Storie ritrovate di donne nei ghetti e nella resistenza

Libri

di Ilaria Ester Ramazzotti
“Nonostante anni di formazione ebraica, non avevo mai letto racconti simili, stupefacenti nella descrizione dettagliata della straordinaria lotta quotidiana di quelle donne. Non avevo idea che così tante fossero coinvolte, e fino a quel punto, nella resistenza”. Con queste parole, la storica e scrittrice canadese Judy Batalion descrive la genesi del suo libro Figlie della resistenza: la storia dimenticata delle combattenti nei ghetti nazisti’, scaturito da una dettagliata ricerca storiografica svolta passando al setaccio libri, testimonianze, archivi, cataloghi, lettere, fotografie e documentari, ma anche dialogando con famiglie o persone di diversa provenienza e visitando alcune delle città dove quelle donne ebree combatterono nella resistenza contro i nazisti. Donne rimaste, settantacinque anni dopo quei fatti, ancora pressoché sconosciute.

Eppure, spiega ancora Judy Batalion nell’introduzione al suo libro da poco tradotto e pubblicato in italiano da Mondadori, esistono centinaia di storie di incredibile coraggio, di audace resistenza anche armata e di profonda solidarietà femminile. Vicende che l’autrice ha continuato a raccogliere ascoltando o leggendo decine di memorie di donne pubblicate da piccole case editrici e centinaia di testimonianze in polacco, russo, ebraico, yiddish, tedesco, francese, olandese, danese, greco, italiano e inglese. Storie che parlano di centinaia o addirittura migliaia di donne ebree coinvolte nell’opposizione clandestina al nazismo, spesso in ruoli di comando. Fra queste, il volume ‘Figlie della resistenza’ mette in luce alcune esperienze di lotta vissute nei ghetti dell’Europa orientale e delle principali città polacche da giovani donne dei movimenti ebraici Dror e Hashomer Hatzair. Conosciamo così Renia Kukiełka, Frumka Płotnicka, Tosia Altman, Chajka Klinger, Ruzka Korczak e Vitka Kempner, ma sappiamo che sono solo alcune delle resistenti che nei modi più diversi scelsero di lottare, consapevoli dell’enormità del nemico nazista, anche solo per dare dignità alla loro morte, alla loro vita e a quella degli altri. La loro memoria ritrovata apre altresì uno squarcio su tutta la resistenza femminile volutamente taciuta dalla narrazione storiografica.

“Queste ‘ragazze del ghetto’ – evidenzia Batalion sempre nella sua introduzione – corruppero guardie della Gestapo, nascosero pistole in pagnotte di pane e aiutarono a costruire reti di ricoveri sotterranei. Flirtarono con i nazisti, comprandoli con vino, whisky e dolci, e poi li uccisero senza farsi scoprire. Svolsero missioni di spionaggio per Mosca, distribuirono documenti falsi e volantini, e rivelarono al mondo ciò che stava accadendo agli ebrei. Assistettero i malati e insegnarono ai bambini; compirono attentati alle linee ferroviarie tedesche e fecero saltare la rete elettrica di Vilna. Si vestivano da non ebree, lavoravano come domestiche nella parte ariana della città e aiutavano gli ebrei a fuggire dai ghetti attraverso le fogne e le canne fumarie, scavando passaggi nei muri e strisciando sui tetti. Corruppero aguzzini, scrissero bollettini per le radio clandestine, tennero alto il morale degli altri membri della resistenza, negoziarono con i proprietari terrieri polacchi, ingannarono agenti della Gestapo inducendoli a trasportare valigie piene di armi, crearono un gruppo di nazisti antinazisti e si occuparono di gran parte dell’amministrazione della resistenza”.

Nel volume redatto in yiddish nel 1946, intitolato ‘Froyen in di getos’ (Donne lei ghetti), fonte inattesa e privilegiata del lavoro di Judy Batalion, molte di quelle vicende vennero documentate da diverse autrici, credendo che sarebbero poi state raccolte dagli storici. Così non è andata, o non ancora, ma la combattente Ruzka Korczak scrisse in quelle pagine che le storie di resistenza femminile rappresentano «il più grande tesoro della nostra nazione».

 

Judy Batalion, Figlie della resistenza: La storia dimenticata delle combattenti nei ghetti nazisti, Mondadori, Pp. 576, 25 euro,