Iair Arcavi e il suo team dell'Università di Tel Aviv

Buchi neri e la vita su altri pianeti: le scoperte rivoluzionarie di Israele portano nuova luce sui segreti del cosmo

Personaggi e Storie

di Pietro Baragiola
L’osservazione di una stella sopravvissuta all’incontro con un buco nero mentre riappare all’interno di esso a distanza di anni, e la ricerca di segni di vita sulla più piccola delle quattro principali lune di Giove, Europa: sono le due missioni astronomiche su cui Israele sta impegnandosi ultimamente, sfidando le nostre conoscenze attuali. (Nella foto Iair Arcavi e il suo team dell’Università di Tel Aviv).

In questi ultimi mesi Israele ha sorpreso la comunità scientifica mondiale con una serie di scoperte rivoluzionarie nel campo dell’astronomia, sfidando le nostre conoscenze attuali.

Nel numero di luglio della rivista scientifica The Astrophysical Journal Letters, un team di astronomi dell’Università di Tel Aviv ha condiviso i risultati ottenuti dopo aver osservato una stella sopravvissuta all’incontro con un buco nero mentre riappare all’interno di esso a distanza di anni.

Questo evento senza precedenti è stato studiato dalla dottoressa Lydia Makriyianni con la supervisione del professor Iair Arcavi, direttore al Wise Observatory del deserto del Negev, e del professor Ehud Nakar, capo del dipartimento di astrofisica dell’Università di Tel Aviv, e sta evidenziando nuove informazioni sui buchi neri con masse da milioni a miliardi di volte superiori a quella del sole.

La scoperta di Makriyianni

Un buco nero mentre inghiotte una stella

Circa ogni 10.000-100.000 anni una stella si avventura troppo vicino ad un buco nero supermassiccio e viene distrutta da esso. Mentre il suo materiale si muove a spirale, il corpo celeste inizia ad accelerare fino a raggiungere velocità prossime a quella della luce, si riscalda ed emette un bagliore visibile a grandi distanze.

Due anni fa il team di Makriyianni ha registrato un lampo di luce emesso da una specifica stella, la AT 2022dbl, mentre viene lacerata da un buco nero. Lo stesso lampo è stato registrato nella medesima area solo poche settimane fa.

Secondo i ricercatori, la ripetizione di questo evento suggerisce che il lampo iniziale fosse il risultato di una distruzione solo parziale della stella presa in esame, la cui parte principale è sopravvissuta ed è tornata nella posizione di partenza.

“È come se il buco nero le avesse dato solo un morso piuttosto che consumare il pasto completo” ha osservato il professor Arcavi chiedendosi se all’inizio del 2026 apparirà un terzo lampo. “Se lo vedremo, vorrà dire che anche il secondo fascio di luce non ha causato la distruzione totale del corpo celeste e dovremmo rivalutare le nostre interpretazioni di questi lampi e ciò che rivelano sui buchi neri.”

La ricerca israeliana però non si ferma sull’analisi a distanza e sta già progettando le prossime missioni nello spazio, alla ricerca di nuove forme di vita.

La missione Eureka

Un’illustrazione della NASA che mostra l’oceano sotterraneo della luna Europa

Lo scorso 11 giugno, tre giorni prima che il Weizman Institute of Science fosse colpito dai missili iraniani, decine di membri della comunità spaziale israeliana si sono riuniti per presentare una nuova missione particolarmente ambiziosa: cercare segni di vita sulla più piccola delle quattro principali lune di Giove, Europa.

Negli ultimi anni i ricercatori di tutto il mondo hanno rivolto lo sguardo al corpo celeste di Europa perché diverse prove scientifiche suggeriscono che, sotto la sua superficie ghiacciata, si trovi un oceano sotterraneo. Se questo fosse vero ci sarebbe motivo di credere che forme di vita microbica, simili ai nostri batteri e alle nostre alghe, possano esistere nelle sue acque e lo stesso tipo di oceani sembrerebbe essere presente anche su Encelado, una luna di Saturno.

L’idea della missione è nata tre anni fa da Andrey e Daniel, due ingegneri della Israel Aerospace Industries, durante il programma estivo dell’International Space University.

“Nel 2023 abbiamo presentato l’idea di questa missione consapevoli del fatto che la ricerca della vita nello spazio, proprio come l’atterraggio sulla Luna, sia qualcosa che entusiasma molte persone” ha raccontato Daniel al sito web del Davidson Institute.

I due hanno coinvolto un team di esperti tra cui il professor Yohai Kaspi del Dipartimento di Scienze Terrestri e Planetarie del Weizmann Institute of Science, per valutare la fattibilità della missione e calcolare le possibili traiettorie, le dimensioni del veicolo spaziale, il fabbisogno di carburante, il consumo energetico e i metodi di comunicazione dalla Terra.

Attualmente due veicoli spaziali sono in viaggio verso Giove per studiare Europa senza atterrarvi: la missione JUICE dell’Agenzia Spaziale Europea e la missione Europa Clipper della NASA. Entrambe dovrebbero arrivare a destinazione all’inizio degli anni ‘30, osservando Europa e studiandone la superficie per confermare l’esistenza del suo oceano sotterraneo senza però cercare direttamente segni di vita.

Questa è la lacuna che la missione israeliana denominata Eureka intende colmare utilizzando un veicolo spaziale di piccole dimensioni, relativamente economico (circa 150 milioni di dollari rispetto ai miliardi della NASA) e guidato interamente da Israele con l’obiettivo di rilevare a distanza la presenza di vita nell’oceano di Europa.

“In un certo senso, stiamo approfittando delle grandi compagnie. Arriveremo dopo che JUICE ed Europa Clipper avranno già mappato accuratamente la superficie. Se saremo i primi a seguirli, avremo le migliori possibilità di successo” ha spiegato Kaspi al sito Ynet News.

Uno dei personaggi chiave nell’affrontare il problema della misurazione a distanza è il dottor Gideon Yoffe che ha invitato la sua squadra a concentrare le ricerche su tre aminoacidi (la fenilalanina, triptofano e tirosina) possibilmente presenti sulla superficie di Europa. Questi componenti difficilmente si formano attraverso processi non biologici e possono sopravvivere nel ghiaccio per decenni senza degradarsi oltre ad offrire il grande vantaggio di farsi rilevare a distanza anche in concentrazioni estremamente basse.

“Le sfide rimangono molte ma i nostri risultati dimostrano la fattibilità del progetto” ha spiegato Yoffe al sito web del Davidson Institute.

La missione Eureka ha iniziato a prendere ufficialmente forma nell’estate del 2023 ma dopo il 7 ottobre il progetto è stato sospeso poiché molti suoi membri sono stati chiamati a prolungare il servizio militare di riserva.

Solo nel 2024 il team ha avuto modo di riunirsi nuovamente e lo scorso 11 giugno ha condiviso i suoi primi risultati sul piano tecnico, biologico e geologico subito prima che i missili iraniani colpissero l’Istituto.

“L’edificio è stato danneggiato ma la nostra forza di volontà è molto più resistente di qualsiasi missile o laboratorio” ha affermato Kaspi. “Questa è la reazione positiva della scienza alla distruzione: unirsi ai sostenitori della ragione, guardare avanti e cercare la vita nell’universo, non la morte.”