Brit Milà: bioetica e tradizione. Una serata per confrontarsi e fare il punto

Ebraismo

di Ilaria Myr

“Pratica barbara, mutilazione, lesione grave ai danni dei bambini”. Dalla Germania alla Norvegia, le comunità ebraiche hanno, nei mesi scorsi, tremato. La circoncisione è stata messa in discussione da sentenze, proposte di legge, tribune popolari.
Ma la milà è cosa ben diversa, non costituisce lesione né danno perché non si altera la funzionalità dell’organo. È il segno del Patto, Brit, tra Avraham e HaShem, tradizione millenaria e imprescindibile per il popolo ebraico e per i discendenti di Ishma’el. L’origine nella Torah (scritta) del precetto, e la stessa denominazione che lo identifica, «Brit Avraham Avinu» (il Patto di Avraham nostro Padre), o più semplicemente «Brit», cioè «il patto», per antonomasia, si riferiscono soprattutto a Gen. 17, 10: “Questo è il mio Patto che stipulo con te (Avraham) … ogni maschio sia  circonciso per voi”. Questo segno (Ot), diventa un obbligo, la cui trasgressione viene punita con la severissima pena del karet, per tutti gli aventi diritto ai benefici del patto di Avraham.
In Germania, in dicembre, dopo mesi di polemiche, il parlamento tedesco ha votato con 434 voti a favore e 100 contrari, il disegno di legge che protegge la circoncisione sui neonati. La nuova legge stabilisce che i genitori possono decidere di sottoporre il proprio figlio alla circoncisione, se questa rispetterà i protocolli medici professionali. L’operazione potrà essere eseguita sia da un medico sia da una persona designata dalla comunità religiosa, nei primi sei mesi successivi alla nascita di un bambino. Il presidente del Congresso Ebraico Europeo, Moshe Kantor, ha dichiarato che con questa nuova legge viene tutelato il diritto della comunità ebraica a praticare la circoncisione religiosa. «Il governo tedesco – ha detto Kantor – va elogiato per aver cercato una formula adeguata a tenere conto delle diverse opinioni in merito alla questione, e per aver affermato al contempo il diritto degli ebrei, e di altre minoranze religiose, a continuare tradizioni che sono vitali per il mantenimento della nostra comunità».
Ma il tema resta d’attualità, e soprattutto nei paesi del nord-Europa, dove la tendenza laicista si è consolidata, la circoncisione è una pratica continuamente messa di discussione.

Delle implicazioni mediche e sociali e della situazione attuale della Milà si parlerà Lunedì 4 Marzo alle ore 20.00, presso la sede del Noam in via Montecuccoli 27, in una serata organizzata da Kesher in collaborazione con AME: “Bioetica medica: la circoncisione inserita nel contesto storico attuale”. Interverranno rav Riccardo Di Segni (medico e Rabbino Capo CER), Daniela Ovadia (giornalista medico-scientifica), Daniela Dawan (avvocato penalista). Introducono rav Yacov Simantov (Rabbino Noam) e rav Roberto Della Rocca. La conclusione dell’incontro è affidata a rav Alfonso Arbib (Rabbino Capo CEM).
La serata è riservata agli iscritti alla Comunità ebraica.

Dice Daniela Ovadia: «Sebbene vi possano essere, dietro ad alcune sentenze contro la circoncisione maschile, delle pulsioni di tipo antisemita o antislamico, resta un fatto che questa pratica per noi così vitale solleva non pochi problemi bioetici. È giusto che anche tra gli ebrei si conoscano le regioni (quasi tutte molto valide) per cui non è possibile compiere atti chirurgici non dettati da ragioni cliniche senza una precisa normativa in merito, specialmente quando si tratta di minori. Questa è anche la ragione per cui l’opposizione alla circoncisione non riguarda più solamente il mondo non ebraico ma comincia a interessare gruppi sempre più numerosi di ebrei, in Israele e nella disapora. È utile anche conoscere da dove nasce l’idea che un individuo, piccolo o grande che sia, ha dei diritti individuali sul proprio corpo che non possono essere esercitati al suo posto nemmeno dai genitori, a meno che non vi sia un preciso quadro di regolamentazione. La bioetica è lo strumento giusto per risolvere i conflitti tra visioni etiche diverse, perché, quando usata correttamente, permette di giungere a compromessi che rendono accettabile per la società tutta una pratica che è tale solo per una parte di essa. Spero che dalla discussione di lunedì possano emergere le diverse posizioni in merito ma soprattutto la necessità di non dare per mai per scontato che ciò che facciamo è giusto di per sé, prima di aver compreso le ragioni altrui. È l’unico modo che conosco per far sì che anche gli altri facciano propri, o almeno comprendano, i nostri valori».

L’avvocato Daniela Dawan affronterà gli aspetti giuridico-legali legati alla milà, ponendo interessanti e stimolanti quesiti: «Un diritto può concretare al tempo stesso un reato? La circoncisione rituale, il Brit Milà, è divenuta, nel corso di questi ultimi anni, un delicato territorio di confine tra il libero esercizio del culto, espressione del diritto di libertà religiosa tutelato dalla legge, e fatti di rilevanza penale. Chi e in quali contesti praticarla? Davvero una grande mitzvà come questa rischia di integrare il reato di lesioni volontarie aggravate?».

Giorgio Mortara, medico, moèl e presidente dell’Associazione Medica Ebraica – Ame, porta il punto di vista medico e la sua esperienza di moèl: «Un atto medico è quello diretto alla prevenzione, alla diagnosi o alla cura delle malattie fisiche o psichiche, oppure al lenimento del dolore. Da questo si deduce che la circoncisione non è un atto medico, perché non ha alcun fine terapeutico bensì è un atto di natura esclusivamente religiosa che deve però comunque seguire le regole mediche per la salvaguardia della salute del bambino». Le norme in vigore, spesso, non sono chiarissime.

Il Comitato Nazionale di Bioetica (25 settembre 1998)  ha dichiarato che la circoncisione rituale maschile è compatibile con l’articolo 19 della Costituzione italiana, che riconosce completa libertà di espressione cultuale e rituale sia a livello individuale sia collettivo. Allo stesso tempo, però, è sottolineato che la circoncisione rituale lede, di per se stessa, altri beni-valori costituzionalmente protetti quale, ad esempio, quello della tutela dei minori o quello della loro salute. Quello che però è certo è che in Italia la circoncisione per motivi religiosi non si può fare in strutture pubbliche, a carico del SSN, perché rappresenta un atto medico, ma non terapeutico e costituisce un aggravio non giustificato alla sanità pubblica. Pertanto, in seguito alla sentenza n. 7441 dell’8 maggio 2007 della Corte di Cassazione, rischiano una condanna per truffa il medico e i pazienti che si fanno circoncidere presso una struttura sanitaria pubblica (o privata convenzionata), mascherando l’intervento, puramente religioso, per un intervento terapeutico. «Prima di questa sentenza – prosegue Mortara – anche io  avevo spesso praticato delle millòt in strutture pubbliche ottenendo dalla direzione sanitaria, d’intesa con il rabbinato centrale, la possibilità della presenza in sala operatoria di Rabbanim. Per i neonati fino alla metà degli anni ’90 ho eseguito la milà in casa o al tempio o in altre strutture non sanitarie o protette a Milano, Mantova e Verona e perfino a Lugano presso il ristorante dei lubavitch alla presenza di un moèl che alla fine mi disse: “ha kol  beseder ma nel tempo che lei ha fatto una milà io ne facevo 10”. D’altra parte eseguire la circoncisione in strutture sanitarie  private ha costi anche molto elevati, non sostenibili da molte famiglie. Per ovviare a questo problema, successivamente ho ottenuto di praticare la milà per i neonati  in struttura  privata  a costi per la famiglia  equivalenti a quello dei LEA, comprendenti la sala operatoria,  una stanza per la degenza in modo da poter festeggiare l’evento. Non emettevo l’onorario della mia prestazione in quanto ero grato ai genitori perché mi permettevano di fare una mitzvà ed invitavo loro a fare un’offerta a una istituzione ebraica». Dal canto suo, l’AME, Associazione Medica Ebraica – Italia, presieduta da Mortara, ha assunto una  posizione chiara, che tiene conto della vigente  legislazione italiana. La milà deve essere praticata  da: medici abilitati all’esercizio della professione, oppure da esperti circoncisori anche non laureati, che abbiano conseguito un’adeguata formazione tecnica (eventuale albo), con l’assistenza di un medico chirurgo, meglio se pediatra, scelto dalla famiglia in grado di far fronte a ogni eventuale complicanza e garantire una adeguata assistenza al neonato anche nel decorso post-operatorio. È, inoltre, compito e responsabilità del medico presente eseguire una visita pediatrica pre-operatoria per escludere la presenza di controindicazioni anche halahiche; stabilire le modalità tecniche e ambientali (sterilità, illuminazione) da adottare per il rispetto di una corretta pratica professionale; ottenere il consenso informato da parte di entrambi i genitori.

Moisè Levy, medico e studioso di Pensiero ebraico, traduttore tra l’altro dello Shulhan Aruk, spiega: «La milà è il bene dell’anima. Se non c’è il Brit per un ebreo non c’è niente, è il contratto indispensabile che lega all’identità ebraica anche una persona lontana dalle tradizioni, dalla Torà ed agli studi: è la prima vera Mizvà. Pericoloso? Tutte le operazioni chirurgiche possono esserlo. Certo, è necessario che vi sia anche l’assistenza di un medico. Ma chi parla di barbarie e crudeltà è solo spinto da convinzioni antisemite».

Per approfondire il tema, vi consigliamo di leggere su Mosaico l’articolo in due parti, Il Berit Milà. Origini storiche della Circoncisione e fonti bibliche del Precetto e Berit Milà: evoluzione del concetto di Milà nel Periodo biblico, post biblico e nella storia della Alahà di Chaim Magrizos, medico pediatra a Torino, che ha studiato presso la Scuola Rabbinica Margulies-Disegni.