Un report rivela: miliardi di dollari dai paesi arabi agli atenei americani

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di Nathan Greppi
Dal 1981, le università statunitensi hanno ricevuto più di 14,6 miliardi di dollari di contributi da governi e istituzioni arabe, con il Qatar come principale finanziatore. Solo il Qatar ha donato 6,6 miliardi di dollari alle università statunitensi, seguito dall’Arabia Saudita (3,9 miliardi) e dagli Emirati Arabi Uniti (1,7 miliardi). (Nella fotografia l’Università di Boulder).

 

A partire dal 1981, le università statunitensi hanno ricevuto più di 14,6 miliardi di dollari di contributi da governi e istituzioni arabe, con il Qatar come principale finanziatore. Questo è ciò che rivela un nuovo rapporto che solleva serie preoccupazioni sulla trasparenza e sulle influenze straniere nell’istruzione superiore americana.

I numeri

Secondo Ynetnews i risultati, pubblicati giovedì all’inizio del nuovo anno accademico, si basano su informazioni ufficiali che i college e le università sono tenuti a presentare al Dipartimento dell’Istruzione. Il rapporto è stato stilato dal sito Jewish Virtual Library.

Secondo i dati, solo il Qatar ha donato 6,6 miliardi di dollari alle università statunitensi, seguito dall’Arabia Saudita (3,9 miliardi) e dagli Emirati Arabi Uniti (1,7 miliardi). Somme minori provenivano da Giordania, Oman, Bahrein e Kuwait. In totale, sono state effettuate 13.847 donazioni a 290 istituzioni sparse tra 49 Stati americani.

Più del 70% delle donazioni, circa 10,7 miliardi di dollari, sono state riportate senza uno scopo specifico. Alcuni contributi sono apparsi in forme insolite, come otto donazioni identiche di 99.999.999 dollari ciascuno dal Qatar alla Cornell University, senza alcun obiettivo dichiarato.

Il rapporto mostra che le donazioni sono arrivate a ondate. I contributi sono aumentati notevolmente dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, per poi accelerare nuovamente a partire dal 2020. Circa un terzo di tutti i fondi è arrivato negli ultimi quattro anni. L’anno che presenta il maggior numero di donazioni è il 2023, quando Hamas ha messo in atto gli attacchi del 7 ottobre contro Israele, scatenando la guerra a Gaza. Quell’anno ha visto quasi 1,5 miliardi di dollari in donazioni, più che in tutti gli altri anni registrati.

Singoli casi

Le università americane che possiedono dei campus nei paesi del Golfo hanno ricevuto le quote maggiori: la Cornell University ha raccolto 2,3 miliardi, principalmente per la sua facoltà di medicina a Doha; il Carnegie Mellon ha ricevuto 1,05 miliardi; la Georgetown University, 1,02 miliardi; la Texas A&M, 1,01 miliardi; la Northwestern University, 770 milioni; l’Università del Colorado, 640 milioni; e Harvard, 358 milioni.

Alcune donazioni si contraddistinguono. L’Università del Missouri-Kansas City ha segnalato una donazione di $284 milioni da parte del Kuwait per coprire le tasse scolastiche di migliaia di studenti in un solo semestre. L’MIT ha ricevuto almeno 43 milioni dall’Arabia Saudita. Le prime 12 università hanno ricevuto quasi il 60% di tutti i finanziamenti arabi.

Le donazioni hanno sostenuto campi come la medicina, l’ingegneria e le relazioni internazionali, spesso legati ai loro campus nel Golfo. Il rapporto rilevava che diverse donazioni erano anonime, con decine di milioni di dollari dei quali non vengono svelati i dettagli. Anche le università pubbliche, tra cui Texas A&M e l’Università del Colorado, sono state tra i destinatari, sollevando interrogativi sul ruolo dell’istruzione pagata dai contribuenti americani.

Il rapporto avverte che i finanziamenti mancano di trasparenza e potrebbero influenzare le politiche accademiche, con alcune università che assumono studiosi favorevoli al boicottaggio d’Israele. Inoltre, i ricercatori hanno messo in evidenza che il sistema di tracciamento del Dipartimento dell’Istruzione presenta dei difetti, inclusi errori, duplicazioni e persino voci cancellate, suggerendo che la reale portata delle donazioni straniere potrebbe essere maggiore di quella riscontrata.

Dimissioni negli atenei

La pubblicazione del rapporto avviene nel corso dei crescenti disordini nei campus statunitensi per l’antisemitismo e le proteste legate alla guerra a Gaza. Di recente, il presidente della Northwestern University Michael Schill ha annunciato le sue dimissioni dopo mesi di pressioni politiche e critiche pubbliche per la sua gestione delle manifestazioni antisraeliane e delle denunce degli studenti ebrei.

In precedenza, Schill era stato chiamato a testimoniare davanti al Congresso, dove i legislatori repubblicani lo avevano accusato di non aver protetto gli ebrei nel campus. Anche diverse organizzazioni ebraiche americane avevano chiesto che fosse cacciato via.

Negli ultimi mesi l’amministrazione Trump, che ha intensificato il controllo sull’istruzione superiore, ha congelato circa 790 milioni di dollari in finanziamenti federali per la ricerca alla Northwestern, portando al licenziamento di centinaia di membri del personale.

Le dimissioni di Schill si aggiungono a quelle di numerose altre di presidenti e amministratori di alto rango delle università d’élite iniziate nel 2023, guidate da ricorrenti accuse di antisemitismo e da una forte pressione da parte del governo.

All’Università di Harvard, la presidente Claudine Gay si è dimessa dopo una controversa udienza al Congresso in cui non ha voluto condannare con la giusta fermezza l’istigazione alla violenza nei confronti degli studenti ebrei. La presidente dell’Università della Pennsylvania Liz Magill si è dimessa in seguito a una reazione simile alla sua testimonianza, che secondo i critici era troppo permissiva verso la retorica antisemita nei campus.

Il presidente della Columbia University Minouche Shafik si è dimessa nell’agosto 2024 dopo mesi di feroci proteste nei campus per la guerra di Gaza. Anche il suo successore ad interim, la docente Katrina Armstrong, è stata costretta a dimettersi nel giro di pochi mesi a causa dei continui disordini.