L’accoltellamento dell’ebreo ortodosso. I lupi a Milano?

Opinioni

di di Janiki Cingoli

nathan graff
Nathan Graff

Pubblichiamo una riflessione interessante di Janiki Cingoli, Direttore del CIPMO- Centro per la Pace in Medio oriente, sull’accoltellamento a Milano dell’ebreo Nathan Graff.

“L’accoltellamento di Nathan Graff, 40 anni, di nazionalità israeliana ma che lavora a Milano certificando il cibo Kosher, genero del rabbino Hetzkia Levi, una vittima riconoscibile come ebreo ortodosso per la kippà e i vestiti che indossava, presenta straordinarie somiglianze con gli attentati di Parigi dello scorso gennaio, che oltre al settimanale “Charlie Hebdo” si rivolsero contro un supermercato della catena kosher Hypercacher, al centro del quartiere ebraico parigino. Anche l’aggressione milanese è avvenuta nel quartiere ebraico della città, davanti al ristorante Kosher “Carmel”, in Via San Gimignano.

Mancano ancora i riscontri giudiziari, ma è probabile che l’attentatore abbia voluto imitare i “lupi solitari”, che in questi mesi hanno così gravemente insanguinato le strade di Gerusalemme, come a gennaio quelle di Parigi. Non ci sono parole per condannare atti barbari come questo: anche in Israele, la rabbia e la frustrazione per il blocco del processo di pace e la mancata soluzione della questione nazionale palestinese non possono in alcun modo giustificare le aggressioni e gli atti terroristici rivolti contro i civili. Come ricordava il vecchio leader comunista Luigi Longo: “le lotte di liberazione nazionale non hanno niente a che spartire con il terrorismo contro i civili”.

Ma ancor meno senso ha rivolgere il coltello contro gli ebrei in Europa, in Francia come in Italia. Gli ebrei italiani e francesi sono certo parte del popolo ebraico, come lo sono gli israeliani, ma non possono certo essere chiamati a rispondere e ad espiare per le scelte e anche gli errori compiuti dai Governi israeliani. Come se gli italiani che vivono in Argentina fossero chiamati a risponder di scelte compiute dai diversi governi italiani, da Berlusconi a Renzi, giuste o sbagliate che siano.

E’ ancora una volta il frutto avvelenato della sovrapposizione tra irrisolto conflitto israelo-palestinese e risorgente antisemitismo, camuffato da antisionismo.

Alla vittima e alla sua famiglia va tutta la solidarietà mia e del CIPMO, il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente, che dirigo.

E’ necessario che si levi la solidarietà dei cittadini e delle istituzioni italiane, ed in particolare quelle delle comunità cristiane e di quelle islamiche, accomunate dalla lotta contro ogni forma di razzismo e di persecuzione verso chi è “diverso”, per appartenenza ad una minoranza, a una fede, a un genere. E che vengano prese tutte le necessarie misure di sicurezza, per evitare il ripetersi di questi atti inumani.

Va detto, al contempo, che anche le istituzioni comunitarie dell’ebraismo italiano portano una responsabilità, in questa sovrapposizione dei diversi piani, quello del conflitto israelo-palestinese e quello dell’identità dell’ebraismo in sé stesso. La difesa acritica e pregiudiziale di qualsiasi atto o decisione sia presa dal Governo israeliano, quale che sia, la confusione tra difesa dello Stato di Israele e del suo valore per tutti gli ebrei, e vorrei dire per tutti i democratici, e le singole scelte dei suoi governi, alimenta questa babele di lingue, che non aiuta i cittadini a comprendere e discernere in una realtà così complessa.

Anche in questi giorni, di fronte alla decisione della Commissione Europea di richiedere una etichettatura diversa per i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani in Cisgiordania, si sono levate critiche stonate: quella decisione si può certo contestare e condannare,  anche se è è legittima e in regola con tutti gli esistenti regolamenti comunitari e con la politica dell’Europa, e della intera Comunità Internazionale, che non riconosce quei territori come appartenenti a Israele, ma come Territori Occupati. Ma comparare quella scelta a quella del nazismo, di apporre la stella gialla sui cittadini e sui negozi ebraici, come hanno fatto alti esponenti israeliani, suona come una profanazione della Shoah e una mistificazione intollerabile, che alimenta la confusione e provoca esattamente quella sovrapposizione che pur si dice di voler combattere.