Gli arabi esultano per i roghi in Israele (che continua a curarli nei propri ospedali)

Taccuino

di Paolo Salom

Un messaggio per il lontano Occidente, sulle intenzioni di pace dei Paesi arabi, oltreché dei palestinesi, arriva in queste ore dai social media. Che si ingolfano di messaggi di gioia e tripudio nella lingua del Corano. Perché? Israele, devastata da molteplici roghi che da giorni assediano case, strade, scuole, prigioni, ospedali, è l’oggetto della felicità esplicita dei tanti utilizzatori di Twitter e Facebook. Si augurano, queste moltitudini, che Israele arda fino in fondo, di poter odorare il “profumo del barbecue di sionisti”. Si felicitano questi stolti, perché “hanno voluto vietare il canto dei muezzin e Allah li brucia con le fiamme”.

Ecco, questa è la situazione: ogni volta che Israele è in difficoltà, qualunque sia il motivo, gli arabi (i molti che utilizzano questi meravigliosi strumenti moderni) non trattengono l’orgasmo di felicità che trabocca dai loro cuori gentili. Non si rendono conto, evidentemente, del pericolo di tirare in ballo l’ira di Allah. Perché basterebbe loro vedere in che condizioni si trovano gran parte dei Paesi arabi per chiedersi quale peccato abbiano commesso per meritarsi tanta sofferenza.

Ma tant’è: Israele accoglie nei propri ospedali mogli, figli e parenti di quegli stessi dirigenti (di Hamas o del Fatah, senza distinzioni) che il giorno seguente tuoneranno contro la “perfidia degli ebrei” e “l’ingiustizia contro i palestinesi”. Non solo, lo Stato ebraico cura anche i feriti della guerra in Siria, senza chiedere di che parte siano. Per non parlare degli aiuti umanitari che valicano quotidianamente i confini di Gaza. Questo è quanto riceve in cambio: il riso sui volti degli arabi che osservano le fiamme bruciare le case di Haifa o di Modiin.

Ai molti che nel lontano Occidente attribuiscono a una sola parte il mancato raggiungimento di un accordo di pace, naturalmente, tutto questo non basterà per (iniziare a) cambiare opinione. O ci sbagliamo?