Bookcity. Sacrificio e altruismo nel libro ebraico

Eventi

di Roberto Zadik

Subito dopo Amos Oz, a salire sull’Habimà della sinagoga di Guastalla lo storico David Bidussa e Andrea Gessner, della casa editrice Notte Tempo.

Il sacrificio è un tema fondamentale nella tradizione ebraica solo che in “tempi antichi esso creava partecipazione nella comunità religiosa che lo praticava mentre invece ora è un gesto narcisistico e fanatico di un singolo che si immola portandosi via tante vite innocenti”. Lo storico ebreo livornese David Bidussa, citando famosi esempi biblici da Caino e Abele, al sacrificio di Isacco, ha così introdotto questo argomento presentando  il libro del filosofo Moshè Halbertall “Sul Sacrificio” (Giuntina). Tempi che cambiano, nuove frontiere e sfide da affrontare in un mondo “in cui” secondo Bidussa “il corpo ha sempre più importanza e nel quale il sacrificio deve essere per il bene della società e non a danno di altri”.

Il testo tratta in maniera approfondita la funzione e il significato del rito sacrificale, addentrandosi nei suoi significati più profondi e abissali come estremo di amore, si dice ancora oggi sacrificarsi per amore o di violenza e di abiezione. Sulla base di queste pagine, lo studioso ha riflettuto ponendo esempi storici e concreti, da Giona fino al caso di Jan Palach che si suicidò senza però “coinvolgere nessun altro in questo suo gesto estremo”. Bidussa ha insistito sulla differenza fra sacrificarsi per una semplice follia ideologica, alludendo ai kamikaze e a quelli che si fanno esplodere e invece adoperarsi per “la cosa pubblica e il Bene comune”. Questo avviene, come ha detto Bidussa  “condividendo col prossimo un progetto e mettendo a disposizione della collettività quello che fai e in questo senso il sacrificio è un fenomeno che deve riguardarci quotidianamente.”

Di Romain Gary  e del suo “L’angoscia di Re Salomone”  (300pp, 15 euro, Giuntina), ha parlato Andrea Gessner.  Ci sono vite che sembrano surreali tanto sono movimentate e quella dello scrittore ebreo  Roman Gary  è degna di un romanzo, di una fiction sospesa fra ispirazione e dramma. Un autore poliedrico, irrequieto e coraggioso,  il cui vero nome era Roman Kacew e che nella sua esistenza scrisse moltissimo e visse intensamente.  Nato nella celebre Vilnius, in Lituania, emigrò in Francia a 13 anni e lì si stabilì cambiando cognome e stile di vita. Apolide, cittadino del mondo, sposato due volte, in seconde nozze con la bellissima attrice americana Jean Seberg e morto suicida nel 1979, Gary scrisse un famoso romanzo intitolato “L’angoscia di Re Salomone”.  A parlare di questo libro e della turbinosa esistenza di Gary, è stato Andrea Gessner della casa editrice “Nottetempo”.  Ma qual è la trama questo romanzo?  Il testo non tratta del famoso personaggio biblico autore dell’”Ecclesiaste” bensì di Shlomo Rubinstein un anziano e ricchissimo sarto ebreo che decide di aiutare gli altri, di dedicarsi ai vecchi, ai malati e alle persone sole e di lasciare gli affari. A quel punto incontrerà una serie di personaggi stravaganti dando voce alle sue ansie e a quelle altrui, venendo incontro a quel bisogno di consolazione tipico dell’essere umano, attraverso il telefono. Una linea telefonica come quelle che ci sono oggi ma “ante litteram quella di “S.O.S Benevoli” associazione fondata da Rubinstein. Uscito nel 1979, anno del suicidio di Gary, che a quel tempo si faceva chiamare Emile Ajar, in questa girandola di eteronimi, l’autore ricorda il grande poeta portoghese Pessoa, “L’angoscia di Re Salomone” è un misto di ironia, di introspezione psicologica e di racconto sociologico.