Roth? “Scrive meravigliosamente bene”. “Per me non è neanche uno scrittore”

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di Roberto Zadik

Leggenda vivente della letteratura ebraica americana e internazionale, Philip Roth si conferma acclamato e apprezzato scrittore vincendo oggi il prestigioso Man Booker International Prize. La giuria, a Sidney, ha infatti annunciato durante una conferenza stampa che fra i 13 partecipanti in gara, l’autore 78enne, che attualmente vive nel Connecticut sposato con l’attrice Claire Bloom, si è aggiudicato il prestigioso riconoscimento che include anche un compenso di 60mila sterline.

In gara con nomi di primo piano come Anne Tyler, John Le Carrè,  Philip Pullman, nonché la nostra Dacia Maraini, alla fine Roth arriva al primo posto e dichiara: “È un grande onore, sono lusingato” sottolineando l’importanza del premio conseguito.

Provocatore sornione, nato da famiglia askenazita nel New Jersey, con il suo “Lamento di Portnoy” raggiunse un’incredibile popolarità nel 1969, raccontando da allora ad oggi l’America in maniera dissacrante mettendone in risalto le contraddizioni.

Da capolavori come “Pastorale americana” e “La macchia umana”, che nel 1993 è diventato un film con Anthony Hopkins e Nicole Kidman, fino al recente “Nemesi”, uscito l’anno scorso, Roth è in continuo fermento e fin dagli esordi ha raccolto premi e recensioni positive.

Nel 1959 il grande Saul Bellow, a proposito di  “Addio Colombo!”, primo lavoro di Roth, scrisse: “Questo è un romanzo d’esordio ma non il libro di un principiante. Ha un grande talento, energia e senso dell’umorismo e si esprime come un virtuoso”. Questo dimostra la qualità della scrittura di Roth, premiato anche stavolta con un riconoscimento che l’anno scorso è stato assegnato ad un altro grande della letteratura ebraica di lingua inglese, Howard Jacobson.
Fra i temi fondamentali delle opere di Roth, dagli inizi sino ad oggi, ci sono il laicismo, la psicanalisi e la sessualità disinibita che provocarono non poche polemiche nell’America degli anni Sessanta. Proprio il continuo “ritorno” di Roth sugli stessi temi è stato la causa della polemica sollevata da uno dei giurati del Man Booker International, Carmel Callil. La Callil infatti ha abbandonato la giuria in disaccordo con la scelta dei colleghi, sostenendo che “ogni libro di Roth è la stessa storia, scrive dello stesso argomento”. Anzi, ha aggiunto: “per me non è neanche uno scrittore”.  Secondo il presidente della giuria Rick Gerosky, invece, Philip Roth dal 1958 continua a scrivere “meravigliosamente bene” e “non conosce declino”.