Un lupo che perde il pelo ma non il vizio

Taccuino

di Paolo Salom

Il lupo perde il pelo, mai il vizio. Rispondo più esaustivamente all’ambasciatore Sergio Romano, riguardo una sua riflessione su ebrei e antisemitismo, sul Bollettino di aprile e sul post prededente di questo blog.

Tuttavia, visto che oggi, 22 marzo, nella rubrica delle lettere l’ambasciatore torna sull’argomento stimolato da una lettera di Sergio Della Pergola, provo a mettere due pensieri anche qui, piattaforma sicuramente più agile e immediata.

Dunque, alle contestazioni garbate del celebre demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme, integrate da una precedente nota, non meno civile, di Amit Zarouk, portavoce dell’ambasciata israeliana a Roma, Romano ripropone la sue conclusioni: se l’antisemitismo è aumentato in questi ultimi anni la colpa, in definitiva, è di Israele e delle sue politiche. La dimostrazione? Il professor Della Pergola a sostegno della sua posizione (peraltro poco spiegata nella risposta sul Corriere della Sera) invia due studi demoscopici sull’aumento del fenomeno. Ma Sergio Romano risponde che le indagini valgono fino a un certo punto (la mia è una parafrasi), che analoghe ricerche sull’islamofobia porterebbero a medesimi risultati. Persino se si chiedesse ai tedeschi come percepiscono l’atteggiamento degli altri europei verso di loro si scoprirebbe un aumento “dell’antipatia”.

Ma Sergio Romano è uno storico, non può abbandonarsi a sensazioni, tanto meno se la sente di spiegare l’antisemitismo come “un peccato originale del cristianesimo”. Ora, di volumi (di Storia) sull’argomento sono piene le biblioteche. Non mi dilungherò e non citerò testi che “storici” quali Sergio Romano devono conoscere senz’altro. Quello che mi preme chiarire qui è l’incredibile mancanza di umiltà (scientifica) e la distorsione degli argomenti. Il punto, caro Romano, non è attribuire un fenomeno a una causa allogena (l’antisemitismo aumenta perché Israele si comporta male con i palestinesi), ma analizzare le motivazioni endogene: chi e perché in Europa (e in parte anche negli Stati Uniti) scende in piazza contro gli ebrei o, addirittura, ne fa strage?

Non è difficile capire quello che accade nei nostri giorni, e le indagini demoscopiche possono solo facilitare tale comprensione. L’antisemitismo, presente da secoli in Europa (sì, esiste un peccato originale del cristianesimo che, guarda caso, ha portato al Concilio Vaticano II), è ora riportato dalle braci ardenti sotto la cenere alle fiamme aperte dalla presenza sempre più rilevante di un’immigrazione arabo-musulmana che delle ragioni dell’esistenza di Israele se ne fa un baffo. Per loro, inoltre, non esiste distinzione tra ebrei della Diaspora e Israele (non importa quali politiche si decidano a Gerusalemme: di sinistra o di destra): perché Israele è un'”anomalia temporanea” (i musulmani sostengono in genere che gli ebrei sono l’espressione di una religione, non di un diritto statuale purchessia). Dunque, combatterli in Europa (e negli Stati Uniti, fenomeno in crescita, soprattutto nei campus universitari) è un dovere religioso e una continuazione della guerra con altri mezzi.

Ecco quel che Sergio Romano fa finta di non vedere (o magari non riesce a vedere, cosa ancor più problematica per uno storico). L’antisemitismo, ripeto, non è un fenomeno legato alle azioni di Israele, ne è al contrario completamente sganciato (se consideriamo la distinzione azioni-buone dei governi “pro accordo a ogni costo”, dalle azioni-cattive degli israeliani “pro sicurezza prima di tutto”). E soprattutto, a differenza di altri movimenti che certo esistono (islamofobia, antipatia anti tedeschi), il fine sostanziale è quello della distruzione di uno Stato percepito come “illegale” (con buona pace dell’Onu). Nessuno che abbia timore dei musulmani o, per ragioni diverse, dei tedeschi in Europa pensa di voler obliterare le nazioni originarie. E se questa non è una differenza sostanziale…