la spia israeliana Eli Cohen (a sinistra)

Il Mossad riporta in Israele oltre 2.500 oggetti personali appartenuti alla spia Eli Cohen

Personaggi e Storie

di Pietro Baragiola
Tra i documenti personali vi sono lettere scritte a mano alla sua famiglia, prove delle sue comunicazioni con alti funzionari siriani, foto scattate durante i suoi anni sotto copertura in Siria, registrazioni audio su cassette e passaporti falsi, oltre a molti oggetti sottratti alla spia dopo l’arresto.

 

Domenica 18 maggio l’ufficio del Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che, come risultato di un’operazione segreta condotta dal Mossad, oltre 2.500 documenti e oggetti personali appartenuti alla leggendaria spia israeliana Eli Cohen sono stati restituiti dalla Siria a Israele.

L’annuncio ha coinciso con il 60° anniversario dell’esecuzione pubblica di Cohen avvenuta nel 1965 a Damasco. Già nel 2022 il Mossad aveva declassificato nuovi dettagli sul suo arresto rivelando l’intercettazione dell’ultimo cablogramma inviato da Cohen il 19 gennaio 1965 in cui riferiva di un incontro segreto tra il presidente siriano Amin al-Hafez e i vertici militari del Paese.

“Gli oggetti rinvenuti in questo nuovo ritrovamento costituiscono l’intero archivio dei servizi segreti siriani su Eli Cohen” ha affermato l’ufficio del Primo Ministro, definendo l’operazione ‘un risultato storico’. “Quest’operazione è arrivata a buon fine grazie ai decenni di sforzi da parte dei reparti di intelligence, operativi e tecnologici del Mossad, condotti con l’aiuto di servizi stranieri nel tentativo di far luce sul destino di Eli e sui suoi ultimi mesi di vita.”

Il documento di Eli Cohen

La vita di Eli Cohen

Nato in Egitto da una famiglia ebraica, Eli Cohen è entrato nel Mossad all’inizio degli anni ’60.

Addestrato intensamente, è stato inviato in Argentina per costruire una solida identità di copertura come Kamel Amin Thaabet, un brillante uomo d’affari con legami con la Siria. Questo ha permesso ad Eli di infiltrarsi velocemente nei vertici della leadership politica siriana a Damasco, anche grazie al suo carisma e alle sontuose feste che organizzava, guadagnandosi la fiducia di ufficiali e primi ministri. Tra i suoi ospiti spiccava Amin al-Hafiz che, dopo essere diventato presidente della Repubblica, lo ha nominato vice ministro della difesa siriana.

In soli quattro anni Eli ha ottenuto informazioni fondamentali a garantire il successo di Israele nella Guerra dei Sei Giorni, in particolare nella conquista delle alture del Golan, ma l’intensificarsi delle lotte interne al regime siriano e l’introduzione di tecnologie sovietiche anti-spionaggio nel 1963 hanno segnato l’inizio della fine per l’agente che è stato catturato, processato e giustiziato per spionaggio dal governo siriano il 18 maggio 1965.

“Eli Cohen non fu catturato perché trasmise troppo, né perché disobbedì ai protocolli” ha dichiarato il direttore del Mossad, David Barnea, durante l’incontro di domenica. “Fu un esempio di coraggio e dedizione assoluti. A volte anche i migliori possono cadere vittime della determinazione del controspionaggio nemico.”

Con il passare degli anni diversi governi israeliani hanno compiuto innumerevoli tentativi per ritrovare il corpo di Eli e riportarlo in patria, ma senza successo.

Si erano quasi perse le speranze finché, la scorsa settimana, il Mossad e l’IDF hanno recuperato i resti del sergente di prima classe Zvi Feldman, scomparso nella battaglia di Sultan Yaakoub durante la prima guerra del Libano nel 1982. Il corpo è stato recuperato dal “cuore della Siria” in un’operazione speciale a cui è seguito il ritrovamento dei documenti personali appartenuti a Cohen, alimentando così la speranza che anche il suo corpo possa finalmente tornare a casa.

Il materiale ritrovato

Secondo quanto dichiarato dal Mossad, gli oltre 2.500 oggetti rinvenuti erano custoditi in un luogo estremamente protetto, sotto la supervisione dei servizi segreti siriani.

Tra i documenti personali vi sono lettere scritte a mano da Eli alla sua famiglia, prove delle sue comunicazioni con alti funzionari siriani, foto scattate durante i suoi anni sotto copertura in Siria, registrazioni audio su cassette e passaporti falsi.

Vi sono anche molti oggetti che sono stati sottratti alla spia dopo l’arresto come le chiavi del suo appartamento di Damasco, taccuini e diari con i compiti affidatigli dal Mossad, missioni di sorveglianza e raccolte di informazioni su basi militari siriane a Quneitra. È stato persino recuperato il suo testamento, redatto poche ore prima di essere impiccato.

“Questi materiali furono raccolti dall’intelligence siriana dopo la cattura di Cohen nel gennaio 1965. È stato anche trovato il documento della sua condanna a morte, in cui il tribunale siriano autorizzava il rabbino Nissim Andabo, capo della comunità ebraica di Damasco, ad accompagnare Eli nelle sue ultime ore secondo la tradizione ebraica” ha affermato l’Ufficio del Primo Ministro.

Infine è stata rinvenuta una cartelletta arancione intitolata “Nadia Cohen” che contiene i documenti di sorveglianza ritraenti la vedova nei suoi sforzi per spingere i governi di tutto il mondo ad intervenire nel rilascio del marito. Questa cartelletta contiene anche tutte le lettere rivolte scritte da Nadia ai leader siriani e alla comunità internazionale.

In segno di rispetto nei confronti di Nadia, durante un incontro speciale Netanyahu e Barnea le hanno consegnato personalmente il materiale ritrovato e le hanno ribadito l’impegno dello Stato di Israele nel riportare in patria i resti del marito.

“Eli Cohen era una leggenda e il più grande agente dell’intelligence nella storia dello Stato di Israele. L’archivio portato in patria sarà fonte di ispirazione per le future generazioni del Mossad e simboleggia il nostro impegno incessante a riportare in patria tutti i nostri dispersi, prigionieri e rapiti” ha dichiarato Barnea alla vedova. “La sua eredità vive nel nostro impegno quotidiano.”