“Dalla Romania all’Eritrea: la storia di mio padre raccontata al campo di Ferramonti”

di Dova Cahan

ferramontiPubblichiamo un testo di Dova Cahan, autrice del libro “Un askenazita tra Romania ed Eritrea” (GDS), in merito alla presentazione del testo al Campo di Ferramonti di Tarsia lo scorso 27 gennaio in occasione del Giorno della Memoria.

Quest’anno in occasione della ricorrenza annuale del “Giorno della Memoria” ho avuto l’occasione di presentare il mio libro “Un Askenazita tra Romania ed Eritrea” GDS Edizioni in varie città in Calabria.
Il 26 Gennaio 2016 la prima presentazione è stata all’apertura delle commemorazioni al Campo di Concentramento a Ferramonti di Tarsia, in seguito alla Prefettura di Catanzaro, al Sistema Bibliotecario Vibonese a Vibo Valentia ed infine agli alunni delle scuole medie e licei a Soriano ed a Cittanova.
Il mio impegno è stato quello di ricordare gli errori del passato commessi verso il Popolo ebraico fino allo sterminio e al genocidio da parte dei nazifascisti.

Questi eventi antisemiti non furono eventi sporadici che accadevano a quel tempo solamente in Germania ed in Italia, ma in tutta l’Europa già dagli anni ’30 e in particolare dal 1938 con le emanazioni delle “Leggi Razziali”. Questo fu il punto di partenza dell’odio e del razzismo (in una sola parola, antisemitismo) verso un popolo scacciato dalla sua terra d’Israele, perseguitato e minacciato. Per secoli questo popolo è stato costretto a subire innumerevoli emigrazioni e spostamenti in cerca di nuovi luoghi dove poter vivere tranquillamente, praticare il proprio credo religioso, con le sue tradizioni e la sua cultura, le attività intellettuali, sociali e professionali.

Ho fornito la mia testimonianza nella veste di figlia di un condannato rumeno ai lavori forzati, che durante gli eventi filonazisti in Romania, eseguiti dai legionari conosciuti anche sotto il nome delle “camicie verdi” del generale rumeno Ion Antonescu, collaboratore della Germania Nazista di Adolf Hitler,  fu costretto ad abbandonare gli studi superiori al Liceo Commerciale di Galati e rinchiudersi in casa, come del successe ad altri giovani studenti rumeni espulsi dalle scuole locali.

Doca-Cahan
Dova Cahan, autrice del libro “Un askenazita tra Romania ed Eritrea”

Tra gli anni 1938 e 1945, purtroppo, la feroce propaganda antisemita degenerò in prigionia, deportazioni, sterminio e genocidio. Il genocidio più grande della storia umana, noto inizialmente come “Olocausto”, ma che oggi è più correttamente conosciuto anche con il nome di “Shoah” il cui significato nella lingua ebraica è “catastrofe”, ovvero “distruzione”; definizione, quest’ultima, ben più adatta di “olocausto”, che è un termine biblico che ricorda i sacrifici nel Tempio di Gerusalemme.
L’Europa del secolo passato, continente di grande civiltà e all’avanguardia di tutte le dottrine religiose, letterarie, filosofiche, politiche e scientifiche, si è ridotta in uno spettro di malvagità e crudeltà fino che ha portato allo sterminio di sei milioni di ebrei  solo perché appartenenti ad un altra cultura e tradizione.
Mio padre, Herscu Saim Cahan, fu anche un grande sionista che riuscì a scampare prima alle deportazioni dei filonazisti e successivamente dei
filocomunisti, ma fu costretto ad abbandonare ancora una volta tutti i suoi beni, e a rifugiarsi con la sua famiglia, agli inizi del 1948, prima nella Palestina Mandataria Britannica e poi a prendere nuovamente la via dell’esilio.
Gli inglesi, che si attenevano rigorosamente al “Libro Bianco”  che limitava il numero dei profughi ebrei a restare in Palestina, timorosi del rancore e delle minacce dei Paesi arabi confinanti e della popolazione araba locale, non permisero più agli ebrei sopravvissuti provenienti dall’Europa, di accedervi e di rimanere.

Di conseguenza la mia famiglia dovette nuovamente prendere la via dell’esilio e rifugiarsi ad Asmara, Eritrea, ex-colonia italiana persa definitivamente nel 1941 e ceduta agli inglesi.
Ritengo che tenere viva la memoria della Shoah significhi non soltanto l’obbligo di non dimenticare la tragedia del popolo ebraico nel passato ma di ricordare anche ciò che è avvenuto durante questi ultimi 70 anni, affinché le nuove generazioni possano imparare a costruire un presente e un futuro migliore perché tutto ciò non si ripeta mai più. Oggi vediamo che il seme dell’odio, della violenza e dell’intolleranza si risvegliano ancora una volta in Europa e per questo motivo il mio messaggio ai giovani studenti e a tutti coloro che hanno avuto modo di ascoltarmi è stato quello di ribadire l’importanza di questa giornata.
Il Giorno della Memoria è doveroso non soltanto per ricordare i sei milioni di ebrei sterminati dall’ideologia nazifascista ma anche per contrastare l’attuale antisemitismo che l’Europa purtroppo sta attraversando nuovamente ora.
Il mondo non deve divenire ancora una volta teatro di guerra e persecuzione causate dallo stesso odio che tutti abbiamo visto manifestato contro gli Ebrei nella seconda guerra mondiale.
Dopo aver ricordato la storia tragica del popolo ebraico, ho sempre concluso con una riflessione a cui sono giunta come autrice di un libro dedicato alla grande figura sionista di mio padre, vittima di questo orribile periodo: ripercorrere le sue vicissitudini mi ha fatto ben comprendere come il sacrificio di sei milioni di ebrei ha reso indispensabile, e non più procrastinabile, la fondazione della Stato d’Israele, come casa, rifugio e patria del nostro popolo.
Israele sorge dalle ceneri della Shoah e giunge alla sua fondazione come Stato indipendente e democratico. Anche io oggi risiedo, realizzando quello che fu il grande sogno di mio padre e che con grande rammarico lui non riuscì mai a realizzare.
Devo ancora una volta riaffermare che Israele, che dal 1948 fin ancora ad oggi, lotta per la sopravvivenza sua, dei suoi cittadini e anche quella degli ebrei della diaspora, ma non manca mai di tendere la mano agli Stati vicini nel nome della pace. Israele rappresenta, altresì, un modello d’integrazione con oltre 14 mila studenti stranieri, provenienti da tutto il mondo tra cui anche l’Italia, che vengono da noi per sperimentare le nuove frontiere della ricerca e della tecnologia, ovvero il presente ed il futuro d’Israele.
Il “Giorno della Memoria” offre utili e necessarie riflessioni per non dimenticare mai e mai più, con la speranza che nel futuro si riesca a ricostruire in maniera più positiva ciò che il nazifascismo è riuscito a distruggere soltanto pochi decenni fa.