Premiati un racconto e una poesia di due nostri ragazzi

Giovani

di Ilaria Myr

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Da sinistra, Michel levi e Yael Pepe, con la prof. Micaela Mander

Una grande soddisfazione per la Scuola ebraica della Comunità: due ragazzi della V linguistico sono risultati vincitori alla prima edizione del Premio letterario Aurelia Josz dedicato al tema dell‘attesa.

Yael Pepe si è aggiudicata il Premio Speciale ADEI Wizo con il racconto “L’attesa”, mentre a Michel Levi è andato il Premio Speciale Aurelio Giuseppe Heger, dedicato al pronipote di Aurelia Josz, deceduto un anno fa, con la poesia ‘L’attesa’.

La Scuola Ebraica  ha aderito con entusiasmo all’iniziativa, lasciando agli organizzatori del premio lo spazio per raccontare ai ragazzi la splendida figura di Aurelia Josz.  Dal canto loro, i ragazzi di III e V secondaria superiore hanno risposto con passione alla proposta di partecipare al concorso, mandando i propri lavori, nonostante i tempi stretti per la consegna del materiale. Oltre a Yael Pepe e Michel Levi, hanno partecipato anche Jonathan Mouhadab di III e Miriam Capelluto di IV.

Kol ha kavod a tutti loro!

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Michel Levi. “L’attesa”

Tempo che scorre,

sabbia fra le mani,

battito di tempo.

Le lancette girano,

secondo dopo secondo,

minuto dopo minuto,

ora dopo ora.

Giorni, settimane e mesi

passano e in men

che non si dica sono anni

e così una vita intera.

Col tempo le stagioni,

così autunno, inverno,

primavera ed estate.

Foglie che ingialliscono,

neve che cade,

fiori che sbocciano

e il sole che va su e giù,

come l’alternarsi di un’altalena,

ma niente può fermarlo.

Troppo intenso, troppo veloce,

tanto che hai voglia

di tornare indietro

ma, nel frattempo, non

puoi fare altro che

andare avanti.

Non dipende da te.

Il tempo è re e popolo

di se stesso

e l’uomo non può

che seguirlo

o farsi travolgere.

Emozioni forti o meno,

lacrime che scivolano,

di gioia o di dolore

poco importa

quanto il fatto che vivi.

Questa la vita è,

un’attesa continua,

un implacabile tormento,

una meravigliosa sorpresa.

Questo dipende da te.

Yael Pepe. L’attesa.
Seduta sotto una pensilina sfoglia nervosamente l’inserto di un quotidiano scandendo con pesanti colpetti di tacco gli interminabili minuti di attesa di un autobus che evidentemente si è perso sulla strada. Lui la guarda dal chiosco dell’edicola di fronte alla fermata, un’attività ereditata dal padre come una croce. Quel claustrofobico gabbiotto che dapprima si era rassegnato ad occupare come un umile recluso si è trasformato col tempo in un eccezionale punto di osservazione. Da lì scorge giovani annoiati in giubbino similpelle acquistato dai cinesi, mamme sudamericane dai fianchi generosi e i capelli raccolti, vecchi strategicamente miopi per non percepire i contorni di quei mostruosi edifici popolari che sono costretti ad abitare, ma anche giovani artisti con occhi colmi di speranza e poesia. Un carico di vite che a quella fermata viene raccolto e smistato tra uffici, call center, fast food o sempre più di frequente centri per l’occupazione. Lui ama osservare e riconoscere quella gente e ha imparato a scrutare nelle loro anime e a leggerne ansia, gioia, assenza. Quella donna non l’ha mai vista prima. Bella ma non troppo, il corpo avvolto in un impeccabile trench color antracite. Rapito da un inspiegabile curiosità inizia a costruirne la storia. Cresciuta troppo in fretta in una famiglia borghese dove l’apparenza era tutto, le pareva di non avere mai goduto appieno della sua prima giovinezza presa com’era dall’impegno incessante d’inseguire un modello che l’avrebbe caricata di ansie e insicurezze. Una grande passione per la storia che aveva scelto di intraprendere come facoltà, una scienza che le permetteva di collegare uomini ed eventi per comprendere quanto ciclicamente tutto si ripetesse. Con la stessa ciclicità si ripetevano le sue scelte sentimentali: uomini spesso molto più grandi di lei che le pareva potessero darle un senso di sicurezza e stabilità ma che puntualmente si rivelavano egocentrici ed inaffidabili. Conosce poi Marco, suo coetaneo, un animo sensibile e disperatamente fragile. Marco è cresciuto in strada, Marco è tossicodipendente ma lei lo vuole salvare. Il ragazzo dell’edicola bruscamente smette di immaginare. Quell’autobus ingoia un’altra vita e lui non saprà mai se lei salverà Marco o se Marco distruggerà lei.