L'attentato alla sinagoga di Roma il 9 ottobre 1982

La prima ricostruzione storica del “Lodo Moro”: come la politica ha venduto gli ebrei italiani al terrorismo palestinese

Libri

di Ugo Volli

[Scintille. Letture e riletture] Sono passati quattordici anni dalla clamorosa intervista al quotidiano israeliano Yediot Aharonot, in cui Francesco Cossiga svelava che gli ebrei italiani erano stati “venduti” dai governi italiani ai terroristi palestinesi, in cambio di un’immunità del territorio italiano, che poi in effetti non si realizzò mai appieno.

Il “lodo Moro” come fu chiamato questo accordo, rimase però materia politica e giornalistica, ma finora non era mai stato fatto oggetto di un lavoro storico: un fatto di per sé significativo, perché esso spiega molti episodi di terrorismo, dall’assalto alla Sinagoga di Roma che fece molte decine di feriti e uccise un bambino, Stefano Gay Tachè, alla strage della stazione di Bologna, dagli attacchi a Fiumicino ai sequestri dell’Achille Lauro.

Ora però è uscito uno studio abbastanza ampio di una storica accreditata, Valentine Lomellini, intitolato per l’appunto Il lodo Moro. È un libro che va letto con molta attenzione, perché nasce dallo studio delle carte riservate della Presidenza del Consiglio, del Ministero degli esteri, e di fonti dei servizi segreti, nonché di diplomazie straniere (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti).

Lomellini non ha evidentemente gran simpatia per Israele, tant’è vero che lo nomina un paio di volte con la sineddoche diffusa nel giornalismo ma fattualmente sbagliata di “Tel Aviv”, mentre sistematicamente nomina i movimenti palestinisti come “Resistenza palestinese”, o addirittura “la Resistenza”. Non segue le tracce, ormai largamente accreditate, dei legami fra palestinismo e servizi segreti del blocco dell’Est, accredita la tesi giustificazionista di un Arafat moderato ma impotente che non riesce a frenare le “frange estremiste” della “Resistenza”. Lomellini assume chiaramente il punto di vista delle sue fonti e solo raramente si interroga sulla legittimità dei loro pretesi obiettivi di “difesa del territorio nazionale” a spese di alcuni cittadini italiani di serie B, gli ebrei…

Ciò nonostante, dal libro emerge che “più che di lodo Moro, bisogna parlare di ‘Lodo Italia’, nel senso che vi collaborarono i politici democristiani (non solo Moro, ma Andreotti, Taviani, Rumor…) e socialisti, con l’appoggio pieno della sinistra, ma anche la magistratura, concedendo libertà provvisorie immediate ai terroristi che regolarmente fuggirono, la Presidenza della Repubblica (Leone che concesse la grazia a terroristi che non si riusciva a rilasciare altrimenti), i servizi segreti, la diplomazia. Lomellini riporta addirittura un’indiscrezione proveniente da “ambienti del Ministero degli Interni” che attribuiscono a quello degli Esteri il pagamento di un cospicuo mensile alla “Resistenza”.

L’altro elemento che emerge è il fatto che non si trattò di scelte emergenziali, ma di parte di una sistematica politica filoaraba e anti-israeliana che mise l’Italia in contrasto non solo con Israele ma anche con gli alleati europei e gli Usa. Insomma la liberazione degli assassini che avevano dirottato l’Achille Lauro non fu un colpo di testa di Craxi, ma l’applicazione di una politica cento volte ripetuta. E così probabilmente anche la sospensione della protezione di polizia al Tempio di Roma, prima di un attentato che era stato annunciato. Per i terroristi arabi l’Italia era un rifugio, una base, un passaggio sicuro, un luogo dove agire senza rischi contro i loro nemici, in primo luogo gli ebrei. È una storia da ricordare e su cui meditare.