Israele: Omaggio a Amos Oz, dopo le celebrazioni dello Yom Hazmaut, una delle voci di punta dello Stato ebraico compie 78 anni

Taccuino

di Roberto Zadik

A ridosso delle celebrazioni per il 69esimo compleanno di Israele, con la festa di Yom Hazmaut, e del vandalismo alla targa dedicata a un grande personaggio come Rabin, in questo blog, intendo rendere tributo a una delle principali voci narranti israeliane lo scrittore, saggista e docente di Letteratura, Amos Oz. Penna arguta e realistica, autore prolifico, dai modi schietti e sornioni, già dalla scelta del suo pseudonimo, “Oz” in ebraico significa “forza”, Amos Klausner, questo il suo vero nome, ha voluto mostrare al mondo la sua forza espressiva e la capacità di rinascere dopo un adolescenza molto problematica.

Figlio di immigrati dall’Europa Orientale – il padre era un tranquillo bibliotecario lituano e la madre nata in Ucraina, che al tempo era Polonia -, lo scrittore è nato a Gerusalemme il 4 maggio 1939 (segno Toro). Come un altro grande Yoram Kaniuk, nato il 2 maggio del 1930. A soli 12 anni sua madre, a causa della depressione si è suicidata e per il piccolo Oz è stato un trauma che lo ha spinto a andare in Kibbutz di Hulda a vivere e lavorare la terra. Adottato da una famiglia del luogo, gli Huldai imparentati con l’attuale sindaco di Tel Aviv, ha iniziato a sviluppare quella passione per la letteratura, la cultura e l’introspezione che l’ha reso celebre come autore colto, laico, di sinistra. Amico dello scomparso Shimon Peres e di uomini di stato come Ben Gurion, l’autore ha ereditato l’amore per le lettere da suo padre con cui si è scontrato spesso per le idee politich opposte, era di destra, e nelle sue interviste rilasciate con sobrietà e sottile ironia ha sempre sostenuto la soluzione politica dei “due popoli in due stati”.

Faro della sinistra israeliana e europea, pensatore lucido e spesso lievemente polemico, definito “traditore” dalla destra, a questa definizione ha dedicato ironicamente un suo recente romanzo intitolato “Giuda”. Uscito da poco con una emozionante storia come “Tocca acqua, tocca vento”, lo scrittore è attivo dal 1965 quando esordì con “La terra dello sciacallo” e già da quando aveva 22 anni scriveva articoli e poesie sulla rivista del Kibbutz mostrando un talento precoce e marcato. Soldato valoroso, ha combattuto nella Guerra dei Sei Giorni, lavoratore nel Kibbutz, uomo di sinistra laico e intellettuale, Oz per molti versi rappresenta l’israeliano medio e la storia complessa e sofferta dello Stato ebraico raccontata nel bellissimo e voluminoso testo “Storia d’amore e di tenebra” dove rievoca la nascita d’Israele, la storia della sua famiglia e mischia abilmente fiction e realismo come in molti suoi libri.

Divenuto amico dell’attrice sua connazionale Nathalie Portman, Gemelli ascendente Scorpione, in uscita al cinema il prossimo 10 maggio con “Song to song”, lo scrittore doveva girare assieme a lei il film da questo testo ma poi non se n’è saputo più nulla. In ogni modo l’autore nonostante i suoi 78 anni, si mostra sempre molto attivo e combattivo, in linea con quel soprannome “forza” adottato fin da giovane e sposato con tre figli, tiene conferenze, ricordo due anni fa quando ho assistito a un suo discorso in via Guastalla per “Bookcity”, continua a scrivere e a ottenere premi e riconoscimenti e a tenere alta nel mondo la bandiera dello Stato ebraico. Fra i suoi libri migliori, a mio parere, i due importanti saggi “Gli ebrei e le parole” scritto con la figlia Fania Salzberger, pieno di riferimenti religiosi e biblici nonostante il laicismo di Oz e “Contro il fanatismo” mentre fra i romanzi ho apprezzato particolarmente “Michael mio” uno dei primi testi dell’autore che analizza con grande abilità la sfera emotiva dei due protagonisti Michael e Hannah e la loro complessa storia d’amore e “Una pace perfetta” storia molto autobiografica che narra i difficili rapporti fra Yonathan e suo padre nel Kibbutz o il libro a episodi “Scene di vita di un villaggio”.

Assieme a Grossman e a Yehoshua, Oz è uno dei principali autori  israeliani capace di raccontare la quotidianità come pochi altri, di superare in obbiettività e efficacia perfino grandi penne come Kaniuk o  Kenaz, ispirando e anticipando il fertile filone di autori moderni e fra i quaranta e i cinquant’anni come i bravi Eshkol Nevo, Dorit Rabinyan, Alon Hilu o Etgar Keret, ironico e surreale. Pacifista e al tempo stesso combattivo, profondamente legato alle sue radici e autore molto prolifico e stimato, ha pubblicato 18 romanzi, 8 saggi ed è stato tradotto in 30 lingue raggiungendo fra gli anni Novanta e oggi, una grande popolarità anche nel nostro Paese , grazie alle traduzioni di Elena Loewenthal, pubblicate da Feltrinelli.

Fra le sue frasi più celebri “I libri non ti abbandonano mai, anche se tu li abbandoni di tanto in tanto, loro sono sempre li ad aspettarti nel silenzio di uno scaffale” oppure “Un rimedio al fanatismo sono la lucidità e il senso dello humour. Non ho mai visto un fanatico che sia dotato di queste due caratteristiche”.