“Storie uniche di sopravvivenza e resilienza”: i veterani ebrei della Seconda Guerra Mondiale raccontati nelle foto di Jonathan Alpeyrie

Personaggi e Storie

di Pietro Baragiola
Nel corso della sua carriera che spazia due decadi, Alpeyrie ha deciso di non focalizzarsi solo sui racconti dei conflitti odierni ma anche su quelli passati ed è così che ha iniziato a fotografare i veterani della Seconda Guerra Mondiale, raccogliendone le testimonianze.

Per commemorare gli 80 anni dalla resa della Germania, celebrati l’8 maggio, il fotografo e cronista di guerra Jonathan Alpeyrie ha pubblicato sul Times of Israel la sua personale raccolta di foto scattate ai veterani ebrei che hanno combattuto nell’Armata Rossa contro le forze dell’Asse.

“La storia della mia famiglia è costellata di racconti di guerra” ha raccontato Alpeyrie, il cui prozio ha combattuto contro l’invasione tedesca nel 1949 mentre il nonno era l’autista personale del comandante in capo dell’esercito francese, Maurice Gamelin. “Sono cresciuto ascoltando le loro storie e forse è per questo che sono diventato un fotografo di guerra.”

Nel corso della sua carriera che spazia due decadi, Alpeyrie ha deciso di non focalizzarsi solo sui racconti dei conflitti odierni ma anche su quelli passati ed è così che ha iniziato a fotografare i veterani della Seconda Guerra Mondiale, raccogliendone le testimonianze.

“Ho subito capito che avrei potuto creare un’opera che, col tempo, avrebbe fornito un reale valore storico alle generazioni future” ha spiegato il fotoreporter.

La raccolta di fotografie

Alpeyrie ha iniziato il suo progetto nel 2004, ancora agli albori della sua carriera da fotografo per i giornali di Santa Barbara.

“Un giorno ho incontrato per caso il nonno di un mio amico che aveva prestato servizio come pilota nel Pacifico e gli ho chiesto se avrei potuto fargli qualche scatto e intervistarlo su ciò che ha dovuto affrontare durante la Guerra” ha raccontato il fotografo. “Questo è stato l’inizio di un lavoro che mi avrebbe portato in giro per il mondo per oltre 10 anni.”

Nei primi 6 mesi Alpeyrie ha avuto modo di incontrare veterani di più di 15 nazionalità diverse, molti dei quali ebrei che avevano combattuto sul fronte orientale dell’Armata Rossa.

Tra i veterani intervistati vi sono eroi come il comandante di artiglieria Leonid Rozenberg, che ha combattuto nella battaglia di Rostov, Belgorod e persino nella liberazione di Varsavia dove ha ricevuto una medaglia al merito.

Le storie dei veterani

Molti dei veterani intervistati da Alpeyrie si sono arruolati giovanissimi nell’Armata Rossa, come Alexander Turetsky che è diventato tenente a meno di 18 anni prestando servizio nella 344° divisione Roslavskaya alla guida di una compagnia di circa 100 commilitoni.

“Era un’unità di ricognizione mandata sul fronte tedesco in cerca di soldati nemici da catturare e interrogare” ha spiegato il tenente al fotoreporter. “Una missione molto pericolosa, ma necessaria per la nostra vittoria.”

Nei suoi anni di servizio, Turetsky è stato anche protagonista di molte fasi dell’Operazione Bagration, che ha distrutto le linee del fronte nemico segnando la più grande sconfitta nella storia militare tedesca.

Non bisogna dimenticare che anche l’Armata Rossa ha subito gravi perdite come raccontano il veterano Gregory Gurtovnik, sopravvissuto alla riconquista di Kiev, e il capitano Semen Vaidman che è stato interrogato dall’NKVD per quattro mesi quando i tedeschi invasero Babrujsk.

“Una mattina siamo partiti con 100 uomini ma alla fine della giornata eravamo solo in 8” ha raccontato Vaidman ad Alpeyrie. “I tedeschi ci avevano teso un’imboscata e i miei uomini sono iniziati a cadere tutti intorno a me. È stato uno dei giorni più difficili della mia vita.”

Molti veterani hanno prestato servizio anche via mare, come il soldato Josef Krulyak che, dopo essere scappato da Ržev insieme alla famiglia per fuggire alle persecuzioni antisemite, si è arruolato a soli 17 anni nella marina russa, prestando servizio sul cacciatorpediniere Krasnyj Krym, responsabile di uno dei cannoni antiaereo della flotta del Mar Nero contro le forze dell’Asse.

“Non c’è mai stata una vera pace sul Mar Nero” ha raccontato il veterano. “I tedeschi ci attaccavano spesso con i loro bombardieri in picchiata, lanciando bombe sui ponti delle nostre navi. Facevo del mio meglio per abbatterli con i nostri cannoni, ma erano come mosche che ronzavano costantemente sopra le nostre teste.”

Durante un turno di notte, Krulyak è riuscito a notare uno oggetto che si muoveva nell’acqua vicina al cacciatorpediniere. Questo si è rivelato essere una mina galleggiante ma, grazie alla segnalazione del soldato, non ci sono state vittime.

Atti di eroismo come questo riecheggiano nei comportamenti di diversi altri veterani che, pur essendo rimasti feriti nei combattimenti, hanno continuato a prestare servizio: Israel Barsuk dopo aver trascorso quattro mesi in un ospedale a Ossezia, pur essendo dichiarato “non idoneo al servizio”, ha convinto i suoi superiori a rimandarlo sul fronte; Salomon Freidlyand dopo le ferite riportate ha lavorato in un’unità chimica per il governo russo fino alla fine della guerra.

“Sono fiero di essere riuscito a raccontare queste vite incredibili” ha concluso Alpeyrie. “Russi, ucraini, bielorussi, tutti con storie uniche di sopravvivenza e resilienza che le nuove generazioni devono assolutamente conoscere per guardare ad un futuro migliore.”