Un no chiaro di Netanyahu a Obama: “Non si costruisce la pace su delle illusioni”

Mondo

di Avi Shalom

‘’Non si costrusice la pace su delle illusioni’’: questo lo stato di animo con cui venerdì il premier israeliano Benyamin Netanyahu si è recato alla Casa Bianca per un delicato incontro con il presidente Barack Obama. In gioco, ha detto, c’erano ‘’questioni attinenti all’esistenza stessa dello Stato di Israele’’.

Il giorno prima, in un intervento al Dipartimento di Stato trasmesso in tutto il mondo (ed in particolare al mondo arabo) Obama aveva proposto un grande affresco della situazione mediorientale alla luce dei grandi sommovimenti in atto in diversi Paesi negli ultimi sei mesi. ‘’Si dischiudono – ha osservato – grandi opportunità ‘’.

Le aveva fiutate peraltro, già due anni fa, in un celebre discorso tenuto al Cairo. Gli Stati Uniti – ha aggiunto – sono dalla parte di quanti esigono libertà di espressione, società più libere, giustizia sociale. E gli Stati Uniti – ha lasciato intendere – non hanno più scorte di pazienza verso regimi autoritari e corrotti, anche se sostanzialmente pragmatici e filo-occidentali. Parole piuttosto preoccupanti, per l’Arabia Saudita e la Giordania. ‘’Fate riforme o fatevi da parte’’, ha consigliato il Presidente. Sul nucleare iraniano e sulle attività dei Fratelli islamici in vari Paesi, non si è invece soffermato troppo.

La sua pazienza, e la pazienza della diplomazia occidentale, scarseggia ormai anche per il conflitto israelo-palestinese che va adesso risolto in tempi brevi. Israele, secondo Obama, dovrebbe ritirarsi lungo le linee del 1967, sia pure con correzioni territoriali concordate. Intanto Israele e Anp raggiungano una intesa sui confini e sugli accorgimenti di sicurezza (la Palestina dovrà essere de-militarizzata). Poi, in seguito, si troveranno intese sui profughi e sulla fine del conflitto.

Netanyahu – che giovedì era in partenza per gli Usa – è cascato dalle nuvole. Il suo ambasciatore non lo aveva prevenuto della imminente doccia fredda. Venerdì dunque è entrato da Obama con umore bellicoso.

Perchè il Medio Oriente che Netanyahu vede dalla finestra del suo ufficio è molto diverso da quello visto dalla rive del fiume Hudson. C’è un’Autorità nazionale palestinese che punta a proclamare uno Stato indipendente senza essere vincolata ad intese con Israele. C’è un presidente, Abu Mazen, che scrive sul New York Times che nel conflitto del 1948 gli eserciti arabi intervennero per impedire una pulizia etnica dei palestinesi da parte dei sionisti, e non per eliminare con il ricorso alla forza lo Yeshuv e il nascente stato ebraico. C’è un accordo politico fra lo stesso Abu Mazen e Hamas: l’organizzazione che ha condannato Obama per l’uccisione di Osama Bin Laden.

Nel suo discorso Obama ha previsto che lo stato di Palestina dovrà definire confini con Israele, con l’Egitto e con la Giordania. Anche su questo punto Netanyahu si è allarmato. Nel contesto di accordi futuri, pensa, l’esercito israeliano dovrà necessariamente essere dislocato sul Giordano, a lungo, per impedire trafugazioni di armi verso la Palestina.

La Giordania di re Abdallah oggi garantisce un confine di pace. Ma con le spinte destabilizzanti di Obama, anche questo regime rischia di barcollare, o di cambiare bandiera. E allora fra la Cisgiordania e l’Iraq non ci sarebbe più il benefico ‘’filtro’’ giordano. Apriti cielo, per Israele.

Che i confini possano cambiare carattere Israele lo ha sperimentato due volte negli ultimi mesi. Sul confine con l’Egitto, dove l’esercito egiziano ha molto ridotto le attività, aprendo spazi di manovra a terroristi di varia colorazione (nonchè al transito di profughi). E sulle alture del Golan dove, a causa delle difficoltà interne, Assad ha fomentato disordini la settimana scorsa, per la prima volta in decenni.

‘’Non si costruisce la pace su illusioni’’ ha detto Netanyahu ad Obama, in un incontro di due ore. Al termine si sono offerti alle telecamere: Obama ha ribadito che la sicurezza di Israele deve essere sempre e comunque garantita, mentre Netanyahu è tornato a mettere i puntini sulle ‘i’: no al ritorno alle linee del 1967, no al ritorno di profughi palestinesi in territorio israeliano, no a qualsiasi dialogo con Hamas finchè predica la distruzione di Israele.