Sangue sulla Storia

Opinioni

La notorietà ha il suo prezzo. E talvolta per raggiungerla si arriva a commettere azioni poco meditate. Anche la ricerca scientifica ha il suo prezzo: richiede rigore, trasparenza, coraggio di dire cose scomode. L’indegna paginata del Corriere della Sera che pubblicizza il nuovo libro dello storico Ariel Toaff (Pasque di sangue, il Mulino editore) ha rappresentato un episodio inquietante, aberrante soprattutto dal punto di vista di chi fa informazione. Un libro estremamente controverso e provocatorio, che mira a sostenere come alcuni ebrei nel medioevo abbiano effettivamente compiuto omicidi ammantandoli di pratiche rituali, che insinua il sospetto che il beato Simonino di Trento fu effettivamente trucidato e dissanguato da quegli ebrei che sul finire del XV secolo furono torturati e poi uccisi in massa; è stato presentato in una maniera indegna.

Titolacci a effetto, una fumosa presentazione che coinvolge un altro storico ebreo italiano, Sergio Luzzatto, nessun contraddittorio, nessuna cautela, nessuna intelligenza nell’evocare un argomento che ha costituito per secoli il catalizzatore dei massacri antisemiti.

Come se non bastasse, sullo stesso foglio questo capolavoro del sensazionalismo d’accatto è completato in testa di pagina da una piccola provocazione di Ernesto Galli della Loggia. Si cita di nuovo un libro (Fosse Ardeatine e Marzabotto, nuovamente il Mulino editore) estrapolando una velenosa frasetta dello storico Joachim Staron, secondo cui l’attentato di via Rasella fu compiuto al solo fine di suscitare una reazione nazista. Come a dire, questi bravi ragazzi passeggiavano per Roma senza fare del male a nessuno, se poi li provocano diventano delle bestie.

Il processo di Norimberga ha detto cose chiare sul principio di responsabilità. Non credo sia necessario ripeterle ai lettori di Mosaico. Torniamo così al controverso libro di Ariel Toaff.

Fra i tanti pensieri che possono venire in mente di fronte a quanto sta accadendo c’è anche qualche segnale nuovo, chiaro e incoraggiante: la pronta reazione del rabbinato italiano.

I rabbini italiani non hanno perso tempo per insorgere e per fare chiare affermazioni: il libro di Ariel Toaff, che è figlio del rabbino emerito di Roma, Elio Toaff, ammanta di verità uno dei più antichi e infamanti pregiudizi antiebraici. Ovvero l’uso nel Medioevo di sangue cristiano per impastare il pane azzimo per la festa di Pesach, la Pasqua ebraica. Per questo undici rabbini, insieme al presidente dei rabbini d’Italia, Giuseppe Laras e al presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna, hanno firmato un documento di condanna delle tesi sostenute dallo storico, che è professore della Università Bar Ilan.

Tesi “sconvolgenti” che ridanno fiato ad uno degli argomenti più usati dall’antisemitismo di sempre sulla scia della storia di Simonino, bambino di Trento, ucciso – dice la leggenda – nel 1475 dagli ebrei locali per impastare con il suo sangue le azzime di Pesach. Bambino poi beatificato dalla Chiesa cattolica.

Secondo Ariel Toaff, che ha studiato le confessioni estorte
sotto tortura agli ebrei incolpati dell’uccisione del bambino, dal
1100 al 1500, nella zona di lingua tedesca compresa fra il Reno,
il Danubio e l’Adige, alcune crocifissioni di bambini cristiani
avvennero davvero. Una minoranza di ebrei askenaziti fondamentalisti – scrive Luzzatto nella recensione – compì
veramente e più volte sacrifici umani. Quel sangue serviva per
le azzime e per il vino della cena rituale di Pesach. E a tutto
questo non erano estranei alcuni rabbini di quella zona e di
quell’epoca che, sfidando il divieto biblico di ingerire il
sangue in qualsiasi forma, avrebbero autorizzato quegli ebrei.

Contro queste tesi i rabbini italiani – tra i quali il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, successore di Elio Toaff padre di
Ariel, e il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib – non hanno esitato: nel documento da loro firmato hanno sottolineato con forza che non è mai esistita nella tradizione ebraica “alcuna prescrizione né alcuna consuetudine che consenta di utilizzare sangue umano ritualmente”. Un uso – hanno aggiunto – che è anzi considerato “con orrore”, “e’ assolutamente improprio usare delle
dichiarazioni estorte sotto tortura secoli fa – hanno aggiunto –
per costruire tesi storiche tanto originali quanto aberranti.
L’unico sangue versato in queste storie è quello di tanti
innocenti ebrei massacrati – hanno concluso – per accuse
ingiuste e infamanti”.

E anche lo stesso padre di Ariel, Elio Toaff, ha preso le
distanze dal libro del figlio sottolineando che nessun
fondamento storico suffraga queste tesi.
Secondo i rabbini italiani “Non è mai esistita nella tradizione ebraica alcuna prescrizione né alcuna consuetudine che consenta di utilizzare sangue umano ritualmente”.
L’uso del sangue – dicono i rabbini – è “anzi considerato con
Orrore”.

Ariel Toaff dissente. “Una dichiarazione obbrobriosa – ha dichiarato alle agenzie di stampa – se, prima di giudicare, avessero letto il libro se la sarebbero tranquillamente potuta risparmiare. E mi dispiace che abbiano trascinato anche mio padre”. Lo storico ha replicato così al documento dei rabbini italiani che hanno attaccato il suo libro. E non torna indietro rispetto alle sue tesi.

Ma al tempo stesso Ariel Toaff dice di non ritrovarsi completamente nel modo di presentare il libro da parte del Corriere della Sera. Andiamo bene. Se alla prima uscita pubblica persino l’autore sente puzza di strumentalizzazione, non oso immaginare cosa succederà nelle prossime settimane.
E se uno storico di tanto valore cade nella trappola di lasciarsi strumentalizzare in questo modo, allora quale credibilità possiamo attribuire alle sue ricerche?

“E’ difficile – ha aggiunto lo storico – fare ricerca storica di fronte a preconcetti: nel mio libro, più di quattrocento pagine, ho voluto verificare – spiega il professore – se fosse soltanto uno stereotipo del pregiudizio antiebraico quello dell’uso di sangue cristiano per impastare le azzime di Pesach. Le mie ricerche dicono nel Medioevo, alcune frange di ebrei fondamentalisti Askenaziti, nell’area geografica tra il Danubio, il Reno e l’Adige, non rispettassero il divieto biblico di assumere sangue in nessuna forma e che invece lo utilizzassero a scopo terapeutico. Non solo, queste frange facevano parte di quella vasta fascia di popolazione ebraica che aveva subito persecuzioni durissime a causa delle Crociate con omicidi di donne e bambini, battesimi forzati e violenze di ogni tipo. Da questo trauma scaturì un desiderio di vendetta nei confronti dei cristiani che in alcuni casi ha prodotto, in quelle frange di ebrei fondamentalisti, una serie di controreazioni tra le quali anche l’omicidio rituale di bambini cristiani, abbinati alla violazione del precetto
biblico sul sangue”.

“Casi isolati e fuori dell’ordinario, ristretti a quel
periodo, a quell’area geografica e a quel gruppo di
fondamentalisti askenaziti. E’ da quel trauma – aggiunge Ariel
Toaff – che è nata una reazione trasformatasi poi in stereotipo
a danno indiscriminatamente di un intero popolo e lungo tutta la
sua storia”.
“La mia ricerca – sottolinea il professore – è stata molto
lunga: è durata sei anni nei quali ho scandagliato fonti
ebraiche, latine e interi archivi”.

Guido Vitale (direttore@mosaico-cem.it)