Quale fu il legame di Pasolini con Israele?  A mezzo secolo dalla sua scomparsa alcune sue opinioni sullo Stato ebraico

Personaggi e Storie

di Roberto Zadik

Pochi come lui hanno scatenato reazioni e discussioni di ogni genere e,  ancora oggi, Pierpaolo Pasolini è tanto un personaggio geniale quanto assai scomodo e complesso. Poetico e sarcastico, molto audace, versatile e straordinariamente predittivo, sui mali dell’Italia di ieri e di oggi, ha diviso e fatto discutere, come mai così tanto in precedenza, l’opinione pubblica, per le  sue affermazioni su svariati argomenti e l’eccellenza come romanziere in capolavori come Ragazzi di vita; e come saggista e critico, in raccolte di interventi straordinarie come Scritti corsari.

Scrittore, poeta e regista si esprimeva su tutto, dalla politica, alla cultura, alla società italiana evidenziandone il progressivo imbarbarimento e rivelandosi un personaggio sempre più “scomodo” spiazzante per schiettezza, modernità e anticonformismo.

Ma, cosa ne pensava  Pasolini dello Stato ebraico e del conflitto coi palestinesi? Su questo spinoso tema, in questo periodo cosi tormentato che stiamo vivendo, le sue parole risultano ancora più preziose, attuali e rivelano un notevole acume  anche nella loro complessità.  Sul tema Israele  lo scrittore è tornato ben due volte, negli anni Sessanta e poi prima di quella morte tragica e molto oscura, a soli cinquantatré anni, il 2 novembre 1975 in circostanze mai chiarite.

Come riportato sul sito setteottobre.com, Pasolini pur dissentendo dal sionismo  ed essendo molto affascinato dai Paesi arabi (voleva vivere in Marocco), cercava di affrontare entrambi i punti di vista, sia quello ebraico sia quello del mondo arabo. In un suo testo si scagliò fortemente contro la “sua” Sinistra, in quel caldissimo giugno 1967, quello della Guerra dei Sei Giorni,  fortemente schierata contro Israele, pubblicando uno dei suoi appassionati e impietosi interventi sulla rivista Nuovi argomenti.

Nel suo testo chiamato “Israele” egli attacca il Partito Comunista ed il quotidiano l’Unità definendolo “il più bugiardo giornale borghese” e denunciando la campagna diffamatoria contro lo Stato ebraico da parte della suddetta testata giornalistica; questa è  stata una delle sue profezie più lungimiranti vista l’attuale situazione di demonizzazione di Israele da parte di certa stampa.

Interrogandosi profondamente, con la consueta lucidità sul tema,  definiva “Israele come esperimento unico al mondo, lo stato degli ebrei sopravvissuti alla Shoah liberi e sovrani dopo secoli di persecuzioni”. Molto importante questa considerazione, secondo la quale, a suo parere, Israele non era una distorsione della storia ma la risposta necessaria ad un urgenza storica: dare al popolo ebraico una casa, una difesa e una dignità.

Come il grande Martin Luther King, che sarebbe stato ucciso un anno dopo, il 4 aprile 1968, Pasolini equiparava antisemitismo e antisionismo, con lungimiranza, prendendosela con coloro che sostenevano di non avercela con gli ebrei ma con Israele. Lo scrittore, infatti, molto lucidamente divideva le sorti degli ebrei diasporici dalla politica israeliana invitando la Sinistra al riconoscimento di Israele e a smettere di non considerare l’intento distruttivo del mondo arabo nei confronti dello Stato Ebraico.

Parole davvero originali e, come sempre, in controtendenza col suo partito e la sua epoca, e forse anche con la nostra, in cui, con incisività e realismo analizzava la situazione scegliendo l’obbiettività al posto dell’ideologia.

Pasolini aveva un rapporto profondo e inedito con Israele e ne aveva parlato anche nel 1963, come ricorda l’articolo di Emilio Jona su Hakeillah che cita un suo componimento su Israele;  mentre stava girando uno dei suoi film più controversi Il vangelo secondo Matteo, Pasolini irrequieto e curioso prendeva appunti descrivendo quella terra in maniera contrastante nella raccolta Poesia in forma di rosa del 1964.

Meno schierato, a favore di Israele, del testo del 1967 in quella poesia contrappone ebrei e arabi. Questi ultimi vengono apostrofati in modo sferzante come “sottoproletari in blu jeans color carogna” mentre gli ebrei vengono descritti come “fratelli maggiori segnati dalla grandiosità del male”. Questi due scritti dimostrano e confermano l’espressivita e la lungimiranza di Pasolini intellettuale versatile e moderno capace di “dire la sua” sui temi più vari, alternando empatia e sarcasmo, ipersensibilità e doti profetiche.

Una personalità tanto affascinante quanto discutibile è controversa, come dimostrano anche i suoi film dai capolavori realisti come Accattone o Mamma Roma fino alle maliziose opere dei suoi ultimi anni come I racconti di Canterbury e la sua tragica fine, trovato esangue sulla spiaggia di Ostia dopo una fatale aggressione da parte di ignoti in quel lontano e ancora oggi inspiegabile 2 novembre 1975.