fuoco

Università israeliane datano l’uso del fuoco per cucinare a 780 mila anni fa

di Ilaria Ester Ramazzotti
Il fuoco veniva usato per cuocere il cibo già 780 mila anni fa. Lo prova una ricerca dell’Università Ebraica di Gerusalemme, dell’Università di Tel Aviv e dell’Università Bar-Ilan di Ramat Gan. Precedentemente, la più antica evidenza di questo genere era stata datata a circa 200 mila anni fa.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Ecology and Evolution, presenta in particolare un’analisi dei resti di un pesce simile a una carpa trovato nel sito archeologico di Gesher Benot Ya’aqov in Israele. I ricercatori hanno dimostrato che il pesce rinvenuto fu esposto a temperature adatte alla cottura e non bruciato da un incendio spontaneo. La prova è nella struttura dei cristalli che formano lo smalto nei denti del pesce, le cui dimensioni aumentano con l’esposizione al calore. “Questo studio dimostra l’enorme importanza del pesce nella vita degli esseri umani preistorici per la loro dieta e stabilità economica”, hanno spiegato Irit Zohar, ricercatrice del Museo di storia naturale Steinhardt dell’Università di Tel Aviv, e Marion Prevost dell’Istituto di archeologia dell’Università Ebraica, riportate dal Jerusalem Post lo scorso 15 novembre.

“La grande quantità di resti di pesce trovati nel sito dimostra il loro frequente consumo da parte dei primi esseri umani, che svilupparono speciali tecniche di cottura – hanno aggiunto le ricercatrici -. Queste nuove scoperte danno prova non solo l’importanza degli habitat d’acqua dolce e del pesce ivi contenuto per il sostentamento dell’uomo preistorico, ma illustrano anche la capacità degli esseri umani preistorici di controllare il fuoco per cucinare il cibo e la loro comprensione dei benefici di cucinare il pesce prima di mangiarlo”.

Storici e ricercatori di tutto il mondo hanno sempre teorizzato che lo sfruttamento dei pesci degli habitat di acqua dolce fu il primo passo compito dagli esseri umani preistorici lungo il percorso che dall’Africa li portò verso nuove terre. Il team di ricerca israeliano ritiene che l’ubicazione delle aree di acqua dolce, alcune delle quali in zone prosciugate da tempo e diventate aridi deserti, abbia determinato la rotta della migrazione dell’uomo primitivo dall’Africa verso levante e oltre. Quegli habitat non solo fornivano acqua potabile e attiravano animali nell’area, ma offrivano un’abbondanza di pesci nutrienti e facilmente catturabili.

Gli antichi esseri umani iniziarono a mangiare pesce circa 2 milioni di anni fa, ma il fatto di cucinare il cibo è considerato dagli studiosi come l’innovazione che li ha portati a evolversi in una specie più intelligente. Mangiare cibi cotti ridusse infatti l’energia corporea necessaria per scomporre e digerire il cibo, consentendo lo sviluppo di altri sistemi fisici, mentre il masticare cibi cotti diede origine a modificazioni della struttura della mascella e del cranio umani, variando anche le abitudini di vita. “L’uso del fuoco caratterizzò l’intero continuum di insediamento nel sito – ha sottolineato Nira Alperson-Afil della Bar Ilan University -, visto che influì sull’organizzazione spaziale del posto e sull’attività ivi svolta, che ruotava attorno ai camini. L’acquisizione delle competenze necessarie per cucinare il cibo segnò un significativo avanzamento evolutivo”.

“Il fatto che la cottura del pesce sia evidente durante un periodo così lungo e ininterrotto di insediamento nel sito ci indica una tradizione continua del saper cucinare il cibo – ha affermato Naama Goren-Inbar dell’Università Ebraica, direttore degli scavi archeologici -. L’acquisizione delle abilità necessarie per cucinare segnò un significativo avanzamento evolutivo, in quanto fornì un mezzo aggiuntivo per fare un uso ottimale delle risorse alimentari disponibili. È anche possibile che la cucina non si limitasse al pesce, ma comprendesse anche vari tipi di animali e piante”.