Ruth Ellen Gruber, direttore Jewish Heritage Europe

Riflessioni di Ruth Ellen Gruber, direttrice di Jewish Heritage Europe, a vent’anni dall’istituzione della Giornata Europea della Cultura Ebraica

di Ilaria Ester Ramazzotti
Sono passati vent’anni dalla conferenza sui beni culturali ebraici tenutasi a Parigi nel 1999, che ha istituito la Giornata Europea della Cultura Ebraica. Organizzato dal Ministero della Cultura francese, quell’incontro di Parigi è stato il seguito della prima conferenza in assoluto sul tema, svoltasi a New York nel 1990, dal titolo The Future of Jewish Monuments.

Obiettivo dell’istituzione della Giornata, oggi diventata l’iniziativa culturale ebraica transnazionale con più successo in Europa, è stato fin dall’inizio di “sottolineare come la storia, il patrimonio e la cultura ebraica siano una parte integrante della storia, la cultura e del patrimonio europeo in generale” per “demistificare il mondo ebraico e promuoverne la comprensione”. In occasione del ventesimo anno dalla sua fondazione, riportiamo alcune riflessioni di Ruth Ellen Gruber, direttrice di Jewish Heritage Europe, che ha partecipato all’incontro istitutivo del 1999 a Parigi.

“L’idea della Giornata della Cultura Ebraica nasce da un’iniziativa locale del 1996, chiamata “porte aperte”, nella regione francese dell’Alsazia, svoltasi grazie ad anni di collaborazione tra l’Agenzia per lo sviluppo turistico del Basso Reno di Strasburgo e il B’nai B’rith – approfondisce Gruber -. Il loro obiettivo era di sviluppare una strategia che prevedesse l’inserimento dei beni culturali ebraici fra le maggiori attrazioni turistiche dell’Alsazia, rimanendo allo stesso tempo reattivi alle sensibilità ebraiche”.

“Alla conferenza di Parigi del 1999, gli organizzatori di entrambi gli enti – Catherine Lehman da parte dell’ADT e Claude Bloch da parte del B’nai B’rith – ne hanno fatto una presentazione di grande effetto. Il loro discorso ha riscosso un impatto così forte che il tema di come espandere la “giornata di porte aperte” in Alsazia a livello paneuropeo è diventato uno dei temi centrali di un successivo incontro informale di esperti, che aveva il fine di progettare delle strategie per la futura promozione e tutela del patrimonio culturale ebraico”.

Accoglienza e conoscenza, quindi, con uno sguardo alla conservazione del patrimonio ebraico europeo. Ma che cos’è successo e cambiato nel lasso di tempo che ci separa dall’inaugurazione della prima Giornata della Cultura? “Molto è cambiato nei venti anni che ci separano dalla prima edizione della Giornata. Le ultime due decadi hanno visto importanti sforzi nel restauro di sinagoghe e cimiteri ebraici, molti importanti musei ebraici sono stati inaugurati, dozzine di festival ebraici hanno luogo ogni anno, e anche la vita ebraica, nei paesi post-comunisti, ha visto un risveglio. Il turismo rivolto al patrimonio culturale ebraico è divenuto una nicchia radicata, e vi sono ong, siti Internet, pagine Facebook e account Instagram dedicati a questioni legate al patrimonio culturale ebraico e a progetti individuali, tra cui raccolte fondi e attività volontarie per la pulizia o il restauro di molti luoghi ancora trascurati”.

Oggi, la Giornata offre centinaia di eventi in più di 25 Paesi europei. “Tuttavia, anche i cambiamenti politici hanno avuto la loro influenza: quest’anno in cui si celebra il 20esimo anniversario, gli organizzatori hanno sottolineato come il messaggio della Giornata sia più importante che mai”, visto il “periodo caratterizzato da un diffuso populismo, xenofobia e antisemitismo – sottolinea -. A causa della crescita dell’estrema destra in Europa, siamo di fronte a una grave minaccia. In risposta a questo aumento di antisemitismo, l’iniziativa della Giornata agisce come strenuo difensore della diversità e della coesistenza conclude Gruber -. Noi vediamo la promozione del patrimonio culturale ebraico come parte integrante della storia europea, come fattore chiave nella prevenzione di radicati stereotipi e pregiudizi antisemiti e per l’aumento della resilienza contro l’intolleranza”.