I mille sogni dell’anima ebraica: pace, Tikkun, impegno. Perché senza sogni non si vive

di Ester Moscati

A vent’anni dalla prima edizione di “Porte aperte”, la Giornata europea della Cultura è oggi l’evento ebraico più diffuso e seguito. Libri, conferenze, incontri, spettacoli, dialoghi…: un appuntamento imperdibile per chi desidera incontrare l’ebraismo nei suoi più diversi aspetti. Quest’anno il tema  sarà quello dei Sogni, domenica 15 settembre.

Una scala verso il cielo, un ponte tra umano e divino: per la tradizione ebraica il SOGNO è da sempre qualcosa che porta con sé l’idea del cambiamento: una soglia che si apre sulla realtà ma anche una chiave che dischiude l’immaginazione. Se ne parlerà a Milano con molti ospiti

 

«C’è un fil rouge che collega il primo all’ultimo intervento della Giornata: quello di Rav Arbib – che non sarà un semplice saluto istituzionale ma un vero intervento del Rabbino capo su Il sogno di una comunità ebraica – all’ultimo evento della sera, Il sogno della pace di Angelica Livne Calò». Così l’assessore alla cultura della Comunità ebraica di Milano Gadi Schoenheit spiega il suo progetto per la GECE 2019. «C’è infatti un fil rouge che lega il sogno della comunità al sogno della pace. Poiché siamo noi, gli ebrei, in 2000 anni di storia della cultura europea, i veri titolari della “cattedra della pace”, anzi della ricerca della pace. Questo è il passaggio chiave. Non è un caso che io abbia proposto a Rav Arbib questo tema. La seconda novità è che quasi tutta la Giornata si svolge in via Guastalla, rispettando l’impegno che abbiamo preso di rilanciare il Tempio Centrale come luogo vivo e aperto. In questo senso, la GECE sarà solo il primo di una serie di eventi che nel corso dell’anno si svolgeranno al Tempio Centrale, comprese alcune iniziative domenicali di Kesher. Tornando al programma, tutti gli interventi sono tesi a decodificare il concetto “Il Sogno, una scala verso il cielo”, in un percorso concettuale che dall’inizio alla fine rispetta il tema. Ovviamente avremmo potuto inserire altri filoni, come la psicoanalisi o il sogno nell’arte, ma non sarebbero bastate due giornate».
«Io ho cercato, all’interno del programma dedicato interamente al sogno, di inserire un’altra prospettiva – spiega Pia Masnini Jarach, consigliera delegata agli eventi, raccontando la Giornata europea della Cultura ebraica che si terrà domenica 15 settembre. – Il sogno ebraico per eccellenza è quello del Tikkun Olam, la “riparazione” del Mondo. Tutti i titoli degli interventi cercano quindi di dare un messaggio di resilienza. Quali sono i sogni che possono realizzare questa riparazione? Sono il sogno dell’accoglienza, per esempio. Il sogno del Tikkun Olam si realizza cercando di risolvere i grandi problemi che affliggono l’umanità, come quello dell’acqua, che poi si lega al tema della pace, soprattutto in Medioriente. E allora abbiamo l’intervento di Nadav Tamir, ministro del governo Peres e consigliere per gli Affari Esteri, oggi direttore del Peres Center of Peace, che parlerà con Gabriele Nissim sul tema Dal sogno della Terra al sogno dell’acqua. E ancora Il sogno nella Torà, che sarà declinato da Yarona Pinhas, esperta di mistica ebraica, in un dialogo con Rav Scialom Bahbout. Ci sarà poi una bella novità che coinvolge i bambini: Nurit Richetti affronterà il tema che dà il titolo alla Giornata di quest’anno, Una scala fino al Cielo: il sogno nel racconto biblico, con un laboratorio di storia e di espressione artistica per i più piccoli, in contemporanea con la conferenza per gli adulti, i quali potranno così partecipare lasciando i piccoli nella sala Jarach, impegnati in questa bella attività. C’è poi il sogno della lingua “rinata”, l’ebraico. Anna Linda Callow parlerà quindi del Sogno nella parola presentando il suo ultimo libro La lingua che visse due volte. Infine, abbiamo chiesto a David Ottolenghi (Gioele Dix) di fare, a modo suo, un viaggio nei sogni degli ebrei che in qualche maniera hanno cambiato il mondo: Se non avessimo sognato: viaggio attraverso 5779 anni di sogni ebraici. Così, Dix si interroga e cerca di capire se questo ha contribuito a “riparare”, nel senso del Tikkun Olam. Il tutto sarà intervallato dalle consuete e sempre molto apprezzate visite guidate al Tempio Centrale a cura di Daniela Di Veroli, a cadenza oraria.

Alla sera, – conclude Pia Jarach – ci saranno due momenti di spettacolo con un concerto/evento di Enrico Fink, preparato ad hoc per la Gece di Milano, “Un sogno a cielo aperto”; e in chiusura il teatro di Angelica Livne Calò “Bread for Peace, il sogno della Pace”, una donna che molto ha sognato e molto ha realizzato nell’ambito del dialogo e in questo campo».
Un programma dunque accattivante e ricco di idee e di confronti, aperto a spaziare dall’Italia e Milano a Israele, con molti ospiti, momenti di dibattito e riflessione, ma anche musica e teatro; un’occasione per presentarsi alla Città con un’immagine variopinta e coinvolgente, dai contenuti forti e di grande levatura culturale. Del resto, il tema del Sogno, attorno al quale si costruisce quest’anno la Giornata europea della cultura ebraica – che vedrà Parma come città capofila in Italia – è talmente vasto e affascinante da aver coinvolto gli ebrei, le tradizioni, l’arte, il pensiero, per tutto il corso della storia di Am Israel, dalla Bibbia al Talmud, da L’interpretazione dei sogni, scritto dal Rabbino Salomone Almolì di Costantinopoli nel 1532 al saggio omonimo di Sigmund Shlomo Freud, fino alle espressioni artistiche di Marc Chagall e oltre.

L’inconscio profetico

Un sessantesimo di profezia è contenuto nei sogni, si dice nel Talmud, e R. Hisdà rafforza il concetto: “Un sogno non interpretato è come una lettera non letta” (T. Bavlì, Berakhòt 55a). Il sogno va interpretato, dunque; ma chi è preposto a farlo, se maghi e indovini sono duramente condannati dalla Torà? “L’interpretazione appartiene al Signore”, dice Yoseph nel carcere egiziano, prima di conquistare il Faraone proprio con le sue doti di Baal HaHalomot, “Signore dei sogni”, appellativo con cui i fratelli lo schernivano. Sogni che possono dannare o salvare, come la storia dello stesso Yoseph insegna: i fratelli lo odiano e lo vendono come schiavo, proprio perché “spiega” i propri sogni in modo da dimostrarsi superiore a tutti loro, un mazzo di spighe di grano al quale tutte le altre spighe si inchinano. Ma poi la sua capacità profetica di interpretare il sogno del Faraone salverà l’Egitto dalla carestia. Sette mucche grasse pascolano sulla riva del Nilo, ma sette vacche magre emergono dalle acque e le divorano. L’angoscia afferra il cuore del Faraone per il presagio di morte che, capisce, grava sul Paese. Ma Yoseph, grazie al Signore che lo illumina, comprende che la profezia non è ineluttabile; è un avvertimento, si può agire per modificare il destino. Suggerisce al Faraone di accumulare il grano nei sette anni di abbondanza e prepararsi così ad affrontare i sette anni di carestia che seguiranno. L’Egitto è salvo, Yoseph viene nominato viceré, la storia va avanti… Solo se il Signore vuole, il profeta interpreta e comprende.
Ma Yoseph non è il primo patriarca ad avere uno stretto legame con i sogni. Anche il padre, Ya’akov e la nonna Rivkà, ricevono messaggi in sogno, dice la Torà, come pure profeti e personaggi che seguiranno in tutto il corso della storia biblica: Myriam, sorella di Moshé; Daniel alla corte di Babilonia…
Il sogno è una chiave, un avvertimento di salvezza, un insegnamento per riflettere, analizzare, comprendere la strada giusta da seguire, tramutare l’angoscia più nera in azione e speranza. Secoli e secoli dopo il racconto biblico, l’ebreo Freud darà a questo percorso il nome di Psicoanalisi, nei suoi studi sull’interpretazione dei sogni, sull’inconscio e la terapia. E proprio il saggio L’interpretazione dei sogni del 1899 è il libro più caro al suo autore, forse perché lo fa sentire vicino alle sue origini, vicino al patriarca Yoseph che all’appellativo Baal HaHalomot, “signore dei sogni”, coniuga quello di Tsefanath Pa’neach, “colui che mostra il nascosto”. Scrive Freud: “La psicoanalisi insegna che ogni sogno ha un senso, la sua stranezza dipende da deformazioni eseguite sulla manifestazione del suo significato”. E la sua tecnica delle “associazioni libere”, la sua doppia chiave interpretativa – simbolica e metaforica – hanno uno stretto legame con il “ragionare” sulle scritture, proprio del Talmud.
E nel Talmud, sempre a proposito del sogno, si dice anche che “la sua spiegazione è nella bocca dell’interprete”, conferendo così una grande responsabilità a chi si pronuncia, esattamente come la psicoanalisi dà, inevitabilmente, una grande responsabilità al terapeuta.

La scala verso il cielo

Ma il sogno, si dice ancora nel Talmud, è anche un momento di contatto tra due mondi, tra la vita e la morte, tra l’esistenza terrena e il piano spirituale. Una “scala verso il cielo”, come nel sogno di Ya’akov, quando, fuggendo l’ira di Esav, dorme all’aperto a Bethel: “Ed ecco una scala che è posata sulla terra e la cui cima raggiunge il cielo; ed ecco che angeli di Dio salgono e scendono; ed ecco che le Presenza divina gli si rivela in una visione profetica e gli dice: Io sono Dio di tuo padre Avrahàm e di Yitzchàk, la terra sulla quale stai giacendo la darò a te e alla tua discendenza. E la tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, al settentrione e al meridione, e tutte le famiglie della terra saranno benedette grazie a te e alla tua discendenza…” (Bereshìt, 28, 12-14).
Un’immagine potente, questa scala infinita, con gli angeli che salgono e scendono, in uno scambio dialettico tra mondi e spazi così diversi e apparentemente inconciliabili.
Tanto è potente, questa immagine, da aver ispirato gli artisti per secoli, in ogni tipo di iconografia e tecnica: dalla miniatura medievale, alle vetrate istoriate, alle incisioni di Gustave Dore; dalla pittura rinascimentale, con gli affreschi di Raffaello in Vaticano, fino a quella moderna e contemporanea – due nomi per tutti, William Blake e Marc Chagall – con esiti e interpretazioni sempre diversi ed esaltanti. Un’immagine che fortemente colpisce l’immaginazione e stimola il pensiero, alla continua ricerca di significati e interpretazioni.

L’altrove e l’immaginazione

“Dipingo come addormentato, in sogno”, diceva Chagall, cercando di spiegare il suo mondo a colori, la sua tecnica e la sua pittura visionaria e immaginifica, fatta di contraddizioni, incongruenze, di quella libertà espressiva che solo nei sogni – e nell’arte – è possibile. La dimensione onirica dell’Altrove è quella dove si muove Marc Chagall, il cui nome ebraico era Moishe Segal e quello russo Mark Zacharovič Šagal. Nei suoi dipinti e soprattutto negli Autoritratti, la sua identità si moltiplica; può essere, contemporaneamente, a Parigi e a Vitebsk, essere compiutamente ebreo e dipingere Cristi e crocifissioni, far volare mucche e violini, spingere barche di profughi a solcare il cielo. “Tutti gli uomini fantasticano, ma l’ebreo ‘abita’ l’immaginazione”; e come potrebbe essere altrimenti, quando la realtà è fatta di fughe, miseria, violenza e pogrom? Anche per il chassidismo, per la Qabala e la mistica ebraica, il sogno e l’immaginazione non sono elementi infantili, ridicoli, inutili: sono una chiave per vivere, per sperare, per cercare un Altrove (fisico o spirituale) dove trovare rifugio, conforto. E magari inventarsi un futuro. “Con la preghiera e il digiuno si propizia il sogno”, insegna il Talmud, e alcuni siddurim prevedono addirittura la Hatavat-halom, preghiera per il “miglioramento del sogno”. Lo stesso Shulkhàn ‘Arùkh ritiene che l’unico digiuno permesso nel giorno dello Shabbàt sia quello fatto per annullare un brutto sogno. Perché il sogno è utile, è benedetto, come una porta che si apre su un fresco giardino nella calura dell’estate. È una lettera, un messaggio, che ci viene dall’Alto, direttamente dal “divino”. La simbologia della “lettera” scelta da R. Hisdà non è certo casuale: una lettera, infatti, ha sempre un mittente, un destinatario e uno scopo preciso. Deve, vuole, trasmettere un insegnamento, indicare un percorso. Chi ha un sogno, insegnano i maestri, deve fare di tutto per realizzarlo, deve provare con tutte le forze a far sì che s’avveri. Un Tikkun, dunque, personale e collettivo, che attraverso il sogno può diventare concreto. Appuntamento quindi a domenica 15 settembre, quando la Comunità ebraica di Milano si aprirà alla Città per sognare, capire chi siamo e costruire insieme una polifonia ideale che sia capace, davvero, di migliorare il mondo.

 

 

Il programma

Giornata Europea della Cultura Ebraica 2019
XX edizione

Sogni, una scala verso il cielo

Sinagoga Centrale di Milano Hechàl David uMordechai, via della Guastalla 19

8.30   Apertura al pubblico
9.00   Visita guidata della Sinagoga
10.00 Saluti istituzionali
10.15  Rav Alfonso Arbib “Il sogno della Comunità ebraica”
10.45 Andrée Ruth Shammah “Il sogno del teatro
11.00 Emanuele Fiano “Il sogno della fratellanza”
11.45 Nadav Tamir del Peres Center of Peace dialoga con Gabriele Nissim
“Il sogno della pace e dell’innovazione in Medio Oriente”

12.45 Visite guidate della Sinagoga a cadenza oraria 

15.00 Yarona Pinhas “Il sogno nella Torah”
15.00 Nurit Richetti “Una scala fino al Cielo: il sogno nel racconto biblico”
laboratorio di storie e di espressione artistica per bambini  (dai 5 ai 10 anni – sala Jarach) 

16.00 Anna Linda Callow “Il sogno nella parola”. Introduce Stefano Jesurum
17.00 Gioele Dix “Se non avessimo sognato: viaggio attraverso 5779 anni di sogni ebraici”
18.00 Visita guidata della Sinagoga – tutte le visite sono effettuate da Daniela Di Veroli

 

Sala Grande Teatro Franco Parenti | Via Pier Lombardo 14

20.45 Enrico Fink concerto musicale “Un sogno a cielo aperto”

          Angelica Edna Calo’ Livne “Bread for Peace, il sogno della Pace”

 

Ingresso libero fino ad esaurimento posti

Informazioni e aggiornamenti: 02 483110 223, gece@com-ebraicamilano.it

Con il contributo di Regione Lombardia

 

Con il patrocinio del Comune di Milano