Europa: la rinascita dell’estrema destra

2019

 

n° 11 - Novembre 2019 - Scarica il PDF
n° 11 – Novembre 2019 – Scarica il PDF

Dalla Germania alla Francia, dalla Polonia all’Inghilterra, dall’Olanda all’Italia… L’Europa si tinge di nero. Crescono nuovi fascismi xenofobi, violenti, antieuropeisti. Intolleranti verso tutte le minoranze, compresa quella ebraica. Colpa della crisi economica, del globalismo, dei movimenti migratori. Un’inchiesta

 

Caro lettore, cara lettrice,

recentemente ho visto il film Joker del regista Todd Phillips (ebreo di Brooklyn), una di quelle pellicole che non puoi ignorare o eludere, semplicemente perché è sulla bocca di amici, colleghi, parenti, figli e amici dei figli. Mi sono così ritrovata a chiedermi perché piacesse a così tanta gente, un cosiddetto capolavoro, almeno per i giovani. Forse perdi colpi, mi sono detta. È un film disturbante, angoscioso e disperato, psicologicamente violento, che legittima l’uso delle armi e sdogana l’idea di farsi giustizia da soli, che prende un giovane traumatizzato e borderline, e ne fa prima un assassino e poi l’eroe collettivo di un mondo distopico, degradato e marcescente, tra cumuli di spazzatura e eserciti di topi, un po’ Arancia Meccanica un po’ Taxi Driver del XXI secolo.

La verità è che Joker piace così tanto perché parla di noi, parla al nostro disagio, piace perché è un prodigioso apologo politico e perché fornisce, meglio di decine di ponderosi saggi, una spiegazione dell’origine possibile di ogni moderna dittatura, di ogni fascismo, allorquando questi incontrano la tempesta perfetta, ovvero la saldatura tra patologia psichica, mental desease, e disagio sociale, proprio come accadde con l’avvento del nazionalsocialismo di Hitler negli anni Trenta, quando sta per avere inizio la ferocia in forma di delirio collettivo, di “sete di abominio”.

Questo film piace perché parla alla nostra difficoltà di vivere in un mondo che assiste a periodici sacrifici umani in forma di stragi tributate al dio del massacro.

Un mondo che vede concretizzarsi uno dei peggiori incubi post-olocausto d’Europa: un antisemita armato che urla in tedesco e che attacca una sinagoga in Germania. Non è successo solo ieri, nel 2019, è successo due volte in una settimana: a Halle, durante lo Yom Kippur, e il 4 ottobre alla Nuova Sinagoga di Berlino quando un siriano di 23 anni, correndo, vi ha fatto irruzione brandendo un coltello e gridando Allahu Akbar e Fuck Israel (vedi inchiesta di copertina). Ma tornando a noi e al film, una cosa manca a Joker: il benché minimo barlume di speranza. Tutto è cupo, nero, maleodorante, marcio. Non c’è spiraglio di redenzione, il mondo sprofonda nell’orrore insieme al suo eroe. Un orizzonte claustrofobico che coccola il trauma, ne legittima la deriva patologica, deresponsabilizza il corpo sociale scaricando ogni colpa sulle nefandezze del sistema. Proprio come quando i volonterosi carnefici di Hitler, sgranando gli occhi, dicevano di aver solo eseguito degli ordini.

Qualche giorno fa ho presentato all’USI di Lugano (Università della Svizzera Italiana), le sorelle Tati e Andra Bucci, oggi ottantenni, due bambine scambiate all’epoca per gemelle e scampate miracolosamente alle selezioni che il dottor Josef Mengele compiva ad Auschwitz sui bambini prigionieri dei Kinderblock. Le sorelle Bucci furono salvate da una kapò che le avvertì, cinque minuti prima, della selezione di Mengele: quando il dottore vi chiederà “chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti”, voi dovrete stare ferme e non fare nulla. Quello era infatti il modo atroce che Mengele aveva escogitato per portare via i bambini senza urla né strepiti per poi farne cavie umane. La testimonianza delle sorelle Bucci è un inno alla vita contro cui la Shoah nulla ha potuto. Un inno alla speranza e alla fiducia. Le sorelle Bucci sono sopravvissute perché salvate da una kapò, sono tra i 50 usciti vivi da Auschwitz sui 230 mila bambini lì deportati. Non sono impazzite, non si sono suicidate, hanno fatto dei figli e una famiglia. Come Liliana Segre. Hanno scelto la vita. Non il nichilismo, non l’autodistruttività. Non la “morte” come in Joker. Se c’è speranza ad Auschwitz perché non anche a Gotham City?

Fiona Diwan