Censurare Roald Dahl significa (anche) nascondere che era un antisemita e un antisraeliano

di Michael Soncin

In questi giorni ha fatto molto discutere la deplorevole decisione di censurare i libri di Roald Dahl (1916-1990), edulcorando diverse delle espressioni presenti, perché ritenute offensive o non più in linea con la sensibilità dei tempi odierni. Un episodio che ha riacceso anche un aspetto della personalità dello scrittore britannico: è stato un agguerrito antisemita e antisraeliano, sostenitore di Adolf Hitler.

A parlarne è Ben Cohen giornalista di JNS – Jewish News Syndacate, che racconta di avere in comune, con le persone che come lui hanno trascorso l’infanzia durante gli anni Settanta, l’aver adorato i romanzi per bambini di Dahl, ed in particolare cita La fabbrica ci cioccolato: “Ovviamente a 9 anni non avevo idea di questo lato di Roald Dahl. Quando ho scoperto che era un personaggio misogino, un prepotente, un razzista e, soprattutto un antisemita, la mia infatuazione infantile per l’angelico Charlie e il magnate delle caramelle Willie Wonka era svanita da tempo”.

Cohen spiega che, nonostante oggi a differenza di quando era bambino, sia a conoscenza che Dahl non sopportasse gli ebrei, esprimendo addirittura comprensione per la missione di Hitler, di “prendersela con loro”, afferma al contempo, di essere restio nel pensare di vietare di far leggere i suoi libri: “Per quanto odii dirlo, rimangono una meravigliosa introduzione all’arte della scrittura e una testimonianza del potere dell’immaginazione nella letteratura per bambini”.

Anche il ministro britannico Rishi Sunak ha criticato la decisione della casa editrice di rivedere alcuni personaggi che popolano i suoi racconti, con la cancellazione di termini come “grasso” e “brutto”, ed altri contenuti, in quanto potrebbero diffondere il razzismo oltre ad essere offensivi per la sensibilità dei nostri tempi. A deciderlo è stato l’editore britannico Puffin, del noto gruppo editoriale Penguin Books, assieme alla Roald Dahl Story Company, l’associazione con a capo gli eredi dello scrittore.

L’obiettivo sarebbe di eliminare ogni riferimento al genere, alla razza, rivedendo l’uso di alcune parole troppo esplicite. Ad esempio, nel rispetto della salute mentale e di chi ne soffre, sono state rimosse parole come “pazzo”. Secondo alcune fonti avrebbero pensato di togliere le voci “mamma” e “papà”, sostituiti da “genitori”. L’elenco è lungo e molto variegato. Bisogna precisare che anche lo stesso Dahl ha riveduto l’uso di alcuni termini, ma è stata una sua scelta. Cohen fa notare che “se queste revisioni al lavoro di Dahl continueranno, rimarrà ben poco dell’originale”.

Roald Dahl mentre firma delle copie a dei bambini in un negozio di Amsterdam nel 1988. (Foto Wikimedia)

Una mossa per vendere più copie? Il no alla censura degli ebrei del Regno Unito

“Se Dahl ci offende, smettete di pubblicarlo”.  A dirlo è stato Phillip Pullman della BBC, il quale è dell’opinione che è meglio che i lavori di Dahl appassiscano poco alla volta, anziché rimanere in piedi con penosi artifizi. Una cosa è certa: “L’aggiornamento dei suoi libri per adattarli a una mentalità contemporanea rende un disservizio alla lotta contro l’antisemitismo e il razzismo, in quanto qualsiasi indizio sulle opinioni tossiche di Dahl verrebbe rimosso, e tutto per consentire alla sua compagnia di vendere più libri” commenta Cohen, ricordando inoltre quando la famiglia dello scrittore si era scusata per il suo antisemitismo, scuse, come sottolineò The Guardian, collocate ben in fondo al sito dell’autore, quasi nascoste.

Sulle timide scuse anche il consiglio degli ebrei britannici si è pronunicato, ribadendo che “dovevano essere fatte molto prima, ed è preoccupante che sia successo solo ora”. Poi quanto alle scuse, per avere un minimo di validità non dovrebbero essere fatte da chi compie l’atto? Le scuse fatte a nome altrui hanno poca valenza se non quella puramente formale. Ma Dahl non si è mai pentito delle sue affermazioni.

È importante precisare che sempre il consiglio degli ebrei del Regno Unito si sia detto contrario alla censura o rimozione della produzione letteraria di Dahl, anzi, “dovrebbe essere utilizzata come opportunità per i giovani al fine di conoscere le sue opinioni intolleranti”.

Nell’articolo del JNS viene inoltre menzionata un’intervista che venne fatta nel 1983 a Dahl, dalla rivista New Statesman, in cui spicca esplicitamente il suo odio verso gli ebrei: “c’è un tratto nel carattere ebraico che provoca animosità, forse è una sorta di mancanza di generosità verso i non ebrei. Anche un fetente come Hitler, non se la prendeva con loro senza motivo”.

Il suo antisemitismo e antisionismo dichiarato più volte ai media

Oltre a ‘giustificare’ con questa frase, in un qualche modo, gli orrori del nazifascismo, non si risparmiò nemmeno nel manifestare il suo odio verso Israele. Nel 1990 a l’Indipendent disse: “Sono senza dubbio antisraeliano e sono diventato antisemita nella misura in cui una persona ebrea in un’altra nazione come l’Inghilterra sostiene con forza il sionismo.

“È la solita vecchia storia: tutti conosciamo gli ebrei e il resto. Non ci sono editori non ebrei da nessuna parte, loro controllano i media – cosa molto intelligente da fare – ecco perché il presidente degli Stati Uniti deve vendere tutta questa roba a Israele”.

Cohen conclude dicendo che senza dubbio Kanye West, l’antisemita di oggi, sarebbe senz’altro d’accordo con Roald Dahl, l’antisemita di ieri, poiché sono temi consolidati da tempo che ritornano e spesso fioriscono in tempi di crisi. “Se Dahl fosse ancora vivo oggi, non ho dubbi sul fatto che diffonderebbe la stessa spazzatura nelle interviste ai media. E questa è l’unica parte della sua eredità che conta davvero”.

Una mossa degna di 1984 di Orwell

Anche Camilla, la Regina Consorte del Regno Unito si è detta contraria alla censura letteraria: «Non ponete freni alla vostra libertà di espressione e non limitate la vostra immaginazione», ha detto lo scorso 23 febbraio, sostenendo – come riporta iO Donna  – che i racconti scritti tra gli anni ’40 e ’80 da Dahl, devono essere considerati prodotti del proprio tempo. Ma attenzione a non confondere come spesso si fa, la libertà di espressione con la libertà ad odiare. Anche questo bisogna puntualizzarlo.

Non c’è dubbio che siamo di fronte ad un ‘uso scorretto’ del politically correct. Questo genere di manovre non ha nulla a che vedere con i principi di democrazia, di uguaglianza, di inclusione, o di lotta di genere, anzi vanno più d’accordo con i principi e le dinamiche totalitariste. Non cancellare i testi di Dahl è importante per formare una massa critica nelle nuove generazioni, portandole a riflettere, non nascondendo, perché se il passato non è davanti a loro, il rischio è che quel passato possa ripetersi di nuovo, e l’istruzione è il miglior antidoto. Quindi nessun lucchetto alla conoscenza.

A tal proposito, Michael Weingrad, docente di studi giudaici alla Portland State University ha dichiarato che la decisione del gruppo editoriale di modificare gli scritti “è una violazione inconcepibile della fedeltà alla parola scritta – qualsiasi parola e non solo quella di Dahl”, dicendo appunto che la decisione è una “versione coccolosa” di 1984 di George Orwell, dove i burocrati riscrivono costantemente le opere per “conformarsi a ciò che le autorità al potere decretano essere accettabile al momento. Nessuno sa più cosa sia reale”.

Ebbene si, è amaro pensare che l’autore di Matilda, di Le Streghe, o di La fabbrica di cioccolato, – diventati anche dei film di altrettanto successo – fosse un antisemita. Eppure, così è, ma il no alla censura, mai e poi mai. Nonostante tutto.