Stéphane Freiss: «Ecco il mio Lehaim!»

di Nathan Greppi

«Quando ho saputo che ogni anno ebrei ortodossi da tutto il mondo vanno nel Sud Italia a scegliere questi frutti, i cedri, per Sukkot, senza neanche mangiarli, mi è sembrata una storia incredibile». Da raccontare in un film

 

Dopo circa quarant’anni di carriera come attore, che lo ha portato sia ad affermarsi nel suo paese sia a lavorare con cineasti di fama mondiale come Steven Spielberg e Clint Eastwood, l’attore francese di origini ebraiche Stéphane Freiss ha deciso di passare dietro la macchina da presa. E lo ha fatto portando sullo schermo una storia che sente come molto personale con Alla Vita, suo primo lungometraggio e secondo lavoro da regista dopo il corto del 2011 It is Miracul’House. Della sua ultima pellicola, uscita nelle sale italiane il 16 giugno e girata in Puglia con Riccardo Scamarcio come co-protagonista, ha parlato a Bet Magazine, forte del fatto di parlare l’italiano quasi come fosse madrelingua.

L’idea alla base del film «è nata più di dieci anni fa. Dopo che feci un primo cortometraggio da regista, sentì che era arrivato il momento di tirare fuori qualcos’altro da scrivere. Dopo lunghe riflessioni, tre anni fa capì di voler parlare della mia educazione ebraica. Questo perché sono cresciuto combattuto tra due opposte visioni del mondo: dopo la guerra mio padre aveva perso la fede, mentre mia madre, molto tempo dopo, era emigrata in Israele ed era diventata una Lubavitch. Avevo bisogno di scrivere per capire come possiamo liberarci dal peso delle nostre radici che portiamo sulle spalle, e trovare il giusto equilibrio».
La protagonista Esther (interpretata da Lou de Laâge), spiega Freiss, «nasce in un mondo chiuso su se stesso, e non riesce più a trovare ragioni valide per seguirne le regole. Lui (Elio, interpretato da Scamarcio) non crede e lo dice chiaramente, lei si sente persa. Esther è il riflesso di Elio, di ciò che lui non è riuscito a fare; entrambi sono stufi delle rispettive eredità, pesi troppo grandi che gravano sulle loro spalle. Non a caso, nel film si dice che ‘il futuro non è davanti a noi, ma dietro di noi’, percorrendo le orme di chi ci ha preceduto. Questo non è solo un tema ebraico, è un tema universale». Tra Elio ed Esther si può vedere chiaramente, nel corso del film, un’attrazione reciproca. Nonostante ciò, «non ho mai inserito nella storia dei rapporti fisici, per una questione di rispetto».

La scelta di girare un film del genere in Italia, anziché in Francia, può apparire insolita se non la si inserisce nel giusto contesto: «4-5 anni fa ho scoperto la storia dei cedri che vengono coltivati da voi (specialmente in Calabria). Quando ho saputo che ogni anno ebrei ortodossi da tutto il mondo vanno nel Sud Italia a scegliere questi frutti per Sukkot, senza neanche mangiarli, mi parve una storia incredibile. Tra l’altro, anche nella Bibbia Dio chiede a Mosè di portare questo frutto in Terra d’Israele, per farne un frutto sacro». Il regista non può fare a meno di definire “bellissima” la Puglia, tanto che «mi sono immaginato tutta una poesia insita nell’immagine di questi ortodossi, vestiti di bianco e nero, in mezzo al verde degli alberi».

In merito alle difficoltà che comporta lavorare dietro anziché davanti alla macchina da presa, Freiss spiega che, sebbene avesse già girato un corto in precedenza, «questa è un’avventura ben diversa. Come attore, sono stato fortunato a lavorare da protagonista con grandi registi, perché così vivi il film da dentro di esso. Ciò, tuttavia, non mi bastava più, per questo ho avuto bisogno di molto tempo per realizzare questo film. Dovevo fare le cose con calma, e pensarci bene».
Non può mancare, alla fine, la domanda canonica sui progetti futuri: «Dopo che sono finite le chiusure per la pandemia, ho ricominciato a lavorare come attore; parallelamente, ho già cominciato a scrivere la sceneggiatura del mio prossimo film. Una volta che imbocchi la strada del regista, non puoi più tornare indietro. Sarà sempre sul tema della trasmissione dell’eredità di chi ci ha preceduti, ma da un’altra prospettiva».