Abravanel: cari ragazzi, puntate sulla formazione e vincerete

Giovani

di Paolo Castellano

Università, mercato del lavoro, nuove opportunità.
Un vademecum per affrontare le sfide post-laurea

 

Abravanel_CoverViviamo in un periodo dove cercare lavoro è diventato un lavoro. Per avere più opportunità d’impiego è necessario progettare un efficace percorso formativo supportato da scelte consapevoli e ponderate senza affidarsi al caso. Questa è anche la tesi di fondo de La ricreazione è finita (Rizzoli), un saggio firmato da Roger Abravanel e Luca D’Agnese. Una riflessione che si come una bussola per navigare verso la giusta direzione per avere più chance di trovare lavoro. Il testo è organizzato in quattro sezioni. Nella prima parte vengono mostrati quali siano i luoghi comuni che portano a scelte sbagliate riguardo la formazione professionale; nella seconda vengono descritti i cambiamenti nel mondo del lavoro e le competenze che sono richieste dalle aziende; nella terza parte vengono analizzate le capacità messe in atto dalla scuola italiana nel formare queste competenze; nell’ultima parte infine, i due autori tentano di fornire alcuni suggerimenti per creare un efficace curriculum.

Molti i temi sul tappeto, alcuni dei quali al centro del dibattito pubblico: come, ad esempio, la spinosa questione della fuga dei cervelli dall’Italia. Durante la presentazione del libro all’università Bocconi, Roger Abravanel ha risposto ad alcuni quesiti clou.
Emigrare è un male?
In Italia non si emigra abbastanza. La nostra penisola è il fanalino di coda rispetto ad altri paesi. I cittadini italiani infatti non propendono per la mobilità all’estero. Viene a galla una sorta di pregiudizio che non riconosce il lavoro all’estero come un’opportunità. Infatti si parla sempre di “fuga di cervelli”. Dobbiamo dire che il nostro Paese fa fatica ad attrarre i cervelli stranieri. Di questo nessuno si lamenta nonostante sia un drammatico indicatore della scarsa capacità attrattiva del nostro sistema universitario.
Dunque sono numerosi i fattori in gioco, uno dei più interessanti è il rapporto tra età anagrafica e occupazione. Qual è l’età adatta allora per trovare lavoro?
Vale il principio secondo cui prima si studia e poi si lavora. Diciamo che arrivare al primo lavoro oltre i 24, 25 anni è un handicap gravissimo di troppi ragazzi italiani. Lavorando si impara poco: non ci si forma, ci si perfeziona. Essersi laureati in tempo è molto più importante del voto finale e non solo per una questione d’età. Laurearsi in corso è anche una dimostrazione del fatto che si sanno rispettare gli impegni.

Insomma questo saggio potrebbe essere un utile vademecum da tenere sul comodino per sviluppare una visione d’insieme, sui pregi e difetti del sistema d’istruzione italiano in relazione alle opportunità che il mercato del lavoro nazionale e internazionale offre alle nuove generazioni.