Conoscenza e dialogo: le condizioni della pace

Mondo

di Rossella De Pas

Giovedì 10 Febbraio, nella sede del Sole 24 Ore di Milano, si è tenuto un interessante convegno dal titolo «Grandi religioni: il tempo del dialogo». Erano presenti esponenti del mondo sia religioso che intellettuale: Franco Giulio Brambilla, vescovo ausiliare di Milano per la cultura e l’ecumenismo, Paolo Ricca, pastore valdese e Giovanni Filoramo, professore di Storia del cristianesimo a Torino; Giuseppe Laras, rabbino capo emerito della Comunità di Milano; Khaled Fouad Allam, docente di Sociologia del mondo musulmano, Giuliano Boccali, professore di Indologia all’Università degli studi di Milano. Moderatore della serata, il direttore del Sole 24 Ore, Gianni Riotta che ha anche  avviato il dibattito. In questo XXI secolo, ha esordito Riotta, stiamo assistendo alla cancellazione del concetto di “morte di D-o” che ha segnato così pesantemente tutto il pensiero occidentale fra Otto e Novecento. Con la fine della Guerra Fredda infatti, il ruolo delle religioni nella vita socio-politica mondiale è tornato ad essere di grande importanza. Proprio in quest’ottica, ha proseguito Riotta, oggi è fondamentale liberarci da quei pregiudizi e quelle “etichette” che normalmente accostiamo all’una o all’altra religione.

A tale proposito è intervenuto Giuliano Boccali osservando come in Occidente, per esempio,  si tenda a considerare l’Hinduismo una religione che nega valore alla vita concreta e previlegia invece la spiritualità. In realtà non è così – spiega Boccali. “Il pragmatismo e talvolta persino il cinismo che troviamo nella società indiana, ha le sue radici nell’induismo”. Se dovessimo seguire una vita conforme alle prescrizioni religiose hinduiste, spiega ancora Boccali, dovremmo tener conto di tre tappe fondamentali: inanzitutto  il matrimonio (dove il piacere sessuale maschile e femminile ricopre grande importanza); poi la carriera, la soddisfazione e realizzazione in campo professionale. Solo alla fine, “quando si vede sgambettare per casa il primo nipote maschio”, afferma Boccali, arriva il momento della preghiera e della cura per la parte spirituale della propria esistenza.

Il vescovo Franco Giulio Brambilla ha introdotto invece il tema del dialogo interreligioso come elemento chiave per lo stabilimento di una pace duratura fra i popoli. Ci sono due condizioni che sono imprescindibili nel dialogo fra le religioni, ha osservato: la prima è il “confronto attivo nel dialogo” – dialogo che, ha precisato Brambilla, bisogna intendere nel senso etimologico della parola e cioè come “logos che passa attraverso”; la seconda è “un’identità religiosa aperta”, fatta di conoscenza storica delle altre religioni e anche di una sorta di osmosi della religione con la vita di tutti i giorni”. Proprio da questo concetto di “identità aperta” è ripartito Paolo Ricca, secondo il quale il fine ultimo del dialogo dovrebbe essere il “cambiamento”.

Il dialogo interreligioso dovrebbe servire a cambiare le proprie idee, a eliminare i pre-giudizi. Dovrebbe essere un processo di “disintossicazione culturale” da suddividere in tre fasi: l’eliminazione dei pregiudizi che abbiamo a livello inconscio; la conoscenza dell’altro e infine “il tentativo di vivere e comprendere nel profondo le idee, le convinzioni dell’altro”. Un passaggio quest’ultimo su cui il Cristianesimo ha un vantaggio rispetto alle altre religioni, poiché grazie al Movimento Ecumenico esiste già da un secolo un dialogo “interno” – che è una delle condizioni prime per il dialogo interreligioso.

La conoscenza reciproca è il tema toccato anche dallo storico Giovanni Filoramo che ha sottolineato in particolare il ruolo della scuola in questo processo di conoscenza: “il dialogo religioso è possibile solo conoscendo le religioni, e prima di tutto, la propria”. Oggi invece sembra esserci una sorta di “analfabetismo religioso”.

Anche Giuseppe Laras, storico oltre che rabbino della Comunità ebraica di Milano, ha evidenziato l’importanza della conoscenza reciproca, osservando peraltro che nell’ebraismo il dialogo ricopre un ruolo centrale.

“Colui che dice quello che è mio è mio, quello che è tuo è tuo” si legge nel Trattato dei Padri, ma, spiega Laras, se continuiamo a rimanere ciascuno nel proprio, senza guardare e preoccuparci dell’ambito altrui, finiamo per diventare ostili gli uni agli altri. E come già aveva affermato Ricca, anche per Laras il dialogo si può instaurare solo se ci si immedesima nell’altro, nelle esigenze e nei bisogni dell’altro. Da questo punto di vista, però, osserva ancora Laras, c’è ancora molto da lavorare.

“Colui che dice quello che è mio è tuo, quello che è tuo è mio” questo dovrebbe essere il nostro obiettivo, afferma Laras, perché è solo facendo nostre le istanze dell’altro che la società può consolidarsi e rafforzarsi.

Diverso l’intervento di Khaled Fouad Allam che ha anche chiuso la serata. Fouad Allam ha sottolineato in particolare il ruolo determinante oggi delle religioni nella politica internazionale. In questo contesto, l’islam, con le sue complessità e “pluralità”, ha senz’altro un posto centrale. Ma c’è anche un altro aspetto che bisogna considerare secondo Fouad Allam e cioè che l’islam oggi sta vivendo una fase di espansione geografica: attraverso il processo di emigrazione dal Mediterraneo verso Occidente, sta “uscendo” dalle regioni tradizionalmente islamiche. E proprio questo processo, prosegue Fouad Allam, fa sì che l’Islam stia attraversando una fase che  potremmo anche definire di “modernizzazione”. Infatti il contatto, il confronto quotidiano cui gli islamici, volenti o nolenti, sono costretti nei nuovi paesi d’immigrazione, permette loro una conoscenza diretta dell’ “altro”, e fornisce loro l’opportunità di abbandonare certi pregiudizi – che sono invece tipici di una vita, di una società chiusa e comunque sempre uguale a se stessa.  La convivenza con genti di altre fedi, la possibilità di conoscere l’altro direttamente, costituisce per l’Islam l’occasione non solo per una sua evoluzione interna che porta al dialogo con le altre religioni, ma anche per contribuire allo stabilimento della pace fra i popoli del Mediterraneo.