di Anna Balestrieri
La Brigata Ebraica, formata nel 1944 dal governo britannico, fu la prima unità militare regolare composta esclusivamente da volontari ebrei provenienti dal Mandato di Palestina. Partecipando attivamente alle operazioni militari in Italia, il suo contributo non si limitò agli scontri bellici, ma fu anche determinante nel supportare il salvataggio dei sopravvissuti alla Shoah.
Domenica 30 marzo alle ore 17.00 si è tenuta, in diretta streaming su Zoom, la presentazione del libro La Brigata Ebraica tra guerra e salvataggio dei sopravvissuti alla Shoah (1939-1947) di Stefano Scaletta. L’evento ha visto la partecipazione dell’autore, dello storico Claudio Vercelli e l’introduzione di Davide Romano.
I relatori
Stefano Scaletta, laureato in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano e successivamente in Storia d’Europa presso l’Università degli Studi di Pavia, ha condotto ricerche in Inghilterra e presso l’Università Bar-Ilan in Israele, paese da cui ha condotto la conferenza. Il suo lavoro mette in luce il carattere volontaristico dell’arruolamento degli ebrei contro il nemico nazifascista, sottolineando come molti ebrei palestinesi abbiano scelto di combattere nell’esercito britannico. Il simbolo della Stella di Davide, imposto come segno di oppressione, diventa in questo contesto un emblema di riscatto per i soldati ebrei.
Claudio Vercelli, storico contemporaneista e pubblicista, insegna presso la LIMEC-SSML, Istituto universitario per mediatori linguistici di Milano. Tra le sue pubblicazioni si segnalano Storia del conflitto israelo-palestinese (Laterza, 2020) e Israele. Una storia in 10 quadri (Laterza, 2022).
Davide Romano, direttore del Museo della Brigata Ebraica, ha introdotto l’evento, offrendo spunti sulla rilevanza storica della Brigata Ebraica durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Il ruolo della Brigata Ebraica nel dopoguerra
Dopo la liberazione dell’Italia, circa 5000 volontari ebrei della Brigata Ebraica furono dislocati lungo il confine tra Austria, ex Jugoslavia e Italia, in particolare al Passo del Tarvisio, sotto il comando britannico. Qui avvenne un incontro cruciale con migliaia di sopravvissuti alla Shoah in fuga attraverso l’Europa centrale. I volontari della Brigata, in maniera informale, organizzarono soccorsi, trasporti e accoglienza per 15.000-30.000 ebrei, conducendoli soprattutto a Milano (via Unione 5), dove venne istituito un centro di assistenza. L’azione umanitaria si estese anche agli ebrei italiani sopravvissuti alla persecuzione fascista e nazista. Un esempio significativo è la riapertura di scuole ebraiche, come quella in via Eupili, per i bambini ebrei nascosti durante la guerra, contribuendo così alla ricostruzione del tessuto comunitario.
La discussione tra i relatori ha voluto porre l’attenzione ai diversi ruoli storici assunti dalla Brigata Ebraica. Oltre all’aiuto umanitario, la Brigata facilitò anche il passaggio clandestino di ebrei verso la Palestina mandataria, un’attività che irritò il comando britannico. Per impedire questa migrazione, il Regno Unito decise di spostare la Brigata ebraica in Olanda e Belgio, allontanandola dai porti del Mediterraneo. Nonostante ciò, i volontari continuarono il loro impegno assistenziale fino allo scioglimento della Brigata nel 1946.
È stato anche ricordato il significativo contributo delle donne ebree nella Brigata: alcune operarono come agenti segreti o in ruoli di supporto militare, spesso mettendo a rischio la propria vita. Un esempio è Paola Cevidalli, coinvolta in operazioni di intelligence. Parte della discussione è stata dedicata alla distinzione tra la Brigata Ebraica ed il Palestine Regiment.
La Brigata Ebraica, formata nel 1944 dal governo britannico, fu la prima unità militare regolare composta esclusivamente da volontari ebrei provenienti dal Mandato di Palestina. Partecipando attivamente alle operazioni militari in Italia, il suo contributo non si limitò agli scontri bellici, ma fu anche determinante nel supportare il salvataggio dei sopravvissuti alla Shoah. Il valore simbolico e pratico di questa formazione risiede nella capacità di esprimere, sul campo, la volontà di autodifesa e di speranza di una comunità segnata dalla tragedia, gettando le basi per futuri sviluppi nella creazione di una forza armata nazionale in un periodo di grandi cambiamenti geopolitici.
Il Palestine Regiment, creato già durante il periodo del Mandato britannico, rappresentava una formazione eterogenea, composta da soldati di diverse origini – sia ebrei sia arabi – e mirava a garantire la sicurezza e l’ordine nella regione. Pur avendo un ruolo prevalentemente di supporto e di difesa, questo reggimento ha contribuito a fornire una struttura organizzativa e un’esperienza militare che si rivelarono cruciali per lo sviluppo di unità successive, come la Brigata Ebraica. La sua presenza evidenzia come le forze dell’epoca cercassero di integrare diverse comunità in un contesto bellico complesso, in cui il contributo di ogni gruppo si intrecciava con le dinamiche geopolitiche e sociali dell’epoca.
La presentazione ha permesso di mettere in luce un capitolo meno noto della storia della Shoah e della ricostruzione ebraica postbellica. Il ruolo della Brigata Ebraica è stato dimostrato nella sua crucialità non solo nel soccorso ai sopravvissuti, ma anche nel loro trasferimento verso la Palestina.