Commedia, eros e dramma: la passione secondo Singer nell’inedito “Il ciarlatano”

Libri

di Fiona Diwan
Una New York che profuma di aringa, Times Square che sembra Varsavia, un mondo di profughi che si arrabatta con piccoli espedienti, imbrogli da quattro soldi, squallide menzogne, tra emigrati dall’allure impettita e avventuriere dall’eleganza sgualcita e demodè. Ci sono due amici che non potrebbero essere più diversi: tarchiato, pragmatico, dotato di un prodigioso fiuto per gli affari, l’uno; affilato e erudito, svagato e inconcludente, l’altro. Hertz è “l’eterno studente”: ha frequentato diverse università senza mai laurearsi, ha vissuto alle spalle di chiunque senza mai guadagnare un centesimo, ha abitato in ogni città senza mai conoscerne nessuna, scrive in tutte le lingue senza parlarne alcuna – a parte lo yiddish -, ha avuto quattro mogli e innumerevoli donne senza che neppure una gli sia rimasta attaccata. Perennemente senza un soldo e alla ricerca di qualcuno che gli risolva i problemi, ha uno straordinario talento per cacciarsi nei guai. Tanto seduttivo e bugiardo è Hertz, quanto tachless e generoso è Morris.

Hertz ama le acrobazie del pensiero e lo humour, si inerpica su per improbabili paradossi filosofici (“Leibniz si sbagliava. Le monadi hanno finestre. Hanno persino scale”), è un groviglio di contraddizioni. È abitato da un eros incontenibile, nessuna donna gli resiste così come Hertz non riesce a resistere a nessuna svolazzante gonnella, sempre disponibile per nuove avventure, seduttivo e insaziabile, sessualmente ingordo, un eros famelico affetto da “menopausa psichica”: di fatto, un uomo senza scrupoli, una sanguisuga incapace di provare alcuna forma di affetto per chicchessia, nemmeno per i suoi stessi figli. Le donne sono il suo oppio, il suo whisky, la sua preda. È la conquista ad eccitarlo: Hertz altro non è, in fondo, che una specie di Barbablù elegante, erudito, irresistibile. E come lo stesso Singer, anche Hertz è abitato da “un conflitto di forze che si adoperano per sabotarlo dall’interno”.

È un tono da commedia brillante quello che aleggia sul mondo febbrile e disilluso narrato da Il Ciarlatano, Der Sharlatan, in yiddish, l’inedito romanzo di Isaac Bashevis Singer oggi in uscita per Adelphi (pp. 280, 20,00 euro), in anteprima mondiale, mai apparso prima d’ora neppure in inglese. Un evento letterario ed editoriale. Adelphi e Elisabetta Zevi mettono così a segno un altro colpo da novanta, dopo quello di Keyla la Rossa, due anni fa: anche per Il Ciarlatano siamo infatti in presenza di un inedito assoluto, mai pubblicato finora fatta eccezione per l’apparizione in yiddish, a puntate, sul giornale Forverts, avvenuta più di 50 anni fa, tra il 1967 e il 1968. Vede quindi la luce in lingua italiana un altro memorabile romanzo rimasto sepolto fino ad oggi negli archivi della Singer Estate a Austin in Texas, con la traduzione di Elena Loewenthal e la curatela affidata a Elisabetta Zevi.

Piene di fantasiose divagazioni su Freud, Spinoza, Buber, Kohelet, Kant, il Baal Shem Tov e Rabbi Nachman di Breslav, ritroviamo qui le pagine del miglior Singer, quello di Shosha e Nemici, con quel suo procedere per domande aperte, incuranti di ogni possibile responso, l’interrogarsi sulle verità della natura umana, sulla relatività del Bene e del Male. Perché non ci sono risposte per gli eroi svaporati di Singer, tutti displaced person, profughi dall’anima ferita e una psiche violentata da persecuzioni e guerra. Si può amare senza essere schiavi? Si può esistere senza fare il Male? Che cos’è l’amore se non una forma di idolatria?, si chiedono gli eroi de Il Ciarlatano. Una galleria di anime in equilibrio instabile sul filo teso di una redenzione impossibile; anime salve grazie a una forma di imperscrutabile misericordia divina; ma anche anime perdute su cui ogni sorta di demone si scaglia come sul tavolo di un lauto banchetto. La debolezza umana regna sovrana, è lei l’epica protagonista di tutte le pagine di Singer insieme all’umbratile squallore di esistenze alla deriva, in un crescendo di grottesco parossismo. Il tema è sempre quello: la schiavitù dalle passioni, le pulsioni che ci imprigionano, il corpo a corpo con se stessi. Singer cercava nel fondo di una densa scodella di borsht il dialogo con se stesso e con Dio, la remissione da una implacabile lotta interiore. Più compiuto rispetto a Keyla la Rossa, anche ne Il Ciarlatano l’autobiografismo di Singer è spinto ai limiti estremi della contraddizione esistenziale: i personaggi sono ingaggiati in un rapporto sempre bellicoso con l’Altissimo e, a livello tematico, «in questo romanzo emerge la fascinazione che Singer ha sempre nutrito verso l’occultismo e lo spiritismo: troviamo infatti pagine intere prese di peso da un suo vecchio racconto, La seduta spiritica», spiega la curatrice Elisabetta Zevi. Il ritmo è serratissimo, a tratti claustrofobico. «È quasi una sceneggiatura, con dei dialoghi davvero eccezionali. Il manoscritto originale riporta la firma di uno dei suoi pseudonimi, Ytzkhok Warshavski, una firma che Singer usa raramente, solo in caso di testi su cui intende ritornare. Singer fa subito tradurre in inglese Il Ciarlatano, segno che aveva intenzione di pubblicarlo. Del resto, in quello che lui stesso chiama il “mio secondo originale”, ossia la traduzione in inglese, Singer arriva a rimettere mano all’intera prima parte, che infatti è stupefacente», dice Zevi.

La passione erotica incatena tutti i personaggi («“Che cosa ti posso offrire? Tè o caffè?”. “Veleno”, rispose lei); è la giostra delle infatuazioni irrazionali e autodistruttive, (“Perché fai così?”. “Devo baciarti”. “È una pazzia”. “Sono pazza”). Un vortice sull’orlo dell’abisso, (“Non ho chiuso occhio… sono pronta a morire, Hertz”. “Vallo a dire all’Angelo della Morte, non a me”… “Ottima idea! Ma il mio Angelo della morte sei tu, tesoro, aspettami arrivo!“). Così, Singer finisce per consegnarci un dramma con il sapore di una commedia brillante, con sparate di humour alla Ernst Lubitsch, un pathos tutto giocato sul filo di un’elegante ironia, il tragico e il grottesco che si rincorrono, in un abbraccio indissolubile. Femmine folli d’amore che entrano in scena animate da eroici furori e cieca gelosia, amanti iraconde, mariti traditi, fumosità filosofiche, lestofanti in bombetta, leggiadri falsari… E su tutto, un’allegra cialtroneria che aleggia ovunque, l’arte di tirare a campare come supremo senso della vita. I personaggi sono scolpiti, scalpellati. La galleria delle figure femminili è di maestosa perizia: Minna, poetessa erudita, tracagnotta e innamorata; Bessie, che si collega al mondo dei morti con improbabili sedute di occultismo; Bronia, altera e malinconica; Miriam, medianica e distaccata; Flora, energica moglie devota a un marito tanto fanfarone quanto inetto; Pepi, strafottente avventuriera… Come lo stesso Singer ci fa notare, anche il protagonista Hertz non dissimula la fascinazione per i falsi messia, Shabtai Zvi e Jacob Frank, e si atteggia egli stesso a profeta: religione e piacere non sono forse la stessa cosa?, si chiede. E dove può l’uomo trovare rifugio dagli orrori del mondo se non negli abissi della propria anima? Non ci sono luoghi protetti, non ci sono nascondigli possibili… Chi mentir non sa, viver non deve, sembrano dire i personaggi, impegnati in un’interminabile partita a scacchi con un’orda di demoni, spiriti e fantasmi. La distruzione dello yiddishland europeo ne ha destabilizzato psiche e valori. L’Europa malata è attraversata da quella che lo Zohar chiama “sete di abominio”. Gog e Magog hanno inghiottito il mondo. “Aveva bisogno di inseguire le donne come un cacciatore la preda. Ogni giorno doveva portargli nuovi giochi, nuovi drammi, nuove tragedie, nuove commedie o sarebbe morto d’inedia”: così, mentre Hertz affoga nel pantheon di beffe, vanità, illusioni e false speranze cui si inchina il maschio moderno, l’amico Morris fa un passo indietro, avverte la colpa, cerca di erigere una mechitzà, una barriera, tra sé e la depravazione del mondo esterno. È sufficiente saper estrarre scintille di verità? Non è come voler cavare il sangue dalle rape?, si chiedono. Non è forse evidente a tutti la menzogna della verità? E come si riscatterà il mondo dalla squallida mendacia degli uomini? Singer non cerca risposte, non svela il mistero di esistere, limitandosi solo a descriverlo come nessun’altro. (Fiona Diwan).