Tanti auguri al grande ribelle Allen Ginsberg, avrebbe 90 anni

Taccuino

di Roberto Zadik

Molti pensano che parli sono di vivi, in questo mio blog e altri credono che sia fissato con cantanti o registi, ma intendo ampliare il quadro di questo mio blog “Zadikshow” con poeti, scrittori, autori di grande personalità del mondo ebraico che hanno influenzato il Novecento attraverso la loro personalità e il loro talento. In questo blog intendo anche dare un tocco vivace e personale alla cultura descrivendo oltre alle biografie e ai freddi percorsi artistici ufficiali, freddi e un po’ piatti che spesso si trovano in giro, anche qualcosa di più su artisti, scrittori e registi del mondo ebraico di oggi, magari inserendo qualche curiosità e simpatico gossip per insaporire  i miei articoli.

Ebbene in tema di omaggi e ricordi di grandi talenti  non potevo astenermi da menzionare un’incredibile personaggio come  il poeta americano Allen Ginsberg, figura complessa, trasgressiva e fragile, uno dei “padri” della Beat Generation, assieme a Jack Kerouac autore di “Sulla strada” e a William Buroughs, suo capolavoro “Il pasto nudo” e della cosiddetta “Controcultura” hippie americana che si diffuse dalle metà degli anni Sessanta. Scomparso a 70 anni nel 1997, Ginsberg, lo scorso 3 giugno avrebbe compiuto 90 anni. Dimenticato dalle nuove generazioni, questo stravagante poeta e scrittore, si segnalò assieme a Norman Mailer o a Philip Roth, nacquero anche nello stesso comune, a Newark nel New Jersey come anche il cantautore Neil Diamond, per l’anticonformismo, la sincerità e l’ironia caustica e la vena ribelle delle sue poesie e dei suoi interventi pubblici.

Figura chiave della letteratura ebraica e statunitense del ‘900, nato da una famiglia ashkenazita di ebrei russi, Ginsberg sviluppò da subito una personalità curiosa e inquieta, Gemelli ascendente Pesci, timida e avventurosa incontrando alla Columbia University i suoi due amici inseparabili come Kerouac, con cui ebbe un rapporto molto conflittuale e con lo scrittore e spacciatore Burroughs e assieme, con due altri autori e amici, come Lawrence Ferlinghetti e Neil Cassady che piaceva a Ginsberg, passarono momenti eccessivi e estremamente creativi. Lo dimostrano le poesie della sua raccolta di versi  “The Howl”,L’Urlo, che ricorda l’angoscia esistenziale del celebre quadro di Munch e capolavori come “Kaddish” struggente poesia per la morte dell’adorata madre Naomi che impazzì quando il poeta aveva solo sette anni. Dissacrante e sentimentale, vagabondo e studente tutt’altro che brillante venne cacciato dall’Università e dovette arrangiarsi con vari lavoretti vivendo dove capitava. Ginsberg  coi suoi spessi occhiali da intellettuale e lo sguardo arguto e al tempo stesso assente, coi suoi discorsi e i suoi versi onirici, mi viene in mente “Jukebox all’Idrogeno”, stimolò la protesta americana antimilitarista ai tempi della Guerra del Vietnam, diventando leader giovanile, acceso pacifista e attivista per i diritti dei gay e dei più deboli e stringendo amicizia col grande Bob Dylan con cui scrisse una delle sue canzoni più belle “Subterranean Homesick blues” apparendo nel video della canzone nel 1965 quando ancora i video musicali dovevano essere inventati. Per certi versi Ginsberg mi ricorda molto il grande cantautore newyorchese e correligionario, Lou Reed, anche se era meno cupo  e esistenziale e più apertamente polemico e ribelle.

Viaggiatore instancabile, da segnalare il suo bellissimo “Diario Beat” che riassume la sua poetica da “Rimbaud all’americana “ fatta di sregolatezza, eccessi e sperimentazione raccontate con quello stile lucido e incisivo che ha sempre caratterizzato il suo modo di scrivere. Un personaggio difficile, affascinante, scomodo che appare totalmente dissonante dall’immagine spesso molto casta e perbenista di una certa letteratura  e dallo stereotipo dell’ebreo interessato solo agli affari e al denaro. Ginsberg fu un personaggio spirituale e immateriale, simpatizzò per il buddismo e per il comunismo, si oppose al maschilismo, al materialismo e alla mentalità puritana dell’America anni ’60 suscitando scandalo e polemica per diverse sue prese di posizione sulla sessualità, era omosessuale e sulle droghe che spesso assunse nella sua vita. Visse con semplicità, comprando vestiti di seconda mano e vivendo in un piccolo appartamento a Est della Grande Mela, a New York assieme al fidanzato di una vita, Peter Orlovsky. Allergico a qualsiasi dogma o restrizione, Ginsberg venne tradotto in Italia dalla brava Fernanda Pivano che portò nel nostro Paese la letteratura americana, subendo censure e avendo spesso vita difficile e vivendo più come una rockstar che come un tranquillo poeta. Venne arrestao nel 1967  al festival di Spoleto per comportamenti osceni e varie volte le radio americane si rifiutarono di trasmettere i suoi interventi a causa del linguaggio spesso tagliente, esplicito e provocatorio . Figlio dell’era hippie e delle contraddizioni dell’America e del ‘900, Ginsberg si ispirò a grandi letterati, da Keats, a Wiliam Blake, poeta e pittore visionario che ispirò anche Jim Morrison, da Walt Whitman a Rimbaud, da Kafka e da Emily Dickinson attingendo da varie ispirazioni, dalla pittura cubista e surrealista del dadaismo o di Paul Cezanne, alle religioni orientali fino dalla musica jazz e dal suo idolo Charlie Parker. Personaggio estremamente colto, versatile e intelligente, fu un innovatore anticipando, dieci anni prima, dalla fine degli anni ’50, tutta la ribellione che sarebbe esplosa nel mondo nel 1968. Con gli anni divenne più tranquillo, tenendo lezioni universitarie, come suo padre Louis, che era docente universitario e divenendo una star del mondo culturale americano che dopo averlo spesso osteggiato lo riconobbe come uno dei suoi più brillanti rappresentanti. Morì di cancro al fegato il 5 aprile 1997 a 70 anni, dopo una vita vissuta all’insegna dell’originalità, dell’eccesso e della stravaganza combattendo per la cultura, lo scambio di idee e la libertà d’espressione.