Lettera all’amico Dino Levi

Personaggi e Storie

Caro amico,
ho cessato di credere nella possibilita’ di una soluzione dopo il fallimento del vertice di Camp David del 2000. Allora Israele arrivò al massimo delle sue possibilità di rinuncia e i palestinesi rifiutarono e riaprirono i combattimenti che si può dire non siano cessati da allora. Se si potesse arrivare con loro ad un accordo, sarei disposto a cedere tutti i territori occupati, ma il problema è che loro non vogliono nessun accordo. Vogliono vederci sparire, come Stato prima di tutto, meglio anche come persone.
Non sarebbe difficile per i palestinesi mostrare segni di una volontà di compromesso: la nostra rinuncia a Gaza, sebbene io la considero un gravissimo errore/orrore, non è stato un segno forte da parte israeliana? Un segno di buona volontà, di ricerca di compromesso, di soluzione? E cosa abbiamo ricevuto in cambio? Il governo Hamas, che non riconosce nemmeno a parole, lo stato di Israele. La continuazione dei bombardamenti del sud di Israele. I continui tentativi di introdurre terroristi suicidi dentro Israele.
No, io ne ho abbastanza. Abbiamo dato ai palestinesi abbastanza tempo ed oppurtunità di fare la pace. Se non la vogliono, non ci resta che combatterli. Il futuro è guerra, sarà bene che ci entri in testa già da ora.
Purtroppo.
Distinti saluti,
Ariel Viterbo

Caro amico,
la mia proposta parte dal rifiuto di accettare che sia la paura e la sfiducia a determinare la politica di Israele.
Capisco anche che sia facile parlare quando non si è sotto la minaccia di attentati
e sotto il tiro di missili.
Credo però che si debba recuperare il coraggio di Rabin:la pace, come la guerra, si fa con i nemici.

Del resto nel panorama politico israeliano un nuovo Rabin per ora non sembra esserci, e l’unilateralismo di Sharon è stato il contrario di un contributo alla convivenza.
Mi creda: è meglio trattare con gli interlocutori senza porre pre-condizioni (14?) e rispettare i rappresentanti della controparte anzichè indebolirli o mortificarli con richieste che si sa benissimo
che non non hanno il potere di soddisfare.
Che il saluto tra noi sia davvero:
SHALOM!
Dino Levi

Caro amico,
prendo atto che Lei non proponeva una soluzione: di cosa si trattava allora, di uno scherzo?
Io, in ogni caso, non ho soluzioni da proporre, perche’ a mio modo di vedere, non sono possibili soluzioni al conflitto, perche’ gli arabi in generale e i palestinesi in particolare non vogliono trovare alcuna soluzione diversa dalla scomparsa dello Stato di Israele. Sono consapevole che la mia opinione non e’ condivisa da tutti nemmeno qui in Israele. Ma questa e’ la mia comprensione della realta’ e non posso fare altro che difenderla in ogni occasione che mi e’ dato di farlo.
Cordiali saluti,

Ariel Viterbo

Caro amico Ariel Viterbo,
non pretendo di aver trovato la soluzione. Lei che cosa propone?
Shalom e auguri,
Dino Levi

Caro amico,

lo confesso: da quando ho letto il Suo intervento su Mosaico (Disinnescare, pubblicato il 18 settembre), non sto più nella pelle dalla voglia di conoscerLa.
Lei è sicuramente un genio. Con modestia pari alla sua genialità Lei ha trovato la Soluzione (sì, con la Esse maiuscola) al conflitto arabo-israeliano.
“Dichiarare la nascita dello Stato di Palestina”. Nessuno prima di Lei ci aveva pensato. Ah, sì, lo Stato ai palestinesi glielo hanno offerto nel 1947, le stesse Nazioni Unite.
Peccato che allora lo abbiano rifiutato e da allora rifiutino ogni compromesso, ma non importa: “tutti gli ebrei” dopo aver sottoscritto la Sua proposta, imploreranno i palestinesi affinchè la accettino, realizzino finalmente la loro “legittima aspirazione”. In che territori sorgerà il nuovo stato? Ah, vedo: “una commissione bilaterale” disegnerà i confini tra i due stati: su quale mappa? Su quella ufficiale dell’Autorità Palestinese, nella quale Israele non compare?
Caro signor Levi, si svegli per favore: non esiste soluzione al conflitto arabo-israeliano, perché gli arabi vogliono una cosa soltanto: distruggere lo Stato d’Israele. Tutto il resto è commento, tutto il resto è la storia degli ultimi cento anni.

Mi scusi il tono, però in certi casi ci si sforza di ridere per non piangere.

Cordiali saluti,
Ariel Viterbo

Disinnescare
Il conflitto arabo-israeliano, come tutti i fenomeni complessi e di lunga durata, ha molte cause e tra loro intrecciate. Distinguerle ed analizzarle non rientra nelle intenzioni del presente documento che si preoccupa soltanto di fornire un contributo alla costruzione della pace.
Soluzioni semplici, ammesso che esistano, non sembrano a portata di mano.
E’ tuttavia possibile che venga identificato un fattore causale prevalente la cui rimozione potrebbe aiutare in misura determinante la soluzione globale del suddetto fenomeno complesso.
Non si può negare che troppo a lungo, in quella regione, la lotta dei Palestinesi per un loro Stato abbia anche costituito un alibi, per dittature, fondamentalismi e terrorismi, strumentale all’occultamento dei problemi interni o alla conquista ed al mantenimento del potere. Disinnescando tale fattore di instabilità e conflitti non soltanto soddisferemmo una legittima aspirazione del popolo palestinese, ma, soprattutto, aiuteremmo in misura sostanziale lo Stato di Israele.
E’ un fatto che la diaspora ebraica, ovunque nel mondo, condivide il sentimento che Israele debba rappresentare uno strumento potente di crescita ed emancipazione per tutto il popolo ebreo e che non si possa ulteriormente tollerare la minaccia permanente di guerra e terrorismo che lo sovrasta.
Fuori di Israele tutti gli ebrei dovrebbero quindi sottoscrivere questo appello indirizzandolo ai rispettivi governi affinché chiedano alla Nazioni Unite di:
1) Dichiarare la nascita dello Stato di Palestina, proprio come nel 1948 fu dichiarata la nascita dello Stato di Israele
2) Dare a Gerusalemme uno statuto speciale sopranazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite, compatibile con un suo ruolo futuro di capitale di entrambi gli Stati
3) Infine, ma non meno importante, costituire :
3.1) un fondo internazionale per sostenere la nascita e l’organizzazione civile del nuovo Stato di Palestina
3.2) una commissione bilaterale per disegnare i confini tra i due Stati e con gli Stati viciniori.

Non dovrebbe essere chiamato in causa alcun particolare Stato esterno, che verrebbe percepito come di parte e paternalistico.
Viceversa, un contesto sopranazionale potrebbe finalmente favorire il dialogo tra pari.
Vi invitiamo, come ebrei, a firmare e fare firmare, singolarmente o associati, il presente appello, inviarlo al vostro governo e per conoscenza al “focal point” dell’iniziativa: dino.levi@irma.pa.cnr.it

Dino Levi

Milano 17/06/09