Scopi umanitari o politici? La trasparenza delle Ong è in dubbio. Solo Israele se ne è accorta?

di Angelo Pezzana

La domanda scomoda: nascondersi dietro la parola “pace” per iniziative che di pacifico non hanno nulla, è ammissibile?

“La sfiducia svuota le casse delle Ong, le donazioni si riducono del 10%”: è il titolo che a fine gennaio ha dato inizio a una riflessione che ha illuminato di una luce nuova le organizzazioni che hanno sempre goduto del rispetto dei media. Anche in Italia, chi non è stato fermato per la strada dai ragazzi con la pettorina colorata con i nomi delle Ong più conosciute? Un approccio gentile, per raccontare gli aiuti umanitari resi possibili grazie al sostegno di quanti, ascoltando questi ragazzi sorridenti, decidevano poi di dare una mano a realizzare infrastrutture in paesi lontani.

È stato il dramma dei migranti, trasportati in un mare Mediterraneo che per molti di loro è diventato un cimitero, a spazzare via la retorica buonista dei “taxi del mare”, a raccontare l’altra faccia che finora era rimasta nascosta. Tutti sapevano che a organizzare i barconi erano bande di criminali, ma i loro nomi, i loro volti, erano anonimi. Come ricordare questi sconosciuti? Rimaneva la conta di chi perdeva la vita e le immagini di quelli che venivano salvati dalle nostre navi. Poi, grazie alle indagini della polizia costiera, le registrazioni telefoniche, agli schiavisti si sono aggiunti altri attori complici di questa immane tragedia, le navi “umanitarie” che trattavano con i criminali dei barconi la “merce” che trasportavano. Le inchieste sono in corso, alcune navi sono state sequestrate, i nomi di diverse illustri Ong hanno perduto l’immagine umanitaria.

La stessa parola “Ong” non viene più pronunciata come avveniva prima, il sospetto che dietro ai salvataggi ci siano interessi non umanitari, non è più un dubbio.
Avere a che fare con Ong che svolgono attività apparentemente umanitarie, ma che agiscono con altri fini, decisamente di natura politica, è quanto accade in Israele, un Paese dove la libertà di opinione è alla base del sistema democratico. In molti però si chiedono oggi se una Organizzazione Non Governativa, la Ong appunto, che ha sì finalità umanitarie, ma che per realizzarle usa metodi strettamente politici, rientri nella sfera della libertà di espressione. I nomi di queste Ong sono noti, i loro metodi altrettanto. Nascondersi dietro la parola “pace” per iniziative che di pacifico non hanno nulla, è ammissibile? In democrazia sono i partiti gli strumenti, dove il confronto è aperto e riconoscibile.
È ora che le Ong, per quanto non governative si possano auto-dichiarare, in Israele come a livello internazionale, siano trasparenti. Oggi non lo sono. Israele darà per prima il segnale del cambiamento?