Il regista Milos Forman

Addio al grande Milos Forman, le radici ebraiche di uno straordinario regista

Taccuino

di Roberto Zadik
Un gigante del cinema colto, raffinato e impegnato come Jan Tomas Forman meglio noto come Milos si è spento, lo scorso 13 aprile, a 86 anni e la notizia ha immediatamente fatto il giro del mondo.

Acclamato dalla critica, osannato da un certo pubblico sofisticato e sconosciuto alle masse, famoso fra gli anni 70’ e 80’ per capolavori come “Amadeus” del 1984 e per “Qualcuno volò sul nido del cuculo” del 1975 – viaggio nei meandri della follia con un immenso Jack Nicholson -, Forman nasconde una interessante ma complicata storia ebraica da parte paterna.

Nato il 18 febbraio 1932 (Acquario) da genitori protestanti,  insegnanti e liberali, oppositori del nazismo e patriottici, i suoi genitori perirono nei lager non come ebrei ma come membri della Resistenza contro la Gestapo e il piccolo Tomas crebbe, come racconta il suo sito, con gli zii vivendo una infanzia problematica. Ma cosa aveva di ebraico Forman? Come mi è successo per altri personaggi, da Vittorio Gassman, a Peter Sellers, alla probabile ascendenza ebraica paterna di Francois Truffaut, anche il lato ebraico di questo importante cineasta, di non comune sensibilità e versatilità, è sempre rimasto nell’ombra e lui stesso non ne parlò mai apertamente.

Stando a varie fonti, il suo padre biologico era l’architetto ebreo Otto Kohn, sopravvissuto agli orrori della Shoah e emigrato con la sua famiglia in Ecuador, dove visse assieme al figlio Joseph che divenne Docente di Matematica nel prestigioso ateneo della Princeton University. Il regista crebbe invece in Cecoslovacchia, diviso fra gli zii e l’orfanotrofio della cittadina di Podebrady dove ebbe come compagni di scuola nientemeno che Vaclav Havel, futuro presidente cecoslovacco. Carattere tenace, indipendente e fantasioso, il regista, nonostante questa tormentata infanzia, riuscì a affermarsi prima nel teatro e poi in tv, come commentatore sportivo, come dice il suo sito anche se la vera svolta avvenne negli anni ’60 quando comprò la sua prima telecamera. Da lì non smise più di dirigere prima documentari amatoriali, poi film veri e propri emigrando in pieno regime comunista nel 1967 quando iniziò a lavorare con la Paramount Pictures. Forse in virtù della sua origine ebraica, uno dei suoi primi film  da lui realizzati fu l’adattamento cinematografico del romanzo “America” di Kafka, da li iniziò la sua scintillante carriera vivendo nella scintillante New York anni ’70 , nella scena hippie e colta del quartiere di Greenwich Village e diventando amico di attori come Michael Douglas, anche lui di origini ebraica e figlio del grande Kirk e del produttore ebreo americano Saul Zaentz che produsse “Amadeus”.

Personaggio brillante, versatile e estremamente fantasioso con una carriera di più di mezzo secolo, Forman ha saputo passare disinvoltamente e grintosamente da vari registi espressivi sbagliando mira raramente. Infatti nel suo lungo e articolato percorso registico e creativo, il cineasta ha saputo giostrarsi molto bene dalla classica col formidabile “Amadeus” uno dei suoi film più emozionanti, sia per regia che per attori incredibili, come Tom Hulce nei panni del protagonista Mozart e Murray Abraham, suo acerrimo rivale Salieri, e rivisto nel bel film. “Il nome della Rosa” adattamento francese del best seller di Umberto Eco,  al dramma con “Qualcuno volò sul nido” e “Ragtime” e entrambi pluripremiati negli anni ’70, per arrivare alle biografie di Larry Flynt e del comico ebreo americano Andy Kaufman interpretato da un bravo Jim Carrey in “Man on the moon” ispirato dal titolo da una famosa canzone  anni ’90 dei Rem. Come Chaplin, Mankiewicz, Cukor , Polanski o Billy Wilder, anche Forman fu uno dei cineasti europei che riuscì a affermarsi a Hollywood portando negli Usa la profondità e i contenuti della sua Cecoslovacchia e forse della sua ebraicità sommersa.