Google Chrome e quel tool per riconoscere gli ebrei

Tecnologia

di Davide Foa

Fino a pochi giorni fa bastava scaricare da internet un’estensione di Google Chrome per riconoscere o meno l’ebraicità in una persona. Ebbene sì, il motore di ricerca si preoccupava di distinguere gli ebrei, delimitando i nomi di costoro con tre parentesi.

Dopo 2.500 download, Google ha finalmente deciso di rimuovere tale funzionalità, che violava palesemente la policy contro le discriminazioni.

Nel frattempo però, diverse persone “sono state marchiate” da quelle parentesi. Il passo dall’identificazione alla persecuzione, come la storia insegna, è stato brevissimo. Chiunque avesse un nome riconducibile al mondo ebraico, fosse un giornalista o un candidato politico, è stato prima marchiato con le tre parentesi, quindi insultato e denigrato sui social network.

Tale sistema è stato utilizzato principalmente dal movimento americano di destra “al-right”, apertamente schierato e legato a Donald Trump.

Ne sa qualcosa la giovane attivista ebrea americana Erin Schrode. La venticinquenne, che spera di diventare la più giovane rappresentante presso il Congresso degli Stati Uniti, è stata infatti presa di mira sul web dal gruppo neo-nazista sopracitato.

La risposta di Schrode, candidata con il partito democratico, è stata semplice e coraggiosa; ha deciso di riportare su Facebook tutti gli insulti e le minacce ricevute, aggressioni verbali marcate da sentimenti antisemiti evidenti. Un esempio: “Vai via dal mio paese, ebrea. Torna in Israele, dove appartieni. Lì o nel forno. Fai la tua scelta”.

Di fronte ad un tale aumento dell’antisemitismo via-web, c’è chi ha deciso di reagire senza nascondersi. È il caso di Jeffrey Goldberg, corrispondente per il The Atlantic; il giornalista ha risposto con le stesse armi dei suoi nemici, modificando il suo nome su Twitter in (((Goldberg))), utilizzando quindi le già citate tre parentesi identificative. Lo stesso ha fatto anche Yair Rosenberg di Tablet Magazine, incitando poi i suoi “followers” ha seguire il suo esempio in modo da “aumentare la consapevolezza riguardo l’antisemitismo,  mostrare solidarietà agli ebrei discriminati nonché infastidire i nazisti su Twitter”, come si legge su Haaretz.

Molti non ebrei hanno deciso di aggiungere le tre parentesi al proprio nome, tra questi vi è Cornell Brooks, presidente della NAACP (Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore), ma anche Neera Tanden, presidente del Centro per il progresso americano, anch’essa presa di mira con insulti antisemiti, nonostante sia Indio-americana e non certo ebrea.

D’altra parte, c’è anche chi preferisce combattere l’antisemitismo in altro modo, senza per forza ricorrere all’auto-identificazione. Questo è il caso della giornalista Julia Ioffe, che ha da subito dichiarato di non sentirsi a proprio agio con il nome inserito in “parentesi antisemite”.

Anche in questo caso, come accaduto per Schrode, gli attacchi antisemiti sono giunti da sostenitori di Trump, che hanno deciso di bersagliare la Ioffe dopo un suo articolo riguardante la moglie del candidato repubblicano, Melania. La stessa Ioffe ha dichiarato ad Haaretz di capire lo scopo della campagna “delle tre parentesi”, ma allo stesso tempo ritiene che questa possa aumentare le discriminazioni anziché diminuirle.

Non è mancato poi l’intervento di ADL, Anti Defamation League, il cui CEO, Jonathan A. Greenblatt ha affermato: “Non c’è un solo antidoto per l’antisemitismo postato su Twitter. Una risposta efficace include investigare ed esporre le fonti d’odio, far rispettare certe condizioni del servizio, e promuovere iniziative di replica. Dalla nostra prospettiva, lo sforzo di  Goldberg e altri, ovvero appropriarsi delle parentesi, è un esempio positivo di ingegnosa replica”.

Certamente il problema dell’antisemitismo online non sarà risolto unicamente dalla campagna di Goldberg, che per altro sta perdendo sempre più peso e adesioni con il passare dei giorni.

E dunque il problema di come affrontare queste aggressioni è e sarà questione di non poco conto, da risolvere o per lo meno combattere, giorno per giorno.

Due le strade possibili, c’è da capire quale sia la migliore: ignorarli o metterli in risalto?