C’è chi si indigna se Israele manda aiuti in Nepal. È l’ipocrisia di Human Rights Watch

Opinioni

di Paolo Salom

Israeli soldiers, members of an aid delegation, prepare their equipment as they wait for a flight to Nepal at Ben Gurion international airport near Tel Aviv, Israel April 26, 2015. REUTERS/Baz Ratner

Poche settimane fa, un terremoto ha devastato il Nepal, Paese arroccato sull’Himalaya meta da anni di un variegato turismo internazionale. Migliaia i morti (forse anche diecimila) e i feriti. Tra i primi a mostrare solidarietà concreta e a inviare un ospedale da campo con medici e infermieri oltre a squadre di pronto intervento, Israele – e noi non finiremo mai di stupirci e di segnalare quanto accade nel lontano Occidente – è stato aspramente criticato per il suo gesto dal direttore di HRW, Human Rights Watch, l’avvocato americano Kenneth (Ken) Roth.
Via Twitter, Roth ha gridato tutta la sua “indignazione” per un tale scoperto atto di propaganda: “È più facile occuparsi di un disastro umanitario lontano rispetto a quello più vicino di cui è responsabile Israele a Gaza: basta con il blocco!”. Se non fosse su Twitter, firmato con nome e cognome, un messaggio di questo genere potrebbe apparire – considerato l’autore -, uno scherzo di cattivo gusto. Perché, al di là dell’opinione che uno può avere su quanto accade in Medioriente (ma Roth non si è accorto del disastro umanitario di cui è preda la regione?), è francamente odioso e fuori contesto per un’organizzazione come HRW, il cui fine dovrebbe appunto essere il lavoro in favore dei più sfortunati, criticare un’azione meritoria in un momento tanto drammatico per la nazione himalayana. Ma tant’è: quando di mezzo c’è Israele, nel lontano Occidente si chiudono le meningi, parte una risposta automatica e questa reazione è sempre livorosa.
Ma cosa c’entra Gaza con il Nepal? Non lo sa Ken Roth che Israele è di fatto in stato di guerra con la Striscia governata dagli islamisti di Hamas (tra l’altro responsabili di innumerevoli violazioni dei diritti dei loro stessi concittadini)? Avrebbe twittato un analogo messaggio se a inviare aiuti fosse stato il presidente siriano Assad, impelagato in una delle più sanguinose guerre civili che il mondo abbia conosciuto da decenni a questa parte?
Certo che è più facile per Israele aiutare i nepalesi piuttosto che i palestinesi di Gaza, come scrive Steven A. Cook, ricercatore del Council on Foreign Relations. Ma a parte che le frontiere israeliane con la Striscia sono sempre aperte per gli aiuti umanitari, come si può pretendere di mettere sullo stesso piano le due situazioni?
Il Nepal non ha mai sparato missili su Israele né ha contenziosi aperti (Hamas non fa mistero di voler distruggere lo Stato ebraico). Perciò, la critica di Ken Roth a Gerusalemme per aver fornito aiuti essenziali a Kathmandu non solo è illogica. Ma è la chiara dimostrazione dell’ipocrisia di un’associazione che non sa interpretare oggettivamente la realtà. Almeno non quando si tratta di Israele.

(Il blog di Paolo Salom è sul sito www.mosaico-cem.it)