Da sinistra Beniamin Netanyahu e Guido Crosetto

L’Italia alfiere della Corte penale internazionale da destra a sinistra, eccetto la Lega di Matteo Salvini

Mondo

di Ludovica Iacovacci
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha definito il mandato d’arresto della CPI per il premier israeliano Beniamin netanyahu e l’ex ministro della dofesa Yoav Gallant  “sbagliato” ma ha precisato che l’Italia, aderendo allo Statuto di Roma, è obbligata ad applicarlo. “Io ritengo che la sentenza della Corte penale internazionale sia sbagliata” ma se Benyamin Netanyahu e Yoav Gallant “venissero in Italia dovremmo arrestarli perché noi rispettiamo il diritto internazionale”, ha affermato Guido Crosetto durante la puntata di Porta a Porta in onda su Raiuno.

Anche il Partito Democratico concorda con il Ministro della Difesa di Fratelli d’Italia nell’attenersi alla decisione della Corte. “È partito l’attacco alla Corte Penale Internazionale, per il mandato di arresto a Netanyahu. La CPI è un’acquisizione fondamentale della giustizia internazionale, fondata sullo Statuto di Roma. L’Italia ha il dovere di rispettarla ma anche quello di adeguarsi alle sue decisioni” scrive su Peppe Provenzano, responsabile Esteri nella segreteria nazionale del PD. Così Fratoianni e Bonelli, leader di Avs, che definiscono la notizia del mandato d’arresto come “enorme” e chiedono il rispetto della decisione della Corte. Il Movimento5Stelle rincara la dose chiedendo un embargo di armi contro Israele.

L’unica voce fuori dal coro è quella di Matteo Salvini, leader della Lega: “Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”, ha detto il vicepremier a margine dell’assemblea Anci.

L’Europa si adegua alla Corte

Josep Borrell, capo della diplomazia europea, ribadisce che «tutte le nazioni dell’Unione sono obbligate a rispettare la decisione». L’Olanda ha subito aderito ed è stata la prima a farlo: «Siamo pronti ad eseguire i fermi». Il Belgio ha sottolineato l’importanza della lotta all’impunità, dichiarando pieno sostegno alla Corte, così ha fatto anche la Svezia, che ha confermato il “supporto all’organo e alla sua indipendenza”, e la Slovenia, che ha dichiarato che si “adeguerà pienamente” alla decisione della Corte. “Sosteniamo i tribunali internazionali e applichiamo i loro mandati”, ha detto il capo del governo dell’Irlanda.

La Francia “prende atto” dei mandati di arresto emessi dalla CPI contro Benjamin Netanyahu, ma al momento non pervengono dichiarazioni ufficiali riguardo all’intenzione di arrestare Netanyahu in caso di visita. Idem per il Regno Unito.

Quanto alla Germania: “Le forniture di armi a Israele sono sempre soggette a una valutazione caso per caso, e questo rimane il caso attuale. Il nostro atteggiamento nei confronti di Israele rimane invariato”, ha affermato un portavoce venerdì mattina. Ieri, in concomitanza della comunicazione ufficiale del mandato d’arresto da parte della CPI per i leader israeliani e il terrorista palestinese Deif, il presidente spagnolo Pedro Sanchez inaugurava il primo incontro intergovernamentale tra Spagna e Palestina, ricevendo il capo dell’ANP Mahmud Abbas. “Questo incontro è il simbolo del compromesso che la Spagna ha con la Palestina: con il suo presente e con il suo futuro”, scriveva il leader spagnolo. Per quanto riguarda la posizione del suo governo, il tema del mandato d’arresto internazionale dalla stampa locale non sembra ancora essere toccato, ma la Spagna è l’unico Paese europeo ad essersi unito nella causa per genocidio che il Sudafrica sta portando avanti contro Israele dinnanzi alla Corte Internazionale di Giustizia.


Il sostegno dell’Ungheria di Viktor Orban a Israele: “Netanyahu venga a Budapest, non rispettiamo CPI”

“Oggi inviterò il primo ministro israeliano Netanyahu a visitare l’Ungheria, dove gli garantirò, se verrà, che la sentenza della Corte penale internazionale non avrà alcun effetto in Ungheria e che non ne rispetteremo i termini”, ha detto il primo ministro ungherese e presidente di turno della Ue, Viktor Orban, alla radio di stato ungherese.

 

Stati Uniti: il muro in sostegno di Israele

Gli Stati Uniti si sono opposti fermamente al mandato d’arresto contro i leader israeliani. Il presidente Joe Biden ha definito la decisionescandalosa e ha riaffermato il supporto incondizionato a Israele, dichiarando: “Non c’è equivalenza tra Israele e Hamas”.

Secondo fonti della Casa Bianca, la futura amministrazione Trump starebbe valutando di imporre sanzioni contro la Corte. Le fonti hanno parlato di sanzioni personali contro il procuratore capo Karim Khan e contro i giudici che hanno emesso i mandati. Mike Waltz, candidato dal presidente eletto Donald Trump alla carica di Consigliere per la sicurezza nazionale, ha scritto: “A gennaio ci si può aspettare una forte risposta al pregiudizio antisemita della Cpi e dell’Onu”.

Di avviso contrario è il Primo Ministro canadese Justin Trudeau, il quale afferma che “sosterrà il diritto internazionale” per quanto riguarda i mandati di arresto della CPI nei confronti dei leader israeliani Netanyahu e Gallant.

Russia: “Decisioni CPI insignificanti”

Netto disprezzo da parte di Mosca per le decisioni della Cpi, lo stesso organo che lo scorso anno ha emesso un mandato d’arresto per il presidente Vladimir Putin, il quale, recatosi fisicamente in Mongolia – Paese che ha ratificato lo Statuto di Roma – non è stato arrestato dalle autorità locali, evento che di fatto ha delegittimato la recente Corte stessa. Per la Russia le decisioni della Corte penale internazionale sono “insignificanti” e quindi “non c’è motivo di commentarle”, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, come riferisce l’agenzia di stampa Ria Novosti.

La Cina, alleata solo di sé stessa, parla a tutti senza parlare a nessuno

“Ci auguriamo che la Corte penale internazionale mantenga una posizione obiettiva ed equa, eserciti il ​​suo potere in conformità con la legge e interpreti e applichi lo Statuto di Roma e il diritto internazionale generale in modo completo e in buona fede secondo standard uniformi”, ha affermato Lin Jian, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, secondo quanto riporta il tabloid in lingua inglese del Quotidiano del Popolo.

Per l’Iran il mandato d’arresto è “la morte politica di Israele”

Il capo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, il generale Hossein Salami, ha definito il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Gallant come la “fine e la morte politica” di Israele. “Questo significa la fine e la morte politica del regime sionista, un regime che oggi vive in un assoluto isolamento politico nel mondo e i suoi funzionari non possono più viaggiare in altri Paesi”, ha detto Salami in un discorso trasmesso dalla TV di Stato.

Altri Paesi

Dall’America Latina, il presidente argentino Javier Milei ha duramente criticato la Cpi, accusandola di ignorare il diritto di Israele all’autodifesa contro Hamas e Hezbollah. Dello stesso avviso è il Paraguay, che parla di «strumentalizzazione politica» e ritiene compromessa «la legittimità della Corte». Il Sudafrica, Paese promotore dinnanzi alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) della causa contro Israele per genocidio, ha appoggiato con forza la decisione della Corte Penale Internazionale (CPI) definendola un passo significativo verso la giustizia per i crimini di guerra. Al momento non si registrano significative prese di posizione da parte degli altri Paesi (per lo più latinoamericani, ma non solo) che si sono uniti al Sudafrica nella causa al tribunale dell’Aja.

Le Nazioni Unite “pacifiste per i diritti umani”…

Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha ribadito il rispetto per l’indipendenza della Cpi, mentre Francesca Albanese, “relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina”, ha definito il mandato un “momento di euforia” per “le vittime di Gaza”.

…si sposano con il “no comment” della Chiesa cattolica

“Sulla cattura di Netanyahu? Nessun commento da parte della Santa Sede. Abbiamo preso nota di quanto è avvenuto. A noi quello che preoccupa e quello che interessa è che al più presto si ponga fine alla guerra che è in corso”. Così il Segretario della Santa Sede, card. Pietro Parolin parlando a margine di un evento all’università Lumsa di Roma in merito al mandato d’arresto emesso dalla Cpi per il presidente israeliano Benjamin Netanyahu.