come ebreo e fu restituito alla vera madre». Identità, quindi. La milà come segno di appartenenza e in questo caso di salvezza e giustizia. Ma in altri tempi  – pensiamo alla Polonia dei ghetti, alla Germania nazista – fu una condanna. Ma sempre, comunque, segno di identità. Così Rav Riccardo Di Segni, Rabbino capo della Comunità di Roma e vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica, inizia il suo interessante intervento all’incontro organizzato da Kesher in collaborazione con AME – Associazione Medica Ebraica: “Bioetica medica: la circoncisione inserita nel contesto storico attuale”. Con rav Riccardo Di Segni sono intervenuti Daniela Ovadia (giornalista medico-scientifica), Daniela Dawan (avvocato penalista),  Rav Roberto Della Rocca, Giorgio Mortara. Tutto questo,  lunedì 4 marzo presso la sede del Noam.

Rav Di Segni spiega come gli attacchi alla Milà che oggi provengono dal mondo anglosassone, cristiano, e dal Nord Europa, come segno di laicità, abbiano una lunga storia alle spalle. «Risalgono addirittura al periodo ellenistico, ai tempi di Chanukkà. Il culto greco del corpo vedeva la milà come una mutilazione. Ma per l’ebraismo, è la milà che ‘ripara’ una imperfezione congenita e riporta il corpo all’integrità».

Gli attacchi alla milà sottintendono una ostilità antiebraica che nel corso della storia  si è sempre ammantata di “valori” positivi. Contro la “separatezza” ebraica in nome di una  religione universale; contro Israele per i diritti dei palestinesi, contro la shekità per i diritti degli animali che soffrono, contro la milà per il diritto dei bambini alla autodeterminazione. «È un vero scontro di civiltà – dice Rav Di Segni – Ma per noi non c’è nessuna possibilità di compromesso. Nella Torà ci sono doveri e i diritti nascono di conseguenza». Ma il medico Di Segni spiega anche i vantaggi della circoncisione, che nel tempo l’ha resa una pratica di routine in America, tanto che oltre il 60 per cento degli abitanti di Canada e Stati Uniti sono oggi circoncisi. «Prevenzione del cancro del pene, che ha una concausa infettiva; è stato dimostrato che la diffusione dell’Aids è limitata tra i circoncisi, come pure il contagio da Hpv (papillomavirus) e altri germi. Inoltre, tra le donne ebree con partner ebreo è ridotto il cancro della cervice uterina. Certo, ci sono anche controindicazioni: malformazioni, infezioni, emorragie… ma conseguenze severe sono estremamente rare». La dissertazione di Rav Di Segni comprende un excursus storico che va dall’epoca biblica, con le regole sulla schiavitù (lo schiavo veniva circonciso perché entrava a tutti gli effetti nella famiglia, e restava ebreo anche da libero), all’epoca ellenistica e romana, fino ai nostri giorni.

Se Giorgio Mortara, presidente dell’Ame-Italia, afferma che «la milà deve essere praticata  da medici abilitati all’esercizio della professione, oppure da esperti circoncisori anche non laureati, che abbiano conseguito un’adeguata formazione tecnica (eventuale albo), con l’assistenza di un medico chirurgo, meglio se pediatra, scelto dalla famiglia in grado di far fronte a ogni eventuale complicanza e garantire una adeguata assistenza al neonato anche nel decorso post-operatorio. È, inoltre, compito e responsabilità del medico presente eseguire una visita pediatrica pre-operatoria per escludere la presenza di controindicazioni anche halahiche; stabilire le modalità tecniche e ambientali (sterilità, illuminazione) da adottare per il rispetto di una corretta pratica professionale; ottenere il consenso informato da parte di entrambi i genitori»; Rav Di Segni invece è sì d’accordo con l’istituzione di un albo dei moalim, che consenta loro anche di premunirsi con un’assicurazione, ma è contrario all’imposizione della presenza di un medico, che sarebbe responsabile legalmente di un atto che non compie.

Daniela Ovadia con Paola Boccia di Kesher

Daniela Ovadia, giornalista medico-scientifica, che insegna bioetica all’università di Pavia, presenta «le buone ragioni della controparte. Sebbene vi possano essere, dietro ad alcune sentenze contro la circoncisione maschile, delle pulsioni di tipo antisemita o antislamico, resta un fatto che questa pratica per noi così vitale solleva non pochi problemi bioetici. È giusto che anche tra gli ebrei si conoscano le regioni (quasi tutte molto valide) per cui non è possibile compiere atti chirurgici non dettati da ragioni cliniche senza una precisa normativa in merito, specialmente quando si tratta di minori. Questa è anche la ragione per cui l’opposizione alla circoncisione non riguarda più solamente il mondo non ebraico ma comincia a interessare gruppi sempre più numerosi di ebrei, in Israele (israeliani laici che vogliono essere a-religiosi)  e nella diaspora, e non da parte del mondo Reform – precisa -. È utile anche conoscere da dove nasce l’idea che un individuo, piccolo o grande che sia, ha dei diritti individuali sul proprio corpo che non possono essere esercitati al suo posto nemmeno dai genitori, a meno che non vi sia un preciso quadro di regolamentazione. La bioetica è lo strumento giusto per risolvere i conflitti tra visioni etiche diverse, perché, quando usata correttamente, permette di giungere a compromessi che rendono accettabile per la società tutta una pratica che è tale solo per una parte di essa». All’indomani dalla fine della seconda guerra mondiale, proprio a Norimberga, ancora disgustati da ciò che i medici nazisti furono capaci di fare ad altri esseri umani, si stabilirono, nell’aprile del 1947,  regole e limiti: il diritto all’integrità corporea, il divieto di atti medici non necessari, la necessità del consenso per ogni atto medico. Regole e limiti che sono stati in seguito approfonditi nella dichiarazione di Helsinky del 1975 e con la Convenzione di Oviedo nel 1997 per la protezione dei diritti dell’uomo riguardo alle applicazioni biologiche e mediche.  «Oggi l’opposizione alla milà nasce soprattutto lì dove sono forti i movimenti per i diritti umani. È stato indetto un referendum a San Francisco per abolire la circoncisione, che però non è passato. Ma spesso si gioca in modo ambiguo e si fa confusione tra milà e infibulazione. La stessa Osm e altri organismi impegnati contro le mutilazioni genitali femminili non apprezzano questa falsa commistione “di principio” proprio per la gravità dell’infibulazione e le sue drammatiche, certe e definitive conseguenze pratiche». Daniela Ovadia ha poi presentato un quadro della situazione normativa in diversi Paesi, dalle opposizioni in Gran Bretagna e Germania, ai divieti tassativi in alcuni stati del Sud Africa e dell’Australia.

E il problema giuridico-legale, la definizione di atto medico e la responsabilità penale sono stati affrontati da Daniela Dawan, avvocato penalista. «Mi è capitato di assistere un moèl indagato, in un paesino del Veneto. La madre, spaventata da un sanguinamento – in realtà nulla di serio –  il giorno successivo alla milà, ha portato il suo bimbo al pronto soccorso e il medico ha denunciato il moèl. I carabinieri lo hanno interrogato. “Lei è un medico?” “No, sono un commerciante di preziosi. E ho l’autorizzazione del rabbinato israeliano a praticare la circoncisione”. Comprensibile lo sbalordimento dei carabinieri di fronte a tanta ingenuità. Lo hanno accusato di lesioni volontarie aggravate e abuso della professione medica. Non è stato facile convincere il pubblico ministero, di fronte al moèl che  ripeteva di essere autorizzato dal rabbinato di Israele e quindi “aveva diritto di farlo”. Ma è stato proprio dimostrando che la milà non è un atto medico e che la lesione in senso legale è una  “apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo” – quindi estranea alla milà – che il caso è stato archiviato. Il quadro normativo in Italia è carente, c’è solo l’art. 19 della Costituzione sulla libertà di culto e la legge di Intesa (101/89). È generica, non entra nel merito della milà. Ma visto che nell’ordinamento giuridico italiano, ciò che non è vietato, è consentito; vige il divieto dell’analogia in malam partem perché la norma penale è tassativa e determinata, io dico, meno normativa c’è più margini abbiamo di libertà. Perché sia configurato un reato ci deve essere una condotta materiale e l’elemento soggettivo, il dolo o la colpa.

Inoltre, il Comitato Nazionale di bioetica fa riferimento alla circoncisione ebraica e islamica e consente quella ebraica per la facilità dell’intervento vista l’età del “paziente”, e per l’estrema rarità di conseguenze negative».

Rav Arbib - Rav Della Rocca

Le conclusioni della serata sono state affidate a Rav Alfonso Arbib, Rabbino capo di Milano, e a Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dec – dipartimento educazione e cultura Ucei e di Kesher.

Rav Arbib ha spiegato che per Avraham Avinu si poneva, nell’accettare la milà, il problema del rapporto con gli altri. Con il “segno della separazione”, avrebbe potuto continuare ad avere un rapporto di chesed (amore) nel mondo, con il suo prossimo? E poi il tema dell’integrità del corpo. Il Signore disse ad Avraham: «Procedi davanti a me e sii integro». Per l’ebraismo non esiste una integrità a priori, ma è c’è un processo verso l’integrità, che va conquistata.

Rav Della Rocca, citando il Mahral di Praga spiega perché la milà si fa proprio a 8 giorni. 8 può essere definito il numero ebraico per eccellenza, perché è 7+1, quindi la metafisica,  il giorno che va oltre il mondo fisico rappresentato dal 7 come i 7 giorni della settimana. Il bambino quindi, l’ottavo giorno, entra nel mondo della mitzvà, nel mondo della dimensione spirituale e  metafisica.

Oggi la scienza ci dice che proprio nell’ottavo giorno il corpo umano raggiunge i livelli ottimali per la coagulazione del sangue. Lo sapevano già i nostri maestri in epoca biblica? È una rivelazione divina piena di saggezza – anche igienico-sanitaria?

Dice Moise Levy, medico e studioso di pensiero ebraico: «La milà è il bene dell’anima. Se non c’è il Brit per un ebreo non c’è niente, è il contratto indispensabile che lega all’identità ebraica anche una persona lontana dalle tradizioni, dalla Torà ed dagli studi: è la prima vera Mitzvà».

È possibile ascoltare la registrazione audio dell’incontro sul sito libri.levy.it. Clicca QUI

Mentre sul Canale YouTube del Rabbinato di Milano sono disponibili i video dei vari interventi. Clicca QUI

Rav Riccardo Di Segni, Daniela Dawan, Rav Roberto Della Rocca
Rav Riccardo Di Segni, Daniela Dawan, Rav Roberto Della Rocca